Dell'Eritrea i" media" occidentali si occupano poco, se non quando fanno riferimento ai legami del regime di questo Paese con il terrorismo di Al Quaida o narrano dei barconi dei migranti in fuga, che un Mediterraneo crudele, spesso e volentieri, nell'indifferenza generale di chi non è coinvolto di persona, inghiotte.
Tutto qui.
Molto poco ...in verità.
E pensare, come scrive Andrea Semplici, sull'ultimo numero del mensile dei comboniani, Nigrizia, che,appunto negli anni '90, la raggiunta indipendenza politico-militare dalla vicina e sempre in armi Etiopia faceva ben sperare per la nascita di un vero stato democratico eritreo nel Corno d'Africa.
Personalmente ricordo gli elogi che piovevano sulle soldatesse eritree belle e brave. Capaci di difendere orgogliosamente il proprio Paese e contemporaneamente di non rinunciare ad essere terribilmente femminili.
Madri ,mogli e amanti...a seconda delle circostanze.
Oggi invece, a quel che ci riferisce chi è stato sul posto, l'unico desiderio degli eritrei, specie quelli e quelle giovani, è di fuggire il più lontano dal proprio Paese.
Non importa dove.
Nella stessa Africa o in Europa.
Anche se poi c'è la consapevolezza del ricatto sui familiari che restano.
E questa gente, disperata com'è, lo mette in conto. E va comunque.
In Eritrea pertanto pensano di restare e restano, per forza di cose, solo gli anziani.I vecchi...vecchi, gli ottanta- novantenni insomma.
Gli altri, uomini e donne, sono obbligati da un regime spietato e che non ammette repliche, a fare il servizio militare permanente fino ad età avanzata.
Uomini e donne indifferentemente.
Chi dissente, politico, militare o giornalista che sia, finisce nelle inumane carceri del Paese e vi resta fino a morte sopravvenuta.
E' già accaduto in passato, appena Isaias Afwerki si è rivelato,quando appunto le speranze di un cambiamento in meglio sono definitivamente svanite, un crudele despota, irrispettoso di ogni umano diritto.
Afwerki ha fatto dell'Eritrea, per altro nostra ex-colonia, allo stesso tempo un campo militarizzato e un lager.
Difficile definizione,tragica visione... per chi ha avuto la ventura di metterci piede come osservatore.
E ,nel contempo, sempre Afwerki, mantiene in piedi una perenne conflittualità con la vicina Etiopia quasi come se volesse fare il braccio di forza a tempo indeterminato con il suo omologo etiopico e la sua fosse una guerra del tutto" personale".
Finirà un giorno tutto questo?
La risposta non è facile.
Noi ovviamente lo auguriamo al popolo eritreo e facciamo appello, a livello internazionale, a quelle potenze politico- militari nel mondo che potrebbero, se volessero, mettere la parola fine, una volta per tutte, ad un regime del terrore, che ai nostri giorni non ha proprio più ragione d'essere .
E invitiamo tutti gli uomini e le donne di buona volontà, impegnati nel rispetto dei diritti umani e civili, a che non smettano di sottolineare all'opinione pubblica i mali dell'Eritrea odierna.
Parola dietro parola... per fare corretta opinione e possibilmente presto debellarli.
A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
COMMENTI (1)
Inviato il 25 giugno a 17:19
"...Gli altri, uomini e donne, sono obbligati da un regime spietato e che non ammette repliche, a fare il servizio militare permanente fino ad età avanzata." Non mi stupisco che ancor oggi si possano leggere tali false, falsissime, deplorevoli asserzioni. Non mi stupisco, ma mi "arrabbio" (questo è un eufemismo!). In Eritrea NON ESISTE IL SERVIZIO MILITARE PERMANENTE: PER LEGGE DURA QUINDICI MESI. Le altre asserzioni, invece, sembrano (o sono?) semplicemente spazzatura. Conosco l'Eritrea e gli eritrei (tutti), la loro storia (vissuta ASSIEME a loro), la loro lingua, i loro usi e costumi. Tutto ciò mi consente di dissentire totalmente da quanto scritto dalla sig.ra Micheluzzi. Cordialmente comunque [email protected]