ERMENEUTICA SIMBOLICA DELL’OPERA D’ARTE:
LA PUBBLICITÀ
L’arte sin dalla sua nascita, che si perde negli albori della storia, o ancor prima, ha da sempre fatto uso di simboli, dalla pittura alla scultura, dall’architettura ai manoscritti, ovunque l’arte è imbevuta di icone e simboli che servono a rendere comprensibile al maggior numero di persone cio’ che esse rappresentano; questo aspetto didattico dell’opera d’arte divenne un’aspetto fondamentale per le religioni, in particolare il cristianesimo ed il potere in generale(sia quindi spirituale che temporale). I simboli attinti dai pittori servono a comprendere a pieno un’opera(spesso, per quanto riguarda le opere più antiche, la chiave di lettura è andata persa) e il messaggio che essa racconta; senza l’interpretazione di questi codici, lo spettatore non è in grado di riconoscere quello che esse vogliono comunicare.
Le opere d’arte, molto spesso sono state usate non solo per insegnare(valore didattico), come nel caso del cristianesimo, ma anche per influenzare o imporre(valore politico), come nel caso della potere, sia esso spirituale che temporale; la politica infatti ha da sempre “piegato” l’arte per il suo scopo con un’insieme di simbologie che ne rappresentavano la forza, le virtù del casato, i valori civili ma anche il possibile futuro prospettato ai sudditi. Questo tipo di arte puo’ essere chiamata, a ragione, di propaganda; arte che ancora oggi è di grande importanza e largamente presente nel nostro panorama artistico anche se sono cambiate le tecniche ed i materiali: dalla tela alla pellicola, dall’affresco al manifesto.
Attualmente l’arte che, più di tutte, fa largamente uso di icone e simboli è la pubblicità nelle sue numerose forme: stampata, fotografica, televisiva e virtuale in una parola “verbo-visiva”.
Che la pubblicità sia una forma d’arte è cosa ormai accettata da quando una bellissima serie di cartelloni che pubblicizzavano il famoso locale parigino: Moulin Rouge contribuirono a rendere Touluse Lautrec uno dei maggiori pittori francesi dell’ottocento.
Come arte, quindi, la pubblicità è comunicazione e come tale fa largo uso di simboli che con la pubblicità si trasformano nella “merce” stessa: la pubblicità trasforma il prodotto in un simbolo “il marchio”, ed esso in un simbolo di “qualcosa” spesso legata al sociale, alla vita di tutti giorni e in particolare, dal periodo post industriale, legato all’idea di benessere e felicità e che spesso si identifica in uno stile di vita e nel “simbolo” di un estrazione sociale evidenziato dal termine stesso usato dagli americani: “Status Symbol”.
Come nell’arte antica, in particolare quella sacra, i somboli usati dai pubblicitari sono svariati a seconda delle epoche, del pubblico a cui il messaggio è rivolto, del periodo economico, del tipo di potere, delle religioni, del livello di tolleranza verso le varie forme di “diversità” con la caduta dei vari tabù etc. in una parola: attualità.
Proprio per la vastità del repertorio simbolico preferisco prendere in esame solo uno di questi simboli e indicando una delle chiavi per una lettura ermeneutica-simbolica dell’arte pubblicità: la famiglia.
Al giorno d’oggi siamo tempestati da messaggi pubblicitari in tutte le sue forme e non facciamo attenzione di come essa, la pubblicità, non faccia altro che imitarci e cambiarci; parte da quello che siamo (la società/la persona) per indicarci quello che dobbiamo essere e di cui abbiamo bisogno e che diventeremo(la società/persona di domani). La pubblicità è uno specchio della nostra società che più o forse meglio della storia puo’ servire a capire una generazione, un popolo, una nazione etc. la famiglia, a mio avviso, è uno dei simboli più importanti in quanto alla famiglia, sin dall’antichità, si è dato un certo peso ed è, o meglio era, la famiglia a rappresentare la base della società, di un popolo, di una nazione.
La famiglia presa in esame è, la famiglia dell’epoca moderna, dal dopoguerra ad oggi attraverso appunto lo studio della pubblicità ed in particolare della campagna della Barilla per i prodotti Mulino Bianco.
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