L’amore è rivoluzionario; l’amore, quello vero non conosce paura, non si arresta dinanzi agli ostacoli, non concepisce colori o dimensioni. L’amore, quello vero, nasce con la cura, e la cura, in questo caso, è quella delle mani enormi di un orso, goffe nell’ingozzarsi di dolciumi, imbranate quando si tratta di far piano, lievi quando è il caso di suonare o di accorrere in aiuto; è delle mani minuscole di una topolina che dipinge e dipingendo dà voce ai suoi disagi (non vuol fare quello che gli altri le impongono) ai suoi sogni (liberare se stessa dalle convenzioni) e alla realtà, che non è quella che gli altri raccontano e temono.
L’orso è Ernest, la topolina Célestine. Entrambi nascono dagli acquerelli (e dal segno che diviene senso) di Gabrielle Vincent. La premessa necessaria è che le storie della Vincent, così come i numerosi albi della serie che dedica ad Ernest e Célestine, sono deliziose, tenera, avventurose e anticonformiste; un percorso di decostruzione allegro e sfrontato, fatto di elegantissimi acquerelli, che consiglio a tutti. Ma cosa hanno a disposizione i bimbi italiani per fraternizzare e innamorarsi di questo orso burbero e di questa topolina decisa e intraprendente? Molto, si direbbe, molto poco, direi io che per gli originali sono sempre di parte.
Gallucci offre un albo ispirato alla serie omonima dell’autrice belga, sostanzialmente l’albo del film, e il film stesso (uscito nel 2012 di Benjamin Renner, Vincent Patar e Stéphane Aubier); Feltrinelli ha pubblicato invece un romanzo che altro non è che la sceneggiatura del film ad opera di Pennac.
Incomincerei dal film, assolutamente da vedere tutti assieme, in famiglia. Delizioso, raffinato molto intenso, l’humus in cui si sviluppa è quello fecondo delle storie originali, la sceneggiatura è calzante e vibrante, senza forzature. Il romanzo, invece per quanto ben scritto e per quanto di Pennac, altro non è che la sceneggiatura del film. Chiamarlo romanzo mi pare eccessivo ma rimane un buon mezzo per conoscere Ernest e Célestine, appassionarsi e andare alla ricerca degli albi illustrati originali. Sebbene non vedo perché non lasciare questo compito al medium per cui era stato pensato, ovvero il film.
Tutto incomincia grazie a un incidente, anzi, all’incrociarsi di due sfortune: la prima, quella di Célestine che, per imposizione della società dei topi cui appartiene, deve andare in giro la notte a rubare quanti più denti possibile (i denti servono per sostituire gli incisivi, nel momento in cui si consumano, grazie ai quali i roditori sono quello che sono). Sembrerebbe semplice, e d’altra parte quello di raccogliere i dentini è da sempre compito dei topolini; il fatto è che la raccolta avviene nel mondo “di sopra” quello degli orsi. Ebbene, Célestine di questa vita e di questo lavoro non vuol saperne, vuol fare la pittrice, e inoltre non teme gli orsi come gli altri topi e questo è uno scandalo, quindi affronta il compito con una certa leggerezza che le costa una disavventura a causa della quale finisce in un bidone della spazzatura. L’altra sfortuna è quella di Ernest che mendica e fa il clown e nel farlo fa la fame, per cui è costretto a frugare nei rifiuti. Frugando scova Célestine e assieme interrompono la catena della tradizione: Ernest dovrebbe mangiarla ma non lo fa. Purtroppo il film dura solo il tempo di un film.
Per fortuna sempre Gallucci ha pubblicato due degli albi originali (Ernest e Celestine hanno perduto Simeone e Ernest e Celestine musicisti di strada) e un terzo è in arrivo, non c’è che da aspettarli tutti.