Errori della politica nella Pubblica Amministrazione
Creato il 04 marzo 2014 da Oirpina
Desidero fare alcune considerazioni relative a certi grossi errori commessi dalla politica italiana. Errori risalenti sin dalla nascita della nostra Repubblica, fors’anche involontari, in quanto i nostri Padri Costituenti mai si sarebbero immaginati che tanti articoli e commi della Costituzione, per necessità piuttosto concisi, sarebbero stati oggetto di interpretazioni fantasiose per consentire scandalosi abusi e/o privilegi.
Ad esempio gli artt. 114/133 della Costituzione che trattano della istituzione e delle funzioni di Regioni, Province e Comuni, modificati con Legge Costituzionale n. 3 del 18/10/2001, non fissarono alcun “paletto” che stabilisse un numero di dipendenti in rapporto al numero degli abitanti (vedi il rapporto sproporzionato di organico che si è verificato tra regione e regione: es. Lombardia / Sicilia rapporto 1: 8), e tanto meno una equiparazione delle retribuzioni degli amministratori degli enti suddetti (così lo stipendio di 48.000,00 euro/mese che si è autoassegnato il Presidente della Provincia autonoma di Bolzano è addirittura superiore a quello del Presidente U.S.A.).
Inoltre, con opportuni regolamenti, si sarebbero dovuti vietare gli innumerevoli benefit che tanti pubblici amministratori si sono garantiti. A tal proposito, un altro errore fu quello di aver concesso, per vari motivi temporali e contingenti, uno Statuto speciale a cinque regioni senza stabilirne una scadenza. Così i danni si sono accentuati e perpetuati nel tempo.
Ricordiamo poi ciò che è avvenuto a cominciare dagli anni ‘80 quando, in un continuo crescendo, vi sono stati innumerevoli casi di amministratori pubblici inquisiti, in particolare di comuni, province e aziende sanitarie, per reati proprio contro la Pubblica Amministrazione che dovrebbero tutelare, quali corruzione, concussione, turbativa d’asta ecc. fino allo scoppio negli anni ‘90 del grande bubbone del malaffare pubblico-privato conosciuto come “tangentopoli”. Malcostume che purtroppo ancora oggi sopravvive, anzi negli ultimi anni si è incancrenito anche nelle Regioni le quali risultano, chi più chi meno, quasi tutte inquisite. Tutto ciò, a mio modesto parere, è anche in parte scaturito dal cambiamento strutturale dello Stato avvenuto agli inizi degli anni ’70 quando, con un ritardo di ben 20 anni sul dettato costituzionale, si istituirono le Regioni. Conseguentemente all’avvento delle Regioni vennero soppresse le Giunte Provinciali Amministrative (G.P.A.), organi istituzionali e quindi non politici, esistenti fin dal lontano 1889 presso le Prefetture e presiedute dal Prefetto.
La loro funzione consisteva nel controllo dei principali atti amministrativi di Comuni, Province, Consorzi, Asili, Enti morali ed ecclesiastici, ecc. sia sotto il profilo della legittimità che del merito. Con siffatto procedimento avveniva, implicitamente, il controllo dell’operato degli amministratori e dei dirigenti preposti i quali così difficilmente erano soggetti a “sgarrare”.
Con l’avvento delle Regioni nel 1971 il succitato controllo venne trasferito ai CO.RE.CO. – Comitati Regionali di Controllo – uno per ciascuna regione con sezioni distaccate in ogni provincia. Anche i CORECO successivamente furono aboliti per effetto della Legge Costituzionale n. 3 del 18/10/2001, in nome del principio delle autonomie locali: in tal modo venne eliminata totalmente ogni forma di controllo esterno, sicché in pratica si fece coincidere la figura del controllato con quella del controllore.
Un altro grave errore commesso nella Pubblica Amministrazione, e che ha consentito a tanti amministratori comunali e provinciali di “sgarrare”, è quello relativo al cambiamento della posizione giuridica dei Segretari comunali e provinciali. Con la legge n. 127 del 15/7/1997, venne riconosciuta ai Sindaci ed ai Presidenti delle province la possibilità di scegliersi il Segretario nell’ambito di un albo istituito presso un’Agenzia autonoma appositamente creata. Il Segretario cessava così di essere un dipendente dello Stato e diveniva dipendente della succitata Agenzia e, in un certo qual modo, dipendente di fiducia del Sindaco o del Presidente della provincia. Esiste quindi una contraddittorietà tra i due ruoli rappresentati da una stessa persona: quello di “fiduciario” del Sindaco e quello di garante della legittimità degli atti dell’Amministrazione che questi presiede. Inoltre si sono verificati continui spostamenti di segretari comunali da un Comune all’altro a seguito dell’avvicendarsi dei politici ad ogni tornata elettorale, o anche la messa temporanea “a disposizione” di qualcuno perché non gradito a qualche Sindaco.
Negli ultimo anni qualcosa è cambiata anche per i Segretari. Difatti con L. n.122 del 30/07/2010 è stata soppressa la succitata Agenzia e l’albo è stato trasferito presso il Ministero dell’Interno. Chissà se la competenza dell’assegnazione dei Segretari ai Comuni in futuro, dopo un’attenta valutazione da parte del Governo, ritornerà al citato Dicastero.
03.03.2014 Martino Pirone
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