Erving Goffman e l’ipocrisia dei nostri politici

Da Roberto Di Molfetta @robertodimo

E. Goffman

“La vita sociale è, appunto, una rappresentazione (si parla infatti di “metafora drammaturgica”), che i gruppi sociali mettono in scena di fronte ad altri gruppi. Goffman cita l’esempio dei camerieri in un hotel delle isole Shetland (dove aveva svolto la sua ricerca). Verificando che il gruppo di performance dei camerieri, di fronte al proprio pubblico (ovvero i clienti del ristorante), inscena una rappresentazione, mostrandosi deferente, rispettoso, discreto, e così via.

Questo accade in uno spazio di “palcoscenico” (cioè dove il pubblico è presente): mentre nello spazio di “retroscena”, nascosto al pubblico, i camerieri hanno un comportamento del tutto diverso, molto più informale e irrispettoso. E’ quanto accadeva nella cucina dello Shetland hotel.

La vita sociale, quindi, si divide in spazi di palcoscenico e di retroscena, cioè in spazi privati, in cui gli individui non “recitano”, e spazi pubblici in cui inscenano invece una precisa rappresentazione. Naturalmente, il comportamento nel retroscena contraddice il comportamento pubblico: una persona insicura, ad esempio, può assumere in pubblico un atteggiamento spavaldo, e mostrarsi invece vulnerabile soltanto nel suo retroscena (ad esempio in famiglia).”

Andrea Miconi, sul pensiero di Erving Goffman, morto nel 1982; qui si riassume il nocciolo fondamentale della teoria sociocomunicativa interazionale: noi rappresentiamo noi stessi, interpretando dei ruoli. Che sono ruoli sociali predefiniti, degli scripts, dei copioni.

Goffman aveva affrontato come ricerca, come osservazione sul campo, l’attività che potremo chiamare all’estremo “ipocrita” di camerieri in un locale. E se estendessimo, come fa Goffman, questa osservazione ad altri ambiti ? Cosa rimarrebbe della fiducia che hanno gli italiani nella propria classe politica se ascoltassero gli stessi politici nel retroscena, seguendo la definizione goffmaniana ?

Sono sicuro che, alla luce di tanti scandali, provocati dal disvelamento di documenti riservati (wikileaks), di intercettazioni, di indagini che scoprono corruzione e altri reati perpetrati dai nostri politici, si nasconda un retroscena esplosivo nel mondo della politica, i cui attori principali e minori dibattono di valori, di ideali, di principi e insieme di pratica politica virtuosa portata avanti dai loro schieramenti. Queste ultime disquisizioni sul palcoscenico, definizione alla Goffman, quello che molti chiamano il teatrino politico.

Vogliamo immaginare questa classe politica impegnata a definire i propri confini pragmatici nel chiuso delle stanze dei bottoni, in ritiro in un convento, nelle segreterie dei partiti, al telefono riservato, in riunioni chiuse super-protette dove si decidono alleanze, più che nella cabina elettorale con il voto del nostro popolo.

Molti di voi già sanno che difficilmente i nostri politici apparirebbero, in questa sostanza sociocomunicativa, diversi dai camerieri delle Shetland: essi sembrerebbe degli attori che di fronte a noi, promettono mari e monti, la difesa del sacro e del laico, mentre tra di loro prevedono un atteggiamento utile a fini che nemmeno immaginiamo, tanto sono sofisticati rispetto all’italiano medio.

Questa nostra nazione, ormai da anni, ha il sentore che la classe politica, ed insieme tutte le elités, non stiano che recitando la parte dei virtuosi; ma il come sfugge esattamente, e ancora di più sfugge a molti come evitare di essere derisi come il cameriere di Goffman fa dell’avventore del locale, quando questi, affaccendato dal pasto, viene trattato a piacimento di quelli che dovrebbero essere, e si mostrano, come i migliori suoi servitori.

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