Poi l’inverno si presenta all’improvviso. A motore spento, fermo nel parcheggio del Centro Sportivo a rispondere a una e-mail di lavoro sul Blackberry, questo sono io. La stagione fredda la potete riconoscere, è quella che ha le sembianze di una foglia di acero, nemmeno fossimo in un romanzo di uno scrittore americano, che va a sbattere pesantemente nel centro del parabrezza creando una curiosa versione casareccia della bandiera canadese. Vorrei essere altrove a tenere traccia in qualche modo di quello che sembra un inizio di qualcosa, sarebbe fantastico se fosse la volta buona per una trama da sviluppare a parole ma le cose non funzionano così, a meno che non si abbia il tempo di fermare tutto, montare le scene riprese con calma selezionando i take migliori e dare una continuità cinematografica comprensibile. Fuori è già buio, così mi affretto ad accendere la lucina dell’abitacolo, cercando carta e penna. Noto però un anziano fuori e mi sorprende scoprire che sono io parzialmente riflesso nel vetro fumè del Suv parcheggiato a fianco. In genere non mi piace osservare in faccia le persone della mia età, indovinare come potevano essere i tratti molto marcati un tempo ormai perduto, come saranno in un tempo che sembra sempre che è da venire e poi è già il momento di fare l’albero, di pensare a un vestito da carnevale per i figli, organizzare le vacanze estive, riprendere l’anno scolastico e poi di nuovo l’albero e così via. Qualcosa di incombente che si intravede a toni ancora indefiniti, nemmeno fossimo nella nebbia. Non più. Penso così a un filtro fotografico, di quelli che vanno tanto di moda, un trucco digitale che invecchia la pellicola sulla versione imberbe di noi che poi è quella in cui ci immaginiamo finché non succede una cosa così, trovarsi inaspettatamente riflesso da qualche parte. In un impeto di spirito di sopravvivenza riporto alla mente un episodio di qualche anno fa. Io che pago per tutti un pranzo veloce ma di qualità, quei menu primo più dolce più caffè nei bar pretenziosi del centro che hanno aspirazioni da tavola calda con chef di grido, una pausa pranzo con tre colleghe, i tavolini dentro sono infatti solo da quattro posti. Fuori, le colleghe che mi ringraziano per la generosità, io che rispondo di nulla, volevo solo festeggiare la mia prostata sana. Scampato pericolo.
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