Il profondo sentimento di invidia che mi pervade per il fatto che ti sei trasferita qui, nella capitale del primo mondo che in questo momento storico si chiama Berlino, dura solo quei pochi istanti in cui sembri voler sfogarti anche solo da un punto di vista linguistico con qualche tuo ex compatriota, possibili acquirenti che si aggirano con fare rispettoso della merce esposta tra scaffali e file di capi appesi agli appendiabiti in questo posto davvero carino che è metà bar e metà boutique di abbigliamento ennico, come si dice talvolta per scherzare su chi non riesce a pronunciare la ti prima della enne. Ma quando dici come battuta che noi italiani siamo penosi con il nostro inglese da scuola elementare l’idillio finisce perché so che hai ragione. In questa città puoi chiedere a chiunque informazioni in inglese e quel signor chiunque ti capisce e ti risponde, noi italiani al massimo sappiamo indicare se un libro è su un tavolo o comunicare una quantità di qualcosa basta che sia minore di novantanove. E questo mi fa sorridere perché qui a Berlino forse l’unica cosa che potrei dire a qualcuno in tedesco è proprio novantanove palloncini rossi ma diamine, non mi capita mai l’occasione. Potrei dire anche frasi fatte tipo non gettare oggetti dai finestrini o il lavoro rende liberi, ma dubito che anche in questo caso l’occasione si presenterà. Vedi, fai bene a liberare la tua spocchia che è quella di chi si è liberato del fardello dei propri concittadini, gente del calibro di Digei Francesco o di Sara Tommasi o di Panariello, e l’elenco sarebbe lungo. Da gente che da un quarto di secolo vota Cicchitto e Calderoli è meglio allontanarsi come hai fatto tu, ma dovresti ricordare che c’è una metà di vittime di quel sistema da cui sei fuggita, e noi dovremmo vestirci da profughi culturali per farci riconoscere all’estero. Noi con Mediaset e l’evasione fiscale e le mozzarelle blu e i Suv nei centri storici non c’entriamo niente, siamo succubi di poco più di una maggioranza che ha tirato su un muro per separare buon gusto e senso civico da sottotetti condonati e Dolce e Gabbana, come gli abitanti qui un tempo erano divisi da due modi di intendere l’esercizio del potere opposti. Poi mi rendo conto che solo il mio complesso di inferiorità mi frena prima di ricordarti che comunque sei a Berlino a fare la commessa, così capisco che il problema, quello vero di noi italiani, è molto più profondo.
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