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Esclusiva: ho conosciuto Doretta Graneris.

Creato il 17 novembre 2011 da Yourpluscommunication

di Antonio Murzio

Esclusiva: ho conosciuto Doretta Graneris.
Su Doretta Graneris, del cui caso ci siamo occupati nella prima puntata de “Il nemico intimo”, abbiamo una testimonianza in esclusiva per Nottecriminale.it di una persona che l’ha conosciuta in due diversi momenti alle “Nuove” di Torino, una prima volta nel 1977, una seconda nel 1983.

Avendo chiuso quella parentesi della sua vita che l’aveva condotta in carcere, la nostra interlocutrice ha accettato di parlare solo in forma anonima.

La Graneris divideva la cella con altre detenute?

No, aveva una cella singola anche se il resto del carcere era piuttosto affollato. Ricordo anche che un cancello divideva il pezzo del ballatoio dove c’era la sua cella dal resto. Questo perché, presumo, il fatto di aver ucciso il fratellino la rendeva odiosa alle altre detenute, secondo codici che allora erano fortemente osservati e valutati.

Tu hai mai avuto rapporti con lei?

Solo nell’83 in una occasione. In quell’anno ricordo di essere entrata una volta nella sua cella e aver notato un tavolo da disegno, mi sembra che lei stesse studiando per l’università. La Graneris non aveva praticamente rapporti con noi altre detenute, se non con qualche lavorante. Era, invece, molto legata alle suore, che in un certo senso la proteggevano dalle altre donne. Non ci ho mai parlato, se non per un fugace scambio di battute. Delle sue cose so che non parlava.

Che impressione ti fece?

Incuteva a tutte, non solo a me, un certo timore, ma penso che l’alone di pericolo era dato dal reato che aveva commesso, che tutte conoscevamo, dalla stazza fisica e dall’aspetto poco rassicurante dei suoi tratti e del suo modo di fare.

Doretta dell’83 era diversa da quella che avevi conosciuto sei anni prima?

Quando l’ho rivista nell’83 ho notato che era molto più tranquilla, sorridente, e che si era messa di buzzo buono per ricostruirsi in qualche modo una vita. Allora mi sembrava una ipotesi tanto inutile quanto assurda, e la osservavo con compatimento, anche perché il mio rapporto col carcere era di totale avversione e conflitto, mentre lei sembrava essersi ambientata come se il carcere fosse casa sua. Dopo essere diventata a mia volta una condannata definitiva, ho cambiato modo di vedere, e a volte ho pensato a lei, perché ho attraversato lo stesso percorso, di accettazione delle cose, e mi sono organizzata per cambiarle e per far finire prima possibile la mia permanenza in carcere.

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