Il dissidente Mohammad Nourizad bacia i piedi di un bimbo Baha’i per denunciare la discriminazione del regime iraniano
La discriminazione dei Baha’i in Iran, purtroppo, non e’ una novità. Come noto, da sette anni i principali rappresentanti della Comunita’ Baha’i iraniana sono in carcere e lo stesso Ali Khamenei, ha pubblicato una fatwa in cui vieta ogni contatto con i Baha’i. A questo dramma, si aggiunge la persecuzione quotidiana dei Baha’i, espropriati di molti dei territori in loro possesso da decenni (i Pasdaran hanno anche distrutto un cimitero Baha’i per costruire un loro impianto) e spesso presi di mira da veri e propri pogrom.
Nonostante tutto, il documento pubblicato ieri dall’agenzia Saham News, rappresenta una testimonianza unica dello stato di apartheid in cui vivono i Baha’i nella Repubblica Islamica. Soprattutto, grazie a questo documento, e’ possibile confutare definitivamente le menzogne di Sadegh Larijani, capo del Consiglio per i Diritti Umani in Iran (sic…), che in numero interviste con network internazionali ha negato ogni persecuzione contro i Baha’i, sostenendo che si tratta di persone tutelate dalla “legge di cittadinanza” (in poche parole, come fedeli sarebbero perseguibili, ma come cittadini – sempre se non provano ad esercitare il loro millenario credo – sono tutelati).
Il documento pubblicato da Saham News – di cui mostriamo copia originale sotto – risale all’8 aprile del 2010 ed e’ ancora in vigore sotto Rouhani. Prima di tutto un chiarimento: proprio per il fatto di essere considerati eretici, i Baha’i in Iran sono già esclusi dai posti di lavoro statali, dai servizi sanitari e dai servizi educazione. Per questo motivo, molti Baha’ in Iran hanno piccoli negozi e laboratori. Attività permesse dal regime, a condizione del rispetto di alcune regole restrittive. Nel documento del 2010, il capo della polizia ordina ai comandi locali di agire per limitare e contrastare le attivita’ dei Baha’i in numerosi altri settori specifici, al fine di evitare che “queste non diventino una presenza significativa nella società”.
Ecco allora che, prima di tutto, il comandante della polizia chiede ai suoi sottoposti di agire affinché i Baha’i non guadagnino alti salari, ma che abbiano al contrario un introito economico minimo. A tal fine, viene vietato l’impiego dei Baha’i in attività culturali, educative e finanziarie. Ancora, viene ordinato di vietare l’assunzione di Baha’i nei seguenti settori: periodici, gioielli, orologeria, stampa, agenzie turistiche, noleggio di auto, editoria e librerie, fotografia, cinematografico, giochi online, computer o internet caffè.Infine, viene ordinato di impedire che i Baha’i posseggano stamperie, alberghi, altri tipi di alloggi per turisti e laboratori per l’insegnamento di tecniche sartoriali.
Non basta: considerando i Baha’i “esseri impuri”, il regime ovviamente si premunisce di vietare ogni loro contatto con il settore alimentare. Per questo, il comandante della polizia richiede anche di impedire l’impiego dei Baha’i nel settore della ristorazione, caffetteria e catering, vendite di prodotti alimentari e produzione di ingredienti per alimenti, take-away, macellerie, supermercati, gelaterie, pasticceria e nella produzione di bevande di largo consumo (succhi di frutta, soft drink).
Dall’emanazione di questo ordine nel 2010, l’agenzia HRANA aggiunge che anche l’impiego dei Baha’i nel settore medico optometrico e’ stata vietata. Tutto ciò senza contare gli ordini emessi dal Ministero dell’Intelligence iraniano che, usando pressioni e minacce, vieta ai cittadini mussulmani di avere contatti sociali ed economici con la comunità Baha’i. Un vero e proprio sistema di apartheid legalizzato, portato avanti nella completa indifferenza delle diplomazie Occidentali.