di Rina Brundu. Premetto due cose: tra i tanti inutili personaggi che, senza arte ne parte, popolano gli schermi della nostra tv democristiana per elezione e tristo destino, Fabio Volo è uno di quelli rari che non vorresti crocifiggere al muro dello schermo utilizzando laser stile Star Wars ogni volta che ti compare davanti. L’altra premessa è che mi sono “avvicinata alla sua scrittura” non tanto per capire come scriveva ma per capire come deve presentarsi un romanzo di successo per il lettore medio italiano post rivoluzione digitale, dato che il suo libro “È tutta vita” sarebbe il primo in classifica da infinite settimane.
Altra premessa: confesso che quando, armata di Kindle, sono approdata sulla pagina Amazon dove è possibile scaricare questo titolo, ho avuto un attimo di mancamento davanti alla trama che questo lavoro racconta. Eccola qui di seguito in un semplice copia e incolla: “Stavano così bene insieme, cosa è successo alla loro vita? Cosa è successo ai due chiusi in una camera d’albergo con il cartello “non disturbare” sulla porta? Dove sono finite la passione, la complicità? Il romanzo è un’immersione nella vita quotidiana di una coppia, nell’evoluzione di un amore. Racconta la crisi che si scatena alla nascita di un figlio e, ancora di più, racconta di quando qualcosa rompe l’incantesimo tra due innamorati. E suggerisce, lascia intravedere una risposta, una via d’uscita. È come se i protagonisti dei suoi romanzi più amati, “Il giorno in più” o “Il tempo che vorrei”, si ritrovassero ad affrontare quello che viene dopo l’innamoramento, la responsabilità e la complessità dello stare insieme per davvero. Volo sorprende per la capacità di fotografare e dare un nome ai sentimenti, perfino quelli meno nobili e non per questo meno comuni. Si tratta di un romanzo diretto, sincero, spudorato. Leggendolo capita di ridere e commuoversi, come quando qualcosa ci riguarda da vicino”.
Come dirla in maniera non forte, senza sembrare troppo brutale? Ecco: di norma preferirei farmi cuocere a fuoco lento su padellone gigante preparato per il pasto di tribù amazzonica prona al rito cannibale, prima di scaricare un qualsiasi “lavoro” che tratti argomenti così… pregnanti. Però stavo facendo una investigazione, quindi mi sono fatta coraggio e ho proceduto….
Dopo cotanto esercizio mentale (stancante per il mio neurone rincoglionito che non è più uso a simili sforzi d’intelletto), ed avere ammirato codella (non scodella, codella – lo specifico per il lettore radical-chic che non si sa mai e perché tendo al refuso con questo autocorrettore inglese del cazzo…) scrittura afflitta dalla Sindrome del Soggetto Verbo Complemento (speculo che l’editor potrebbe avere speso notti insonni sull’On writing di King), la quale per sua natura potrebbe indurre perniciosi sdoppiamenti della personalità nel James Joyce di “Finnegans Wake” (1939)… Ecco, dicevo…. che dopo cotanta fatica la mia esegesi (di tipo sheldoniano) è in fondo breve: bravissimo, Fabio Volo, continui così e ne produca uno all’anno di questi bestsellers! Magari a Natale, proprio quando esce anche quello di Vespa così il sagace e accorto lettore italico prenderebbe due piccioni con una fava letteraria, pardon, favola letteraria (o pseudo tale)…
Su altro livello bisognerebbe rivolgersi a quel rettore che – si legge in Rete – avrebbe chiamato Volo per proporgli una Laurea Honoris Causa per i personali “achievements”. Prima ancora bisognerebbe scoprire a nome di quale università egli stesse parlando, così da tenerla presente quando si faranno scelte importanti nella vita… Ma, soprattutto, tale faccenda della supposta Laurea Honoris Causa a Volo (che non so se sia vera o se sia solo un’altra terrificante leggenda dell’web tipo quella della laurea honoris benignesca), mi riporta alla mente un altro indimenticabile scambio cogitato da Chuck Lorre e Bill Prady, favolosi sceneggiatori della sitcom americana “The Big Bang Theory”. Per la precisione mi ricorda il momento in cui Amy (fidanzata di Sheldon, fisico teorico con due dottorati etc etc) e Bernadette (moglie di Howard, astronauta e ingegnere senza dottorato), litigano per i loro uomini. Di fatto è Bernadette ad apostrofare Amy con questa osservazione: “Un momento. Nessuna delle teorie di Sheldon è stata definitivamente provata. Mio marito invece è stato nello spazio”. “Davvero un grande risultato” le fa eco la fidanzata del fisico teorico più cool di sempre, tutt’altro che impressionata: “Ora Howard è un esempio per milioni di americani che sanno che non devono essere speciali o qualificati per andare nello spazio”.
Ma Joyce cosa ne penserebbe? A mio avviso riproporrebbe l’immortale creazione tratta proprio dal suo “Finnegans Wake: “ “bababadalgharaghtakamminarronnkonnbronntonne-rronntuonnthunntrovarrhounawnskawntoohoo- hoordenenthurnuk!”. E, come Totò, ho detto tutto!
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Qui di seguito lo scambio originale tra Amy e Bernadette:
Bernadette: Hang on. None of Sheldon’s theories have ever been definitively proven. My husband actually went to outer space.
Amy: That’s an impressive accomplishment. He’s now an inspiration to millions of Americans who know you don’t have to be special or even qualified to go into space.