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"Esercizi di inerzia" personale di Maurizio Carriero a cura di Alberto Zanchetta, a Trento
Creato il 16 febbraio 2011 da Roberto MilaniDel fatto che io sia un fan dell'ottimo Maurizio Carriero, non ne ho mai fatto mistero. Di conseguenza, mi sembra come minimo obbligatorio, offrire visibilità a questa avventura "trentina" del bravo Maurizio sotto l'attenta guida di Alberto Zanchetta.
12 marzo – 5 maggio2011
MAURIZIO CARRIEROESERCIZI DI INERZIAA CURA DI ALBERTO ZANCHETTA
inaugurazionesabato 12 marzo ore 18:30
La Galleria d’Arte Il Castello di Trento inaugura sabato 12 marzo la personale di Maurizio Carriero dal titolo Esercizi di inerzia. L’inerzia cui allude l’artista (vale a dire la condizione secondo cui un corpo permane in uno stato di inattività finché una forza esterna non intervenga a modificare la sua quiescenza) è da mettere in relazione con l’estasi, che è lo “stato di grazia”, facoltà di astrarsi e di trovarsi altrove. Si tratta di opere che potremmo definire eccentriche, intendendo proprio la condizione dello stare fuori dal centro (in questo caso specifico: fuori da se stessi, dal proprio corpo). È quello che succede ai personaggi di Carriero, figure esiliate e imprigionate in riquadri che ridefiniscono le normali coordinate spazio-temporali, come a voler rarefare i rapporti con il mondo esterno per rivolgersi soltanto a quello interiore. I soggetti che popolano queste tele sono vittime silenziose, assorte in inconfessabili travagli fisici e spirituali. Anime inquiete, “rapite in altissimi godimenti”, i cui contorni e i cui lineamenti si sciolgono sotto il gravame della materia pittorica. Mortificati e martoriati, i penitenti di Carriero sembrano decomporsi in un vuoto carico di promesse; immersi in una sorta di ascesi carnale-sessuale che tende a raggiungere la perfezione attraverso la pratica, quell’esercizio che permette di vivere in una realtà che non è di questa terra. Come scriveva George Simmel a proposito dei raptus mistici:«la loro anima non è più propriamente loro, ma abita nell’al di là, per cui il corpo tenta di seguirla. Con i gesti del corpo l’anima esprimeva la propria impossibilità di esprimersi; inoltre, poiché l’unica funzione del corpo era quella di far sì che l’anima se ne allontanasse, i suoi movimenti lo estraniavano in certo modo da se stesso». L’artista traspone quindi le esperienze extracorporee sia nella santità sia nell’erotismo, a creare una metafisica colloquiale – tra Cielo e Terra, tra anima e corpo, tra giaculatorie ed eiaculazioni.