L'ultimo esercizio di Officina Letteraria è stato: prendere l'esercizio della settimana scorsa (nella fattispecie questo) e riscriverlo dal punto di vista di un altro personaggio. Possibilmente quello in apparenza più marginale.
Ecco cosa ne è venuto fuori:
Stamattina non tocca a me
portare i fiori. Nel nostro quartiere ci sono due fiorai oltre a me:
a Don Claudio non piace avere preferenze, perciò ogni domenica
chiama uno di noi a turno. Oggi sarò un parrocchiano come gli altri.
Tanto per cambiare Chiara non è ancora pronta: non ho fretta di
arrivare, ma mi scoccia tenere così tanto tempo la macchina in
doppia fila.
Chissà poi cosa viene a
fare... sta seduta tutto il tempo, non canta... solo quando ci sono i
miei fiori la chiesa le interessa di colpo, cammina qua e là
osservando tutto e alla fine si ferma ad annusarli sull'altare. Mi fa
venire voglia di prendere un cane. Lucia mi ha raccontato che faceva
così anche da bambina: la Messa era l'unico momento in cui le suore
le portavano oltre il cortile, ma Chiara stava tutto il tempo in un
angolo con la faccia a terra. Solo quando tornava da uno dei vari
affidi era contenta: indossava la gonna a pieghe nera, recitava gli
inni a voce altissima e si muoveva tutta mentre faceva la fila per la
Comunione.
Non è ancora scesa, mi
toccherà spostare la macchina prima che qualcuno arrivi a farmi la
pelle. Posso immaginare cosa stia succedendo di sopra: Chiara in
mutande come al solito sul divano, che stringe un fazzoletto bagnato
come tutte le sante volte in cui il padre di Billy Elliot viene a
vederlo ballare, e Lucia che le lancia le scarpe da lontano, sperando
che si decida a metterle intanto che scorrono i titoli di coda.
Una volta o l'altra giuro
che le faccio andare a piedi.
(qui le puntate precedenti di Officina letteraria...)