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esperienze di crociera

Creato il 30 agosto 2011 da Tania_01

la mia vacanza è stata un’esperienza indimentacabile. di fatti belli, buoni, tragici, infernali. come ogni vacanza, dopo due giorni ti chiedi quale diavolo t’ha convinta a partecipare, una volta tornata a casa rimpiangi il bailamme vacanziero, messa di fronte alle inevitabili incombenze della vita.

molte persone tornano dalle vacanze con souvenir, altre con ricordi, altre ancora con scoperte su sè stessi. questa storia della maturazione personale in vacanza l’ho sempre ritenuta una sciocchezza, ma certo la scoperta che ho fatto in crociera, me la porterò dietro tutta la vita.

ottava serata. dopo questi otto giorni di mare splendido, inizia la burrasca. mentr eio e le mie compagne di stanza ci prepariamo per scendere a cena, inizia il tuca tuca marino. situazione: sballottamento medio, si riusciva a camminare nonostante si oscillasse. il personale appendeva sacchetti di plastica blu a ogni maniglia di porta e corridoio. intuimmo che era prevista un’autentica tempesta. scoprimmo il giorno dopo che il mare era diventato forza 5.

i corridoi della nave erano già lievemente meno popolosi del solito. improvvisamente, il tuca tuca diventa maracaibo. una mia amica, conscia della nausea incipiente, torna indietro per stendersi sul letto e dice addio alla serata. approdiamo al ristorante che ormai c’è shakira come coordinatrice delle onde. per restare in piedi serve un qualche appiglio.

il salore, solitamente affollato come un aeroporto in pieno check in, è pieno solo per metà. ci sediamo. la mia amica superstite è appena pallida. miracolosamente, gli altri del nostro tavolo arrivano tutti.

ordiniamo. vedo con la coda dell’occhio una donna alzarsi e fuggir via con la faccia congestionata, dopo un’onda particolarmente violenta. la stessa che spedisce la mia amica a fare una puntatina al bagno. torna dopo dieci minuti. per trovarne uno libero ha dovuto fare il giro di mezza nave. in più:

“Quando usciamo, prendiamo l’uscita di servizio”

“Perchè?”

“Qualcuno ha vomitato all’ingresso”

capisco che sarà una serataccia. nel frattempo, ordino quasi tutto quello che c’è sul menù. contrariamente alle serate precedenti, ho un buon appetito. la vista del mio piatto di spaghetti alla romana è troppo per il mio vicino, che si scusa  e scappa. prima della fine della cena, di sei compagni, 4 sono fuggiti. uno è in fase di svenimento, la mia amica è verde. la sala si è pregressivamente svuotata. i temerari che hanno ordinato sono scappati a vuotarsi le budella degli antipasti,lasciando una tale quantità di cibi pronti per essere serviti, che i camerieri supplicano noi rimanenti di prendere anche quelle porzioni. il giorno dopo scoprimmo che per non buttare tutto quel ben di Dio ai amerieri fu permesso banchettare. del comandante, intanto, nemmeno l’ombra. che soffrisse pure lui il mal di mare? non lo scopriremo mai.

la mia amica molla il colpo, dopo aver spizzicato un po’ di pane, e mi chiede di trascinarla fino in camera, dove medita di morire.

mentre ci avviamo( rollando quanto la nave. mantenere l’equilibrio è un’impresa titanica) siamo intercettate da conoscenti a un altro tavolo, anche questo con ampie defezioni avvenute e in corso.

domanda di rito: come stai? alla mia amica, la cui faccia tradisce lo sconvolgimento interno, viene posta per prima. poi tocca  a me.

con sincerità, rispondo : io sto benissimo.

una massa d’occhiate cariche d’odio.

ho scoperto di non soffrire mal di mare. informazione sempre preziosa, anche se non credo che affronterò mai più un mare forza 5. dopotutto abito in provincia di pavia. al massimo straripa il Po. ma è sempre utile saperlo. stavo una meraviglia. mentre le mie amiche si purgavano di quanto mangiato negli ultimi due giorni e io le tenevo d’occhio casomai avessero bisogno di qualcuno che reggesse loro la testa, guardavo fuori e vedevo le onde superare di parecchio in nostro oblò. la nave sembrava tuffarsi ripetutamente nell0cqua, ed eravamo circondate dall’oscurità.

mo facciamo la fine del Poseidon pensavo, rincattucciata nel letto. e se ci capottiamo, non c’è speranza che mi salvo. la camera è in fondo alla nave. non riuscirò  mai a risalire in tempo per tuffarmi. se credete che io stessi gufando, vi sbagliate. un altro passeggero confidò che si era messo contanti e documenti in un marsupio, e si era sistemato accanto alla porta per scappare ai piani superiori nel caso suonasse l’allarme. io per un istante temetti davvero accadesse, ma era solo il telefono di servizio nel corridoio.

bei pensieri,no? la danza è proseguita tuta la notte. il mattino dopo, l’alezzo del vomito aleggiava ovunque, e le facce erano congestionate. io e un pugno di altri eletti ci abbuffavamo a colazione. lo spettacolo di tecnici della manutenzione che correvano qua e là non contruibuiva a rilassare la scena.

se volevo una prova che sono un’eterna bastian contrario, eccola. quando gli altri stanno bene, io me la cavicchio. quando il mondo è sul punto di diventare un centro di raccolta per moribondi, sono in forma smagliante.

mi dovrei trasferire su un tratto di mare perennemente in burrasca?


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