La luce inizia a mostrare la sua resa, inizia a inchinarsi al buio, e mentre lei si ritira, le ombre si srotolano sulla strada. «Non credi sia meglio parlarle chiaramente?» «Finché non ne sono sicuro non posso». «Non sarai mai sicuro» gli risponde Matteo poco prima di appoggiarsi sulle labbra il bicchiere di bianco. Settembre è ancora mite, riesce a portare in giro gente svestita; alcune donne sanno di crema solare, distribuiscono aria di vacanza. «Il giorno che sarai sicuro, sarà già successo qualcosa» aggiunge Matteo, «e non potrai più tornare indietro». Lorenzo guarda la tovaglia e il posacenere dove si sta consumando la sigaretta. Il bicchiere fa acqua lasciando un piccolo segno sul tessuto assetato. Guarda le gocce materializzate dal nulla, dalla semplice unione di qualcosa che si vede con qualcosa che solamente si percepisce. Non prende niente dal piatto, non ha fame, ma finisce il suo bicchiere con un solo gesto. Senza aspettare, chiama il cameriere e ne ordina un altro.
Anna posa le buste della spesa sul tavolo. La luce filtra orizzontale illuminando la polvere sospesa e quella ferma sulle cose. Prova a immaginare quanto sarebbe alta se in tre anni non l’avesse mai tolta: gli oggetti sarebbero sommersi come dentro schiuma. Apre le ante, tira su completamente la tapparella della cucina ed esce sul balcone. Guarda le piante disposte vicino alla ringhiera. Con le dita preme sulla terra per sentirne l’umidità. Alcune foglie secche si sono staccate e sono sul pavimento, foglie prosciugate dalla vita per dar posto a vita nuova, o forse, semplicemente, staccate perché stufe dei legami. Un gruppo di ragazzi è radunato nel giardino di fronte godendosi gli ultimi pomeriggi d’estate; un paio di loro si baciano sulla panchina. Anna sorride immaginando l’erezione di quell'adolescente alle prime esperienze. Ricorda il suo imbarazzo quando anche lei, per la prima volta, la sentì premere sul suo pube. Avevano entrambi quattordici anni. Cercava di stare lontana inarcando indietro il sedere. Ricorda che le volte successive, per evitare lo stesso imbarazzo, anche lui la imitò (per lo meno, le prime volte). Rientra in casa e per un attimo tutto è più buio. È sempre così dopo che stai all'aperto, dopo che la luce ti ha invaso il cristallino.
Caffè di notte - Vincent Van Gogh
20:00 – 21:00
Lorenzo è quasi sotto casa, ci vuole mezz'ora a piedi da dove lavora: ha bisogno di passi. Le macchine intorno a lui scalpitano, trasmettono frenesia, nonostante siano tutte praticamente ferme. E’ quella frenesia dettata dall'impazienza, dall'incapacità di attendere e adattarsi a una situazione. Tutti i giorni si ripete la stessa scena, e tutti i giorni le stesse persone imprecano per essere immerse nella staticità della propria vita. Tira dalla sigaretta che tiene tra l’indice e il pollice, il fumo finisce giù nei polmoni e ne riesce un po’ dal naso e un po’ dalla bocca socchiusa. Guarda per un secondo il mozzicone che ha tra le dita, un gesto automatico. Non sa nemmeno più perché fuma, per quale assurdo motivo abbia iniziato. Adesso non ne avrebbe nemmeno più voglia: avere le dita e la bocca che sanno di tabacco a volte lo disturba, così come pensare che da vecchio avrà i baffi ingialliti. Ormai è un automatismo, non è nemmeno più lui a scegliere, ma è il suo corpo che decide quando fumare. Si chiede cos’abbia scelto lui, veramente, nella sua vita. L’asfalto del marciapiede rilascia ancora calore. Le giornate si stanno accorciando velocemente. Il prossimo mese le lancette torneranno un’ora indietro: uno scambio impari, dove ci viene regalata un’ora di sonno per privarci di cinque mesi di luce. Si ferma davanti al portone. Guarda il palazzo dal basso verso l’alto, poi si gira intorno guardando tutti gli altri che si affacciano sul corso, e pensa a tutte queste vite che si ripetono all'infinito: dove dietro ad ogni finestra, bene o male, succedono sempre le stesse cose.
Esce dalla doccia, indossa l’accappatoio e mette su l’acqua per la pasta. Stasera, dopo la cena, vedrà Irene. E’ un appuntamento che si danno almeno una volta al mese: difficilmente saltano. S’infila gli slip, il reggiseno e torna in bagno per spalmarsi la crema. Si guarda nello specchio notando come non sia più quella di qualche anno fa. Gli uomini sono attenti ai corpi così come le donne alle bugie. Però non ha voglia di perdere tempo in stupide palestre, a fare esercizi privi di funzioni celebrali, con gente convinta che un muscolo abbia più valore di un pensiero. La radio accesa si sposa perfettamente con il silenzio. Si ricorda di non aver salato l’acqua. Tira fuori dal frigo una bottiglia di vino bianco e la apre. Se ne versa un bicchiere e frettolosamente ne beve un sorso. Poi va in camera da letto, apre l’armadio, prende un pantalone e una maglia, lo deposita sul letto e ritorna in bagno per iniziare a truccarsi. Dalle finestre ancora aperte si sente il rumore delle stoviglie: dei piatti, delle posate, prese a gruppi e messe sulle tavole. E’ un suono tipico dell’estate. Ricorda quando era bambina e la sera scendeva in cortile con le amiche appena finito l’ultimo boccone. Da lì sotto si sentiva molto di ciò che c’era dentro le case degli altri, si percepivano i tempi e le abitudini. Lei ricorda i rumori. Pensa che tra un po’ l’inverno porterà via anche quelli. E’ in casa da un’ora, e solo adesso si rende conto di non aver pensato a Lorenzo nemmeno per un secondo.
... to be continued