(Dalla Prefazione di Francesco Vico)
Il testo che segue questa mia imprecisa introduzione – che già dal titolo richiama l’idea di labirinto tanto cara ad alcuni autori quanto universale e trasversale alle culture e alle letterature – fornisce una prima definizione di se stesso fin dal sottotitolo: “anti-romanzo”.
La particella avversativa, in questo caso, più che indicare come scopo – ammesso che possa esserci, in letteratura, uno scopo ulteriore o diverso dalla letteratura stessa: autori differenti hanno a riguardo idee differenti, quando tale differenza non riguarda addirittura lo stesso autore – la distruzione del concetto stesso di romanzo, segnala la volontà di metterne a nudo i meccanismi ed i segni distintivi; in questo senso un antiromanzo agisce come un anticorpo, legandosi al proprio bersaglio, fondendosi con esso e permettendone una più agevole identificazione.
Si tratta senza dubbio di un’idea letteraria con forti affinità organiche, chimiche, biologiche; tale idea è portata talmente all’estremo da apparire quasi asettica, puramente intellettuale, forse addirittura inutilmente cervellotica o vanamente complessa, se si dimentica che ogni testo letterario è solo un’ombra della complessità di ciò che imita, sia essa la realtà o qualsiasi prodotto a sua volta imitatore della stessa. Il che è solo un modo difficile per dire che la complessità in letteratura è il prodotto della complessità del mondo e non viceversa.
Visto sotto questa luce, Il filo conduttore altro non è – e qui torniamo al richiamo al labirinto – che una semplificazione del labirinto stesso, un suo tentativo di imitazione1.
Una riflessione secondo me doverosa a riguardo è che tale semplificazione non può essere eccessiva: non si può semplificare troppo un labirinto senza che esso diventi altro. Un labirinto può essere definito con poche parole, ma ogni sua rappresentazione dovrà tenere in conto i percorsi “sbagliati”, la possibilità di perdersi nello stesso. Senza le svolte sbagliate, i vicoli ciechi, la necessità di tornare sui propri passi, un labirinto cessa di essere ciò e diventa un percorso. Ogni labirinto sottende più percorsi, ma non sempre un percorso nasconde le svolte di un labirinto.
Quello che abbiamo in queste pagine è un labirinto, per essere precisi un labirinto che imita un altro labirinto – quello delle possibilità narrative date dalla forma del romanzo – che a sua volta imita il labirinto più grande: quello del mondo.
Questo anti-romanzo è quindi allo stesso tempo strumento d’analisi, rappresentazione di un labirinto che rappresenta un labirinto e labirinto a sua volta: se il testo e il mondo sono entrambi labirinti, in cui il primo imita più o meno grossolanamente il secondo, viene da chiedersi quale sia il modello originale, quello dal quale prende spunto il mondo stesso; qual’è lo sterminato e convulso modello del quale il mondo è solo un’approssimativa semplificazione2.
Cinquecento anni di storia del libro ci hanno abituati come lettori – e di conseguenza come autori – al predominio della storia e dei personaggi3; l’impulso dato da nuove forme del libro possono essere una buona occasione per ricordarci che c’è molto di più, che le possibilità sono sterminate. Questo libro ne esplora alcune, senza esaurirle. Mi auguro possa essere un buon punto di partenza per successive spedizioni, un campo-base dal quale partire per territori letterari ancora sconosciuti.
- Autore: Mary Blindflowers
- Editore: Matisklo Edizioni
- Anno: 2015
- Pagine: 64 (PDF)
- Formato: eBook (ePub, Mobi, PDF)
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