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Essere e Non Essere, Comunicare la propria Essenza

Da Franzrusso @franzrusso

La confezione, l’immagine e la presentazione di un prodotto spesso creano aspettative che il prodotto non rispetta. E se invece di un prodotto, parliamo di un servizio? Cosa ci spinge a fidarci di un brand, di una campagna pubblicitaria? Proviamo a vedere come si può Comunicare la propria Essenza.

“Parlo come mangio.  Sono così come mi vedi. Scegli me. Parlo chiaro. Son sincero. Scegli me. Cosa altro vuoi di più. Sono sincero te l’ho detto. Scegli me. Non sono l’unico a propormi. Lo so. Non ho promesse e parole da sprecare. Non senti la mia voce pacata? Non ho nessuna illusione da venderti. Se capisci come sono, son sicuro che andiamo avanti. Se ti dico come sono, son sicuro che mi scegli. Guardami. Sei pronto a pagare quanto valgo? Te lo dico occhi negli occhi, piano piano, son sincero, scegli me.“

La confezione, l’immagine e la presentazione di un prodotto spesso creano aspettative che il prodotto non rispetta.

L’abito proprio non fa il monaco. Non più. L’ha fatto in passato. Eccome se l’ha fatto. Ricordo prodotti che non tradivano le promesse: ho vecchi LP che ancora posso ascoltare con lo stesso giradischi di un tempo, una motocicletta ed una macchina fotografica sempre di quel tempo che ancora funzionano e funzionano bene proprio come funzionavano a quel tempo che in fondo non è così lontano.

Ma piano piano, anno dopo anno, alcune fregature che ho preso si sono andate a sommare e ad essere sincero, non ne posso proprio più di accorgermi troppo tardi di avere sbagliato l’acquisto.

L’intenzionale rappresentazione abbagliante di un prodotto che, per regole di marketing, deve apparire bello quanto un miraggio e che nella realtà si dimostra essere ben altro (in peggio), porta inevitabilmente a sbagliare l’acquisto.

Sembra che il prodotto si impegni di più nell’ostentare qualità che ad esserne intriso.

comunicare essenza

Essere e non essere?

Se invece di un prodotto, parliamo di un servizio?

E se ad esempio parliamo di una compagnia telefonica che si propone per prendere le mie parole, i miei dati, le miei immagini, i video, il mio privato ed il professionale, molto insomma di me e “teletrasportarli”? Perché dovrei fidarmi? A dirla tutta: perché dovrei scegliere un operatore telefonico piuttosto di un altro? Per offerte, minuti ed sms? A mio avviso no, non solo per questo.

Vorrei fidarmi di ciò che fa. Si, lo vorrei.

Sono il protagonista di un breve film dal titolo “Papà,” progettato e realizzato da una squadra di creativi capitanata da Paolo Iabichino dell’agenzia pubblicitaria Ogilvy & Mather Italia. Il film istituzionale voluto dall’AD Maximo Ibarra per Wind Italia è uscito nell’agosto 2014 ed ha ricevuto ad oggi premi e riconoscimenti nel mondo sia dagli addetti ai lavori che dalle tante persone che hanno sentito spontanea la necessità di condividere questo breve film sui propri canali social e dedicarlo alle persone care, rendendo questo video virale sulla rete.

In questo film la compagnia telefonica spiazza tutti mostrando sè stessa pronta a farsi da parte al momento opportuno, a togliersi di mezzo privilegiando essa stessa l’abbraccio reale a quello virtuale. Nobile intento. Sorprendente. Il valore affettivo sta prima di tutto. Stupefacente. Necessario.

La mia partecipazione a questo film potrebbe essere ancora un altro film, un backstage movie, perchè è una bellissima avventura che inizia a Roma sotto la luce di un riflettore caldissimo ed una telecamera pronta e puntata addosso.

In pochi istanti mi è stato chiesto di immaginare una situazione molto coinvolgente: una persona a me cara, mio padre, che si mostrava ai miei occhi dopo molti anni di assenza. Ok, mi ci sono impegnato e l’ho fatto. Qualcuno ha filmato le mie emozioni e me ne sono andato.

A Roma era estate piena e faceva molto caldo, quel caldo perfetto che ti porta a voler lasciare la città non appena possibile per tuffarti in un bellissimo mare blu, magari nel mare di Sicilia.

Dopo quel provino sono passati molti giorni senza più notizie a riguardo.

Come succede in certi film, proprio quando ormai non ci stavo più pensando, sono stato richiamato.

Giuro è andata così.

Appena atterrato in Sicilia pronto a tuffarmi in quel mare blu che sognavo stando a Roma, mi hanno richiamato.

Vacanze rimandate. Nessun problema. Il lavoro chiama. Fidanzata salutata. Tutti contenti. Si parte.

Il provino che avevo vinto era per uno spot di una compagnia telefonica ed in quel momento ancora non sapevo quale compagnia fosse. C’era un gran segreto intorno a questa operazione e non ne capivo il motivo.

L’avrei capito più in là.

Dopo quella telefonata ricevuta in Sicilia mi ritrovavo di fronte ad un nuovo lavoro da attore che non era però questa volta una semplice commissione; stavo partendo per lasciare una vecchia consapevolezza e raggiungerne una nuova.

E anche questo l’avrei capito più in là.

Questo spot ha spostato i miei riferimenti, non tanto come attore ma come artista, come creativo, come comunicatore, li ha rimescolati per darmi una nuova visione d’insieme. Questo lavoro ha mostrato ai miei occhi una realtà fatta di informazioni e precise intenzioni, una realtà creativa che resta per sua stessa necessità un poco nascosta dagli sguardi comuni, che anche senza il nostro consenso ci osserva tutti e ci segue passo passo, fianco a fianco rimanendo con astuzia ed eleganza a noi distante: l’advertising.

Dopo avere studiato ingegneria e marketing all’università mi sono dedicato alla comunicazione, ho sentito il bisogno di comprenderla a fondo non in termini teorici, ma pratici. Con la mia laurea da Ingegnere pronta in tasca, ho scelto di dedicarmi alla creatività, alle emozioni, alle dinamiche umane, ai diversi approcci comunicativi che utilizziamo, spesso inconsapevolmente, nella vita di tutti i giorni; mi sono dedicato a comprendere i significati di gesti, parole, segni, intenzioni e mosse. Ho iniziato un percorso dedicato alla  recitazione ed inevitabilmente alla psicologia.

E’ stato sorprendente scoprire come questo percorso apparentemente mirato ad una pratica attoriale di performance, mi abbia invece permesso di percepire un tipo di comunicazione che impostano certi brand.

Lo spot che ho girato mostra un brand capace di comunicare come un vero e proprio essere senziente dotato di personalità e di valori, in una triplice via: verbale, paraverbale e non verbale.

Esattamente come ognuno di noi.

Così ho osservato grandi brand a livello globale e personaggi dello show business e ho scoperto che questi si influenzano e stimolano a vicenda, per realizzare un desiderio comune a tutti: comunicare la propria essenza.

Dotare un brand di personalità e valori sembra essere un obbiettivo che in tanti cercano di raggiungere.

Ha fatto davvero passi da gigante l’advertising.

Ma ho la sensazione che l’umanità però non abbia fatto gli stessi passi, di certo non li hanno fatti insieme e con la stessa rapidità. L’attitudine alla comunicazione è un talento, è un movimento sapiente. La comunicazione travalica le piattaforme, i canali, le modalità. Non ha limiti se non quelli dettati dalla legge e dall’etica.

La pubblicità può essere molto utile o molto subdola. E’ una invenzione della mente umana utile per veicolare messaggi ed in definitiva per comunicare. Può dar vita a regimi dittatoriali e anche visibilità a uomini di pace. Non posso non citare il geniale spot  “Che mondo sarebbe…” del 2004 della compagnia telefonica TIM, realizzato dall’agenzia di pubblicità Young & Rubicam, sotto la direzione di Marco Lombardi, dove Gandhi tiene il suo discorso in diretta mondiale attraverso il web. Esplicativo, travolgente, utilissimo. Da brividi. Da rivedere.

Considerato che la pubblicità è fatta dagli uomini per gli uomini, qualcosa oggi però non torna.

Forse l’arte dell’advertising si è sviluppata lasciando l’umanità là ferma a guardare? Forse ha perso di vista l’essenza dell’essere umano? Non lo so.

Lavorando nella comunicazione so però che si ha a che fare direttamente con esseri umani, con la loro sensibilità e so che bisogna fare attenzione, non c’è dubbio.

Con la sensibilità umana non si dovrebbe scherzare e se decidi invece di farlo, allora prega che nessuno se ne accorga, perché se dovesse succedere che qualcuno ti scopre verresti distrutto o nella migliore delle ipotesi evitato. Questo grave rischio forse è la miglior garanzia che un brand offre se decide di comunicare in un modo umano e sensibile.

L’advertising mantiene vivace e mosso il mondo della comunicazione commerciale ruotando in continua innovazione attorno ad un solido punto fisso, sempre lì radicato, un centro di gravità permanente: la condivisione.

Il vecchio passaparola oggi è un “passaimmagini”, un “passavideo”, un “passamessaggio”,  é un passaggio continuo e inarrestabile di informazioni.

La condivisione è il combustibile necessario al fuoco della comunicazione e l’advertising non è solo promuovere un prodotto ma spingere alla condivisione di un brand.

Sottoposti ogni giorno a centinaia di stimoli deviamo i nostri spostamenti, variamo le nostre scelte; si risvegliano in noi bisogni appassionati e mai percepiti fino a quel momento. Tutto è così affascinante da fare però un po’ paura visto che questo meccanismo si ripete continuo e constante. Ci ritroviamo ubriachi d’immagini, suoni, slogan, parole, gesti e video, e così noi cambiamo continuamente. Muscoli e cervello sono sempre quelli, noi però cambiamo. In ogni luogo dove andiamo, in ogni spazio da cui passiamo, in ogni  stazione, ascensore, strada, autobus, metropolitana, dovunque ci troviamo ecco cartelli e video e voci che indicano quale prodotto o investimento fare, quale viaggio intraprendere, quale film è il film del momento e quale cantante è quello da ascoltare.

Mentre si spostano le nostre attenzioni, piano piano anche noi ci spostiamo.

Tutto si ribalta, non siamo più noi a muoverci intorno ai punti di riferimento, sono i punti di riferimento stessi a muoversi costringendoci a dover rigenerare noi stessi, a cambiare insieme a loro, a muoverci con loro.

E così… quello che fino a poco prima era per noi vero e necessario, ora non lo è più.

Soltanto la stella polare non si sposta.

Ed è bene che resti dov’è.

Una volta ho fatto un sogno dove una marca di orologi che pubblicizzava il suo prodotto suggeriva di chiuderlo nel cassetto per un po’ per non dover sempre dipendere dal tempo e godersi un pizzico di libertà e c’era anche, sempre nello stesso sogno, una compagnia di viaggi che aveva molto successo perché affermava che il miglior viaggio era quello interiore e suggeriva quindi di viaggiare alla scoperta di noi stessi prima di partire per ogni altro viaggio. Sogno assurdo, ma piuttosto piacevole, me lo ricordo. E come certi sogni anche questo potrebbe un giorno diventare realtà. Siamo pronti a tutto, anche ad essere e non essere.

A volte per comunicare davvero la tecnologia non è tutto, per comunicare davvero con qualcuno a cui tieni, devi stare occhi negli occhi, non c’è smiley o videocall che tenga, devi spegnere il telefonino, chiudere il computer e connetterti con tutto il resto: tu e la tua vita.


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