Da un po' di tempo avevo voglia di accorciarmi il crine. Memore della pelata (metaforica) di Giorgio il parrucchiere pazzo, il dì della mia festa, ho pensato di rivolgermi altrove. Tuz mi sembrava contenta dell'ultimo suo esperimento e se lei è soddisfatta vuol dire che vale la pena.
Sabato mattina ho preso quindi appuntamento con il nuovo Edward-mani-di-forbice: negozietto piccolino, a gestione familiare, con tanto di figlio che spazza (malvolentieri) il pavimento.
Ho posto un'unica condizione, per il resto c'è carta bianca: mantenere la lunghezza, il più possibile tenendo conto che la folta chioma era un po' sfibrata.
La stanchezza della giornata pesante di venerdì s'è fatta sentire, perché mi sono accorta a scoppio ritardato che il taglio è stato un po' troppo radicale: dai 5 cm al massimo che avevo concesso, E-m-d-F ne ha tagliati almeno 10, anche 15. Che fanno arrivare la chioma lunga fin sotto le scapole a livello spalle, o poco più giù.
Di per sé il taglio non è male, scalato come piace a me, senza le pieghe strane che i miei capelli tendono a prendere quando passano per le mani di un altro parrucchiere.
Solo che ormai ero abituata a giocherellare con le ciocche che scendevano sul petto. A raccogliere uno chignon a triplo giro. A scostare la chioma nel mettere la borsa a tracolla, arrotolandola leziosamente su sé stessa.
Mentre adesso non posso più giocare con i capelli senza fare strane contorsioni. Se faccio una coda di cavallo ho ciocche che spuntano da ogni dove. Se infilo una borsa, o una maglia, non devo più scostare i capelli.
Mi guardo allo specchio e non mi riconosco. Ho perso l'orientamento, ad ogni superficie riflettente mi cerco e spesso non mi trovo.
Sono passati tre giorni e ancora non ci ho fatto l'abitudine, a questa nuova me. Che tanto nuova poi non è, perché per arrivare alla ex-lunghezza sono pur passata da questa. Ma non c'è verso.
Cresceranno, dicono. Cresceranno, provo (inutilmente) a consolarmi. Cresceranno. Spero solo lo facciano in fretta.