Essere schizzinosi non è un mestiere per disoccupati

Da Giovanecarinaedisoccupata @NonnaSo

Eh già, perché anche per essere schizzinoso, te lo devi poter permettere. Te lo devi guadagnare.

E il disoccupato, si sa, guadagna ben poco, mal guadagna o, alla peggio, non guadagna affatto.

Essere schizzinoso, al giorno d’oggi, è un privilegio, altroché. Non è per tutti cara la mia ministressa che mesi fa mi hai fatta incazzare marcia perché mi hai dato della choosy.

Uno per essere choosy non è che ci nasce, ci diventa. E solo se può.

Se non può, va al supermercato e, davanti allo scaffale delle merendine, non è che può tanto permettersi di dire: “no a me i cornetti fanno schifo e anche s c’è in offerta quello della Bauli io non lo prendo, perché a me piacciono i Flauti”. Eh no.

Il disoccupato va al supermercato, e già quando entra gli viene male.

Magari non tanto al pensiero di quello che non può comprare, a quello ci è rassegnato, ma al pensiero di quanto gli costerà quello che deve comprare.

Che si fa presto a dire “far la fame”, la fame non si fa. La fame ti divora.

Dalle viscere ti prende e ti gira e ti rigira che non capisci più niente.

Il detto “far la fame” è stato inventato da gente con la pancia piena, ci scommetto. Gente che non ha mai provato a entrare in un posto con gli spiccioli contati in tasca, il terrore che non bastino e tu sia costretto a fare quella figura. La figura.

La figura di quello che arriva in cassa e deve lasciare qualcosa.

Che poi non è che puoi far finta di esserti dimenticato il portafoglio a casa, perché i soldi ce li hai… solo non ne hai abbastanza. E la carta di credito si sente urlare da 50 passi di distanza “Lasciami, lasciami stareeeee”.

No, essere schizzinosi non è proprio un mestiere per disoccupati.

Neanche quello, voglio dire.

Noi disoccupati entriamo al supermercato e ci passiamo in rassegna, ogni benedetto giorno, la corsia delle offerte. E se non c’è la cosa che cerchiamo, torniamo il giorno dopo, o rivoluzioniamo il nostro piano pasti in conseguenza a quello che c’è in offerta.

Alla faccia di chi dice che non siamo flessibili.

E se non c’è la corsia delle offerte… beh di tempo ne abbiamo, e ci passiamo in rassegna scaffale per scaffale, etichetta per etichetta, prodotto per prodotto, oppure passiamo oltre, al supermercato dopo. Il prezziario dei concorrenti sempre bene in mente, come dei calcolatori umani. Precisi come ragionieri, nella nostra disperazione, diventiamo.

Ah, il libero mercato della concorrenza! Ah, il fiorire di discount alimentari!

Dove un tempo passavamo via, di fretta, scuotendo il capo nel vedere file di vecchietti tremanti, che ci facevano pena perché “poverini, con la pensione da fame che prendono solo al discount ormai possono andare a fare la spesa”.

E ora?

Ora ci siamo noi, in fila alla cassa davanti a loro, o dietro a loro, con le lacrime agli occhi nel vederli, smarriti, constatare che non hanno abbastanza denaro per comprare quelle poche cose che hanno messo nel cestino, e devono fare quella figura. La figura.

Di quelli che lasciano roba in cassa.

E noi che ormai non possiamo nemmeno più fare il gesto gentile, e dire “lasci, glielo pago io”.

Noi, che invece a volte ci troviamo a competere per l’ultimo fustino al prezzo di costo, e, poco cavallerescamente, approfittiamo delle nostre gambe giovani per battere i vecchi in velocità (se non in astuzia, perché in astuzia quelli non li batte nessuno, che loro a sto mondo ci stanno da prima di noi, eh!).

No, neanche la vergogna o la pena per il prossimo, ormai, è più mestiere da disoccupato.

Nossignori.


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