© Giuseppe Diso: Estate (olio su tela)
Siede e riposa
il contadino,
contro il ruvido, provvido,
muro a secco,
al fresco frondoso
riparo del noce
all’estiva calura.
Il capo reclinato
sulla terra riarsa,
s’attarda a seguire
il brulicar silente
delle operaie,
affaccendate
a cavar nel formicaio
l’orribile soma
dell’umano pasto,
tra gli assurdi, obbligati,
tortuosi sentieri,
a tutti gli altri ignoti.
Laggiù, nella penombra,
frusciante di tenere carezze
sugli aguzzi scogli,
fa capolino il piccolo
granchio-sentinella,
a scrutar l’orizzonte,
nel timore d’oscure minacce,
imboscate mortali
per il vecchio padre,
voglioso, come sempre,
d’uscire allo scoperto
dalla salvifica tana;
lui, orrido mostro peloso,
timido abitante
degli antri affioranti,
signore della notte,
mite, sotto il Carro,
lucciole disperse,
lontane nel tempo,
nell’attesa, vivida,
delle strie furtive
delle luminarie
di San Lorenzo.