dipinto di Georgia O’Keeffe
Come avevamo anticipato in un commento a questo post, torniamo a parlare di estetica vulvare e quindi anche del ricorso a tecniche chirurgiche per mostrarsi linde e pinte, giovani e tirate, anche laggiù.
Contrariamente a quanto possiamo immaginare, sono sempre più numerose le donne che vi si rivolgono e tra loro vi è anche un bel numero di giovanissime. Secondo un articolo uscito il mese scorso su BMJ Open (qui trovate il testo completo), nella sola Gran Bretagna, negli ultimi sei anni, sono state effettuate dal sistema sanitario nazionale ben 343 labioplastiche su ragazzine di 14 anni e più giovani ancora. Ci sono stati casi anche di bambine di 9 anni. E poiché le piccole labbra si modificano durante la crescita, più sono giovani quando si sottopongono all’intervento e maggiore sarà il numero di volte che ci si dovranno rimettere le mani il bisturi.
Il mio parere è che si tratti di donne che più che rivolgersi a un chirurgo vulvare (si chiamano così? porta questa dicitura il loro biglietto da visita? e anche la targa al portone?) farebbero meglio a rivolgersi a un bravo psicologo (ammesso che ce ne siano, di bravi intendo
) dal quale fare un tagliando alla loro autostima che evidentemente perde colpi.Ma il fuoco dell’articolo è in realtà sui siti che offrono questi servigi, i quali appaiono confusi, ma soprattutto inaccurati, pieni di errori e omissioni e privi di informazioni scientifiche.
Vediamo che cosa offrono.
Già solo i termini usati per descrivere l’intervento sono diversi da sito a sito e denotano grande creatività. Troviamo infatti: “imenoplastica”, “labioplastica”, “ringiovanimento vaginale” e soprattutto “ampliamento del punto G” che mi sembra davvero esilarante. Lo stanno cercando da decenni e questi sono in grado non solo di individuarlo, ma anche di ingrandirlo! Dovrebbero dar loro il Nobel. O, in alternativa, l’IgNobel.
Per quel che riguarda in particolare il lavoretto all’imene, si parla di “imenoplastica”, “riparazione dell’imene”, “ricostruzione dell’imene” e “riverginazione”.
Gli autori dell’articolo concludono che non solo c’è un urgente bisogno di linee guida dettagliate, ma anche che i medici dovrebbero passare ai loro pazienti il messaggio: “le vulve in salute possono essere di ogni forma, dimensione e colore”. Sarebbe un grande insegnamento.
I precedenti post su questo tema li trovate qui e qui.
Del punto G abbiamo parlato qui e qui.