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Estiqaatsi!

Creato il 30 marzo 2010 da Indian

Lezioni condivise 40 -  Dell’archetipo

Trovarsi in presenza di un archetipo… è quasi impossibile poter essere al cospetto di un tale misterioso volume… forse in un museo o tra i testi antichi di una importante biblioteca? macché! parliamo davvero d’altro giacché l’archetipo è solo un’ipotesi cui teoricamente si risale per mezzo di copie esistenti e successive ad esso.

Sarebbe peraltro insensato, una forzatura, riferire il termine alla produzione letteraria odierna… e comunque arduo e del tutto convenzionale, volerlo individuare.

Tale rompicapo eserciterebbe il suo fascino nel suo spazio naturale, forse un vecchio convento, una situazione che possiamo evocare solo con la fantasia.

Peraltro ognuno di noi ha i suoi piccoli o grandi manoscritti – anche se oggi l’abbandono quasi totale della penna per pc e note book, rende tutto più asettico. Qualche giorno fa mi emozionavo nel rivedere alcuni testi adolescenziali e constatavo di avere difficoltà a decifrare qualche termine… ma siamo all’emulazione.

Lungi dalle banalizzazioni, la parola archetipo spalanca al nostro immaginario un mondo ancestrale, ove su leggii, scaffali o tavoli di legno, si intravedono manoscritti precedenti all’invenzione della stampa, e non si tratta di archetipi o non si può provare che lo siano, saranno solo antiche copie che incutono rispetto e soggezione e che quasi si teme sfiorare, come se altrimenti ci si caricasse tutto un passato sulle spalle.

Convenzionalmente l’archetipo è quel manoscritto da cui discendono tutte le altre copie (non è detto coincida con l’originale e quasi mai esiste fisicamente), denominate testimoni, a loro volta legate da rapporti di parentela. Tutti i testimoni devono avere almeno un errore comune, che dà la possibilità di redigere lo stemma codicum, i vari rami di fratellanza tra i codici.

Esempio di stemma codicum (o albero genealogico) (q): 

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Tra diversi rami, i codici, oltre all’errore in comune, avranno un errore separativo. Nello schema c’è ad esempio almeno un errore in comune tra le copie C e D e separativo con il ramo A, ma anche C e D avranno tra loro un errore separativo.

Partendo dai testimoni si delinea l’albero genealogico – come se si operasse per delle persone in base al DNA – riconoscendo dunque le copie di una stessa famiglia, le collateralità (rapporti orizzontali) o verticali (discendenza diretta, senza errori separativi), sotto famiglie…

Altro esempio:

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L 1- L2: hanno un errore in comune, fanno parte di una stessa famiglia;

P 1-3-5: sottofamiglia, errore comune con il ramo beta, comune e separativo con L.

I codici P ed M sono collaterali a L, ed M rappresenta una ulteriore sottofamiglia; né vi è rapporto verticale (diretto) tra P ed M, perché tra loro vi è un errore separativo.

E’ importante chiarire che disegnare uno stemma non serve a trovare i rapporti tra i codici, in quanto lo stemma stesso rappresenta i rapporti tra i codici.

Lo stemma codicum, per quanto e fin dove serve, è utile per la scelta delle varianti nella stesura dell’edizione critica di un testo.

Occorre precisare che la variante non è un errore, esso infatti si discosta dalla volontà dell’autore; tra le varianti invece occorre trovare quella che ne rappresenta la volontà, eliminando dunque gli errori.

La scelta tra le varianti non è immediata… ci si arriva lavorando sullo stemma, individuando gli errori (alcuni dei quali si auto eliminano evidenziando le varianti).

Estiqaatsi!

In questo stemma è più probabile che sia giusto monte, per il semplice fatto che è meno probabile che A e C (collaterali) abbiano coinciso nell’errore.

La preponderanza di copie recanti una stessa dizione non è un indizio che possa valere nella ricostruzione filologica di un testo, conta di più la probabilistica, la possibilità, ma non la discrezionalità.

Estiqaatsi! Fatta salva la suggestione con cui ho cercato di introdurre l’argomento, benché molto assonnato, a questo punto sentirei volentieri il parere dell’illustre grande capo Estiqaatsi…

(Filologia romanza – 19.4.1996) MP

Estiqaatsi!


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