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Nell’istante esatto in cui questo breve articolo vedrà la luce sul blog saranno trascorsi esattamente venti anni da quella tragica notte del 28 settembre 1994. Sembra ieri quando la notizia rimbalzò su tutti i telegiornali, ma è ormai passata un’eternità, non vi pare? Un’eternità che sembra a maggior ragione tale quando si ci ferma a pensare che non tutto è stato detto, che non tutto è stato chiarito, che centinaia di corpi senza vita, ancora oggi, galleggiano all’interno di una scatola di metallo appoggiata in fondo al mare, senza giustizia, senza nemmeno una spiegazione.
Alla una e ventiquattro della mattina del 28 settembre di venti anni fa, un accorato Mayday veniva lanciato sul canale 16 dall’operatore radio del traghetto Estonia, di proprietà della compagnia Estline, in rotta tra Tallin e Stoccolma. Nelle gelide acque del mar Baltico si stava già inesorabilmente consumando una delle più colossali tragedie del mare.
Il traghetto Estonia era salpato alle ore 19 del giorno precedente dal porto di Tallin con a bordo 989 persone, di cui 803 passeggeri e 186 uomini di equipaggio. L’arrivo al porto di Stoccolma, previsto per le nove e mezza di mattina, non ebbe mai luogo: alle due meno dieci, dopo nemmeno mezz’ora dalla prima richiesta di soccorso, di quell’imponente nave di sedici tonnellate non sarebbe rimasto nulla. Nemmeno una flebile traccia sui radar.
Il conteggio delle vittime alla fine sarà terribile: 852 persone persero la vita nel disastro. Di queste solo 95 furono le salme recuperate, qualcuna quella stessa notte, molte altre restituite dal mare nei giorni successivi, un po’ qua, un po’ là sulle coste finlandesi. Tutte le altre sono ancora laggiù, in fondo al mare, in paziente attesa.
Dico la verità. Travolto dalla mole impressionante di notizie (perlopiù futili) che mi hanno tempestato dalla mattina alla sera negli ultimi vent’anni, mi ero ormai completamente dimenticato della vicenda dell’Estonia. Come è stato possibile? Non dovrebbe esserci una sola valida ragione per cui un avvenimento così significativo possa essere scivolato nei meandri insondabili della mia memoria. Quanti altri tra di voi, gentili lettori che siete passati da queste parti, si ricordano dell’Estonia? Quanti non ne hanno mai nemmeno sentito parlare? Eppure sono certo che conoscete tutti, anche nei più minimi dettagli, le vicende del Titanic. O mi sbaglio? Certo, bisogna ammettere che James Cameron, nel 1997, ha contribuito parecchio a far riscoprire il Titanic al mondo e alle nuove generazioni. Un film come quello non poteva certo passare inosservato. Forse… chissà… cosa sarebbe successo se fosse stato girato un film sulla tragedia dell’Estonia? Ce ne ricorderemmo? Sono sicuro di no. E sapete perché? Perché un film sull’ultima notte del traghetto Estonia esiste: si intitola “Baltic Storm” ed è stato girato in Germania nel 2003. Protagonisti l’inossidabile Donald Sutherland e la nostra Greta Scacchi.
Tutto questo per dire che l’Estonia e le sue vittime non solo soffrono per una giustizia che non è mai arrivata, ma sono destinate a scomparire nell’oblio, così come sono scomparse tra le onde in quella notte di tempesta di venti anni fa. Tutto questo non può che farci riflettere. Tutto questo non può che portare ad un’unica domanda: perché?
Come la storia ci ha più volte insegnato, la giustizia è costretta a cedere il passo quando affiorano interessi di altro tipo. Quante volte la verità ci è stata tenuta nascosta? Avvenimenti di portata mondiale sono rimasti irrisolti per decenni, spesso lo sono ancora. Chi decide cosa dobbiamo conoscere e cosa è più comodo che venga dimenticato? Cosa successe esattamente quella notte, in quel tratto di mare 15 miglia a Sud-Est dell' isola finlandese di Uto? Ad oggi non è stato ancora chiarito nulla. Non sono state chiarite le cause, non sono state chiarite le circostanze, non sono state chiarite le responsabilità. Tutto quello che è stato fatto sembra sia stato fatto per archiviare il caso il più rapidamente possibile. Il relitto si trova a soli sessanta metri di profondità ma, piuttosto che riportare a galla una verità evidentemente scomoda, si preferisce insabbiare. Come mai? Perché ho la strana sensazione che ci sia qualcosa che non torna in questa vicenda?
La versione ufficiale sostiene che la celata di prua, quel portellone che permette l’eccesso alla rampa di carico e quindi al ponte di stoccaggio delle autovetture, a causa del mare in tempesta cedette improvvisamente, staccandosi dal resto della nave. Il garage, in pochi istanti, sarebbe stato invaso da una quantità impressionante di acqua, che causò dapprima una forte inclinazione della nave verso dritta e, nel giro di pochi attimi, consegnò al mare l’Estonia con tutto il suo carico di vite umane.
Tra gli innumerevoli contributi che si trovano in rete, la breve video-simulazione che inserisco in fondo al post aderisce perfettamente alla versione delle autorità. Ma è andata veramente così?
Sono in molti a non credere alla versione ufficiale della storia. Anche il sottoscritto, che spesso si lascia travolgere dalla facile creduloneria, quando si trova di fronte a termini abusati come “cedimento strutturale” non può fare a meno di storcere il naso. Qualcuno ha per caso pensato ad Ustica? Mi era sembrato. Ci sono molte ragioni per cui la teoria del cedimento strutturale appare ridicola. Se aggiungiamo poi lo strano comportamento della commissione incaricata dell’inchiesta, se aggiungiamo le misteriose scomparse di testimoni chiave, se aggiungiamo la posizione stessa in cui è stato ritrovato il relitto…. ecco che anche le più fantasiose ipotesi complottiste trovano la loro ragione d'essere. Potrei stare qui a scrivere decine di pagine sul mistero dell’affondamento dell’Estonia, ma non credo sia questo il momento adatto. Lo farò forse più avanti, vedremo. Oggi lo scopo che mi ero prefissato era quello di riportare alla memoria una tragedia dimenticata. Una tragedia del mare vecchia di vent’anni ma ancora così giovane. Spero, nel mio piccolo, di essere riuscito a farlo.
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