Esultate! L’orgoglio musulmano sepolto è in mar». Un tenore impegnato nel ruolo di Otello, si dice, non
può permettersi di sbagliare l’ingresso in scena, pena compromettere la riuscita di tutta l’opera.
«Ancora con questa storia?
Guardate che è tutta letteratura» sorride divertito Francesco Anile, che interpreterà (il 3, 7 e 9 maggio, mentre
alla prima di domani e alle recite dell’8 e del 10 maggio toccherà a Kristian Benedikt) il Moro di Venezia nel melodramma di Giuseppe Verdi che inaugura la stagione del teatro Lirico. «Ci sono passaggi ben più complessi» spiega Anile, che aggiunge: «Si tratta di un grido di gioia, di felicità. Se si indugiasse eccessivamente sui toni drammatici, si finirebbe per svelare da subito lo svolgimento dell’opera » .
MALVAGITÀ SENZA REDENZIONE
Otello, penultima opera musicata dal Cigno di Busseto, torna al Lirico dopo dieci anni. La regia è affidata al lituano Eimuntas Nekrosius, già noto al pubblico cagliaritano per aver curato, nel 2008, l’allestimento de La leggenda della città invisibile di Kitez. «Non ci sono, come forse gli spettatori si aspetterebbero, i tuoni e le onde. Si tratta di una regia tutta giocata sul simbolismo, sulla gestualità contenuta e misurata. Anche per noi cantanti è stata una sfida quella di interpretare al meglio le idee del regista» dice il soprano Cinzia Forte, che sarà Desdemona (il 2, l’8 e il 10 maggio. Il 3, il 7 e il 9 il ruolo sarà invece affidato a Serena Daolio). Le fa eco il tenore Cristiano Cremonini, che interpreterà Cassio, odiato da Jago, semplice alfiere di Otello, perché reo di avergli usurpato il ruolo di capitano: «La scena è dominata da una grande pedana circolare. Una sorta di ruota del destino, dalla quale è impossibile scendere una volta esserci saliti». L’ineluttabilità di un destino deciso dalle macchinazioni di Jago è la chiave di lettura del ruolo di Desdemona, («una donna che ama il suo uomo fino alle estreme conseguenze, che protesta fino all’ultimo la sua in
nocenza e che
da innocente muore», sottolinea Cinzia Forte). Desdemona diventa, suo malgrado, lo strumento attraverso il
quale Jago (interpretato dal baritono Paolo Gavanelli il 2, 8 e 10 maggio e da Marco Di Felice il 3, 7 e 9) attua la sua vendetta contro l’odiato Otello. Prima induce Cassio a ubriacarsi e battersi in duello contro Roderigo, gentiluomo veneziano segretamente innamorato della donna del Moro. Poi insinua in Otello il dubbio, dicendogli di aver visto in mano a Cassio (nel frattempo imprigionato e degradato dopo la zuffa) il fazzoletto che il Moro aveva donato a Desdemona come pegno d’amore. «Da quel momento, Otello finisce intossicato dal veleno della gelosia, instillato dal suo “lato oscuro”, ossia lo stesso Jago», spiega Francesco Anile. Il malefico alfiere, che Otello crede suo amico, proseguirà senza sosta nelle sue macchinazioni,consapevole d’essere nato per distruggere, non per creare («Credo in un Dio crudel che m’ha creato simile a sè e che nell’ira io nomo.
Prima di spirare, bacia un’ultima volta la sua amata. «Nella sua drammaticità, è una storia attualissima », commenta il soprano Serena Daolio. «La grandezza di Boito, il librettista, sta nell’essere riuscito a sintetizzare con efficacia tutta la profondità della tragedia di Shakespeare.
Al resto ha pensato Verdi, impareggiabile nell’arte di riprodurre in musica le passioni e i sentimenti degli
uomini» spiega Marco Faelli, direttore del coro. Si apra il sipario su questo immortale dramma della gelosia, che mette a nudo la fragilità degli uomini, anche di quelli apparentemente invicibili,quando vengono toccati nel loro punto debole. Fabio Marcello
SARDEGNA QUOTIDIANO foto di Roberto Pili
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