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Et in terra pax

Creato il 11 giugno 2012 da Misterjamesford
Et in terra paxRegia: Matteo Botrugno, Daniele ColucciniOrigine: ItaliaAnno: 2010Durata: 89'
La trama (con parole mie): Marco è appena uscito di galera, e torna nel vecchio quartiere con la vacua speranza di poter vivere un'altra vita. Sonia in quel quartiere ci è cresciuta, ma studia e lavora per allontanarvisi. Faustino, Federico e Massimo sono giovani e senza direzione, destinati a perdere i propri giorni per le strade in attesa che possa succedere qualcosa che vada oltre.Tre storie di periferia che si accavallano ai confini della Roma per bene, che i protagonisti possono solo sognare, per poi tornare sulle panchine da dove si sono alzati senza neppure sperare che i loro desideri possano effettivamente avverarsi.Un esperimento neorealista sulla scia dei Fame chimica e dei Gomorra.
Et in terra pax
Osservando l'incedere deciso eppure quasi claudicante di Marco nel piano sequenza che apre questa interessante pellicola mi è tornato in mente Edward Bunker con i suoi racconti di vita legati alla realtà di un ex galeotto che tenta un improbabile nuovo inserimento nella quotidianità di chi ancora sta dall'altra parte della legge: un isolamento sociale simile a quello di tutti i prigionieri dei quartieri borderline, che più che lottare e resistere per non affondare non possono fare, in qualche modo posti dalle regole del mondo in un angolo che difficilmente quello stesso mondo avrà voglia di visitare, come un tappeto che si evita di sollevare ben coscienti della polvere che vi è nascosta sotto.
C'è chi si dibatte, e tenta di non arrendersi, come Sofia, e chi ha già mollato da un pezzo accettando regole non scritte come Sergio, oppure chi, come gli inseparabili Faustino, Federico e Massimo pensa ancora che la noia ed il male di vivere che li attanagliano siano un momento, pronto a passare per quando faranno i soldi e potranno comprarsi un macchinone appariscente come quello dell'uomo che passa a prendere Federico di tanto in tanto e che lui spaccia per il padre, celando una realtà pasoliniana che i suoi compagni non riuscirebbero mai e poi mai ad accettare.
Non è un film perfetto, Et in terra pax, eppure arriva dritto al cuore: a metà strada tra l'approccio artigianale di Fame chimica ed il paraculismo d'autore di Gomorra, il lavoro di Botrugno e Coluccini descrive con partecipazione e cognizione di causa la realtà chiusa delle periferie difficili, troppo spesso e volentieri una gabbia sia per chi lotta con tutte le sue forze per uscirne sia per chi, ormai, è rassegnato a restarci.
Per non parlare di quelli che, invece, semplicemente non pensano a nulla che vada oltre il loro limitato orizzonte.
Ed è Marco, ancora una volta, a guidarci e mostrare al pubblico quelle che sono le esistenze comuni nelle quali dalla sua panchina gioca ad identificarsi, siano muratori rumeni al lavoro sotto il sole o una coppia di pensionati dagli orari sempre precisi per il pranzo ed il caffè sul balcone: ha già capito che per quelli come lui uno spazio così resterà sempre un desiderio negato, e l'accettazione di questa responsabilità, da dividere consciamente con una società che per prima non crede nel recupero, funge da anticamera alla terribile presa di coscienza dell'escalation di violenza che chiude l'incrocio di tre vicende fosche e terribili, banali quanto prive di speranza e consolazione.
Nello sguardo di Sofia all'esame - uno dei passaggi più intensi della pellicola - c'è tutto lo sconforto di chi vede chiudersi l'ultima porta per una realtà così lontana dalla propria da apparire finta, neanche ci trovassimo su un set cinematografico - l'università - rispetto alla realtà del giorno per giorno - il quartiere, il bar di Sergio -: Marco ha già lasciato alle spalle quella sensazione, abbandonandosi su quella panchina quasi fosse un relitto alla deriva, in attesa soltanto dell'onda che lo spinga nell'abisso.
E lo stesso abisso, che striscia e fiuta Faustino, Federico e Massimo è pronto a rispondere allo sguardo di chi sa bene che una volta passati dall'altra parte, difficilmente ci sarà ritorno.
Il peso più grande, però, resta quello dell'impressione di essere nati nel posto sbagliato, e nel momento sbagliato: a questo, neanche la consapevolezza di Marco potrà porre rimedio.
Ci sono vite che non possono essere salvate.
Sono il tributo dell'abisso.
La richiesta di una pace da distribuire nella terra della gente perbene.
MrFord
"Ho imparato a sognare
e ho iniziato a sperare
che chi c'ha avere avrà
ho imparato a sognare
quando un sogno è un cannone,
che se sogni
ne ammazzi metà.
Quando inizi a capire
che sei solo e in mutande
quando inizi a capire
che tutto è più grande."Negrita - "Ho imparato a sognare" -

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