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Età flessibile per la pensione di vecchiaia

Creato il 09 maggio 2013 da Robertoborz

Età flessibile per la pensione di vecchiaia Una delle novità più significative della riforma approvata con il decreto legge 201 è rappresentata dal fatto che dal 2012 il sistema pensionistico si fonderà su due tipologie principali di pensione:     1. la nuova Pensione di vecchiaia ordinaria e 2. la pensione anticipata.   Naturalmente, continuano a esistere anche altre forme di pensionamento: gli assegni di invalidità, le pensioni di inabilità, le pensioni ai superstiti e così via.
I requisiti per la vecchiaia
La riforma ridefinisce - dal 2012 - i requisiti di età anagrafica per la pensione di vecchiaia:
*** lavoratori dipendenti, autonomi e lavoratrici dipendenti delle pubbliche amministrazioni: 66 anni.
In concreto, il nuovo requisito corrisponde a quello precedente di 65 di anni, al quale andava comunque aggiunta l’attesa per le "finestre", ora abolite.
Gli autonomi guadagnano sei mesi rispetto al sistema precedente.
Resta in ogni caso la disciplina di adeguamento dei requisiti di accesso al sistema pensionistico agli Incrementi della speranza di vita.
In pratica, dal 2013 in poi non esisterà più un’età fissa per la pensione di vecchiaia, perché tutti i requisiti (il discorso vale anche per la pensione anticipata). Saranno adeguati in modo costante alla speranza di vita.
Nel 2013, come previsto dal decreto 6 dicembre 2011 del ministero dell’Economia, l’incremento sarà per tutti di tre mesi;
1) lavoratrici dipendenti del settore privato, la cui pensione è liquidata a carico dell’assicurazione generale obbligatoria (in sigla, Ago) e delle forme sostitutive: 62 anni.   Questo requisito anagrafico sale a: * 63 anni e sei mesi dal 1°gennaio 2014; * 65 anni dal 1°gennaio 2016; * 66 anni dal 1° gennaio 2018 (la speranza di vita genera una crescita del requisito anagrafico di tre mesi nel 2013 e un adeguamento nel 2016);
2) lavoratrici autonome con pensione liquidata a carico dell’Ago, nonché della gestione separata Inps: nel 2012 63 anni e sei mesi.   Il requisito sale a: * 64 anni e sei mesi a decorrere dal 2014; * 65 anni e sei mesi dal 2016; * 66 anni a decorrere dal 1° gennaio 2018 (oltre agli adeguamenti alla speranza di vita).
Quindi, dal 2018 l’età per la pensione di vecchiaia sarà" armonizzata" a 66 anni: in realtà, per effetto degli incrementi legati alla maggior speranza di vita, saremo a 66 anni e 7 mesi.
La legge stabilisce anche che, per effetto dell’adeguamento alla speranza di vita, il requisito di età dovrà essere almeno pari a 67 anni nel 2021 (in realtà, sulla base delle previsioni nel 2021 saremo a 67 anni e 2 mesi).
Il requisito contributivo
La riforma stabilisce che il diritto alla pensione di vecchiaia si ottiene - oltre che con il requisito dell’età anagrafica - in presenza di un’anzianità contributiva minima pari a 20 anni.
Un requisito ulteriore è posto a carico dei soggetti che hanno avuto il primo accredito contributivo dopo il 1° gennaio 1996: si tratta dei lavoratori che avranno la pensione calcolata interamente con il sistema contributivo per i quali è previsto che - oltre al doppio requisito anagrafico e dei 20 anni di contribuzione - che l’importo della pensione debba risultare non inferiore a 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale (annualmente rivalutato sulla base della variazione media quinquennale del Pil nominale, calcolata dall’Istat, con riferimento al quinquennio precedente l’anno da rivalutare).
Si prescinde da quest’ultimo requisito di importo minimo se in possesso di un’età anagrafica pari a 70 anni, con cinque anni di contribuzione effettiva. In questo caso, si tratta di assegni calcolati con il metodo contributivo.
Pensionamento flessibile
Un altro aspetto innovativo della riforma è rappresentato dal fatto che ora l’età per la vecchiaia rappresenta una sorta di "requisito minimo".
L’accesso al pensionamento diventa infatti flessibile e ogni lavoratore potrà scegliere - fino a 70 anni – il momento che ritiene più adatto per lasciare il lavoro.   Tutto ciò è incentivato dal fatto che chi prosegue l’attività lavorativa si vedrà calcolata la pensione con l’applicazione dei coefficienti di trasformazione fino all’età di 70 anni (con adeguamenti alla speranza di vita).
In pratica, chi resterà più a lungo al lavoro avrà un assegno un po’ più pesante, sia per i maggiori contributi versati sia per i più vantaggiosi coefficienti di trasformazione.
La decorrenza
La riforma, al comma 5 dell’articolo 24, stabilisce poi che, con riferimento esclusivamente ai lavoratori che maturano i requisiti per la vecchiaia (e anche per la pensione anticipata) dal 1°gennaio 2012, non trovano più applicazione le "vecchie" regole sulla decorrenza.
Sparisce, quindi, quel sistema che costringeva chi aveva raggiunto i requisiti per la pensione a rimanere al lavoro altri 12 o 18 mesi prima di incassare effettivamente la prima rata di trattamento: questo periodo di attesa viene ora riassorbito nel requisito anagrafico.
La pensione decorrerà dal mese successivo a quello di presentazione/accettazione della domanda.
Le eccezioni
Il decreto legge 201 prevede, all’articolo 24, comma 15 bis - alcune eccezioni temporanee per i lavoratori dipendenti del settore privato iscritti all’Inps.   In particolare:
le lavoratrici possono conseguire la pensione di vecchiaia oltre che (se più favorevole secondo le regole descritte) con un’età anagrafica di 64 anni, a condizione che maturino entro il 31 dicembre 2012 un’anzianità contributiva di almeno 20 anni e alla stessa data abbiano almeno 60 anni di età;
** i lavoratori dipendenti del settore privato che nel 2012 raggiungono almeno 35 anni di contributi e la quota 96, come mix tra contributi ed età anagrafica, potranno avere la pensione anticipata a 64 anni.



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