Magazine Diario personale
Viene da chiederselo,i Jethro Tull hanno preso ad esibirsi nel Teatro Romano di Ostia Antica perché si sentono refrattari al tempo che passa quanto la meravigliosa cornice che li circonda?Domanda lecita,dal momento che la gloriosa band capitanata da Ian Anderson,in attività dal lontano 1968,il 18 luglio ha ripetuto l'esperienza dello scorso anno:stesso luogo,stesso mese ed evidentemente stesso desiderio di perpetuare il proprio mito.Io naturalmente ho,nel mio piccolo,contribuito ad aumentare le analogie con la loro precedente visita.Sono andato li con gli stessi due amici e curiosamente con lo stesso guaio al piede sinistro(una tendinite acuta),resa ancor più fastidiosa dal lungo viale da percorrere prima di arrivare al Teatro.Nel 2010 mi era andata peggio,giunto alla meta mi ero reso conto che i posti a sedere erano tutti occupati!Così mi ero posizionato proprio sotto il palco,dove la visuale era si ottima,ma resa vana dal dolore al piede,praticamente insopportabile.Pochi giorni fa il problema non si è posto,dato che il proibitivo costo del biglietto ha tenuto lontani molti appassionati,così mi sono comodamente seduto,sorseggiando una birra fresca prima dell'inizio dello spettacolo.Aspettando che le luci si spegnessero,mi sono lasciato andare ad alcune considerazioni...Quante volte li ho visti i Jethro Tull?Sicuramente almeno una dozzina nell'arco di ventinove anni,visto che vengono frequentemente nel nostro paese,e quasi sempre passano per Roma.Certo non sono più il magnifico gruppo del periodo 70/80,la formazione attuale oltre allo storico leader,al fido chitarrista Martin Barre e al batterista Doane Perry,con loro già da molto tempo,comprende David Goodier al basso e John O'Hara alle tastiere,due onesti e poco brillanti comprimari che per quanto possano assolvere il loro compito con impegno,sono lontani dall'apportare il benchè minimo contributo alle sonorità della band.Ma da molti anni a questa parte,quello che mi ha portato a recarmi senza aspettative e con una certa rassegnazione ad un appuntamento con i Jethro Tull,è stato pensare alla voce di Ian Anderson,in condizioni talmente precarie da rendere alcuni classici del repertorio del gruppo l'ombra di se stessi.Con grandissima sorpresa stavolta ho invece assistito ad una buona performance,e con i Tull non mi capitava da secoli!Per qualche strana ragione Ian,che a 64 anni è comunque in ottima forma fisica e continua a dispensare magie con il suo flauto,ha cantato effettivamente meglio del solito,dando l'impressione,magari mi sbaglio,di aver preso qualche lezione di canto,e che queste lo aiutino a sopperire ai limiti delle sue corde vocali.Come di consueto la scaletta del concerto,aperto da una mediocre LIVING IN THE PAST e da una bruttina THICK AS A BRICK che non lasciavano presagire nulla di buono,sacrifica tanti pezzi meritevoli in virtù dei troppi classici obbligatori.In questo caso poi il quarantennale di AQUALUNG,il più famoso fra gli album dei JT,porta Anderson ad eseguire ben sette brani tratti dall'opera,fra questi la celebre MY GOD resa piuttosto bene,che coprono circa la metà dello spettacolo.Da ricordare il graditissimo ripescaggio di HEAVY HORSES,forse il momento più intenso dello show,la tuttora richiestissima BOUREE e due canzoni relativamente più recenti,FARM ON THE FREEWAY e BUDAPEST,tratte da CREST OF A KNAVE del 1987...Si chiude con le immancabili AQUALUNG e LOCOMOTIVE BREATH,dal già citato disco del 1971,in grado di infiammare animi meno disincantati del mio.Nulla di indimenticabile,ma ripeto,si è trattato di un concerto decisamente godibile,e questo fa ben sperare per il futuro,visto che i Jethro Tull del leggendario Anderson sembrano non avere nessuna intenzione di gettare la spugna!A giudicare dal pubblico che normalmente corre a vederli,equamente diviso fra nostalgici fans della vecchia guardia e giovanissimi,ne hanno tutte le ragioni del mondo.C'è sempre bisogno di buona musica,in barba al tempo che passa...
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