Etgar Keret e gli autobus a pancia insù

Creato il 26 gennaio 2014 da Tiziana Zita @Cletterarie

Ci sono scrittori che s’incontrano per caso e da cui si rimane folgorati sin dalle prime righe. Così è successo con Etgar Keret, giovane scrittore israeliano (classe 1967), ormai uno del maggiori esponenti della nuova generazione di autori di Eretz Israel.
I racconti di Keret sono brevi, alcuni brevissimi ma sempre ironici e arguti. Paradossale e astratta, amara e velata di tristezza, la scrittura di Keret è una voce potente che squarcia il velo dell’apparenza per mostrare la realtà in tutte le sue sfumature. I personaggi sono tratti dalla vita quotidiana di un Israele combattuto e martoriato dalla tensione e dalla guerra latente, costantemente in bilico tra passato e presente. Ma il genio e l’ironia di Keret li prende per mano e li affranca dalla prosaicità del quotidiano per sublimarli in episodi surreali.

“L’uomo più paziente del mondo” sta seduto su una panchina e aspetta qualcosa ma nessuno sa che cosa. “Salomone il ricchione” è un bambino isolato dai compagni di scuola e non capisce per quale ragione. Amir e Keret acquistano da un venditore thailandese tremila boccette monouso, piene della sostanza di cui sono fatti i sogni per rivenderle in Israele: ma la sostanza funziona solo con loro cosi l’impresa fallisce.

Una notte tutti gli autobus muoiono e le strade si riempiono di carcasse con le ruote all’insù, “come insetti a pancia in su”. A una festa di compleanno un prestigiatore estrae dal cilindro un coniglio senza testa e grondante di sangue, cosi è subissato di richieste da parte di bambini sadici che vogliono ripeta il trucco al loro compleanno. Un altro prestigiatore riesce a farla in barba all’agente del fisco che intende pignorargli anche la cassa dei trucchi. Gur ha una teoria per tutto, ma il suo forte è quella sulla noia: nel novantacinque per cento dei casi, amori, guerre, invenzioni, pareti intonacate nascono dalla noia. Anche i poliziotti che una notte l’arrestano per possesso di marijuana lo fanno per noia.
Persino il demonio il cui compito è esigere la restituzione del talento da parte degli scrittori non può far a meno di commuoversi di fronte all’onestà dello scrittore che, dopo avergli offerto dolci e limonata, chiede soltanto di poter scrivere un’ultima storia. Poi, con candore, si sfila l’anima, stacca il nastro adesivo e toglie fuori il talento…

Ciò che accomuna i personaggi di Keret è la carica profondamente umana, la forza di vivere la vita sino in fondo anche di fronte agli eventi più sfigati. Personaggi che evidenziano il malessere e il disorientamento dell’uomo di oggi, ma che reagiscono a modo loro. A volte con comportamenti spiazzanti e folli. Eppure senza cedere mai allo sconforto. Magari cercando il senso vero dell’esistenza in un libricino comprato per corrispondenza a 19,99 shekel!

Keret lo scrittore scrive come un vecchio chassidico che racconta storie fantastiche di rabbini illuminati e allo stesso tempo come un comico graffiante che guarda alla realtà con leggerezza. Non a caso è lo scrittore più amato dai giovani. Ma ciò che narra è unico e originale, storie che nessun altro scrive e nelle quali tuttavia ognuno può ritrovarsi. Certamente a me non è mai capitato di essere piantato in asso dalla fidanzata di turno sempre e invariabilmente su un taxi. O di andare al cinema e finire a letto con Venere, sì proprio lei, la dea romana della bellezza. E a voi? Mmm, non credo. E non ditemi che ogni donna è Venere perché potrei anche darvi ragione…

Di Etgar Keret vi consiglio di leggere:
La notte in cui morirono gli autobus
Abram Kadabram
Io sono lui
Gaza blues (con un racconto lungo dell’autore palestinese Samir El-Youssef)
tutti editi dalle Edizioni e/o


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