È a Nairobi che si trova il cuore di Ethical Fashion Africa, organizzazione no profit nata grazie a un impegno congiunto delle Nazioni Unite e della World Trade Organization per consentire a comunità marginalizzate di mettersi in contatto con distributori e grandi case di moda internazionali come Fendi, Vivienne Westwood e Stella McCartney.
La Ethical Fashion Initiative è un programma dell'International Trade Centre (Itc), un'agenzia congiunta delle Nazioni Unite e dell'Organizzazione mondiale del commercio, che realizza prodotti di lusso valorizzando il lavoro manuale di micro-artigiani (per il 98% donne), gestito in maniera etica, con sede nelle comunità svantaggiate di Africa orientale e occidentale e Haiti.
Il concetto alla base di questa iniziativa è di puntare sull'impresa come mezzo per uscire dalla povertà.
Finora, il progetto ha coinvolto 7.000 micro-artigiani che lavorano per marchi e distributori della moda, tra cui Stella McCartney, Ilaria Venturini Fendi, Vivienne Westwood, Chan Luu, Sass & Bide, Osklen, United Arrows, Myers e Manor.
Obiettivo, "cambiare il modo in cui lavora la moda internazionale, un partner naturale nella lotta alla povertà.
Le scelte etiche permettono ai consumatori di fare del bene mentre la comunità dei produttori fa del bene. La Ethical Fashion Initiative include infatti un sistema di valutazione dell'impatto delle attività sulle comunità coinvolte, misurando le ricadute sui livelli di povertà, sulla sanità, sugli alloggi e i servizi igienico-sanitari, l'accesso all'istruzione.
Tutte le attività del progetto sottostanno a un rigoroso codice che garantisce una produzione etica al 100%, attenta alla tutela dell'ambiente e in cui ogni lavoratrice guadagni un salario dignitoso.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)