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Etna Comics 2012: Fumetto Mon Amour

Creato il 27 settembre 2012 da Dietrolequinte @DlqMagazine
Etna Comics 2012: Fumetto Mon Amour

La seconda edizione di un evento come l’Etna Comics aveva solo due possibilità di fronte a sé: o inebriare o abbattere le attese, poiché anche una sterile riconferma sarebbe stata percepita come un semi-fallimento. La fiera del 2011 era stata vissuta dagli addetti ai lavori come una specie di puntata pilota, importante sì per allestire la base, ma soprattutto per prendere coscienza sul campo delle criticità migliorabili. Spinta dal successo di quell’esordio, bagnato dalla considerevole cifra di 25.000 presenze e dallo stupore politico della città di Catania che l’aveva ospitata, la Medéa Communications, organizzatrice e anima dell’evento, ha capito di avere tra le mani una forza logistica ancora maggiore rispetto al potenziale lasciato intravedere al suo primo anno. Sia sul sito ufficiale (www.etnacomics.com) che in sede di conferenza stampa, Antonio Mannino, direttore generale della manifestazione, aveva alzato l’asticella del rischio puntando sulla caratura nazionale e perfino mondiale di alcuni ospiti, e su una maggiore estensione di superficie. Grande è stata quindi l’attesa per giorno 14 settembre, data in cui il Centro Fieristico Le Ciminiere del capoluogo etneo ha aperto i battenti per questa seconda edizione dell’Etna Comics. Ebbene, le aspettative sono state largamente soddisfatte. Quest’anno l’esposizione è stata estesa su tre plessi, separati tra loro soltanto da un centinaio di metri. Il primo edificio, quello principale, sede di tutte le conferenze e workshop, è stato quello che ha subito il restyling più efficiente. La suddivisione in tre piani ha favorito una maggiore presenza di stand e mostre, ancora più numerosi dell’anno passato, ma soprattutto meglio disposti rispetto al senso di ingenuo affastellamento che si coglieva nella prima edizione. Inoltre le sale dedicate agli incontri sono state finalmente pensate ad hoc e non più ritagliate tra scarne pareti di cartongesso.

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Molto coraggiosa, e finalmente in linea con l’idea che una fiera del fumetto che si rispetti debba funzionare da volano per la conoscenza di realtà minori, si è rivelata la scelta strategica (strategica proprio perché all’entrata) di dedicare tutto il piano terra alle case editrici. Tra alcuni colossi del settore, quali la Star Comics o la Panini, era possibile trovare un sunto abbastanza eterogeneo della scena editoriale italiana, come la BeccoGiallo, specializzata in graphic novel che racconta su strisce pezzi di storia del nostro Paese (il delitto Pasolini o quello di Peppino Impastato erano tra i più interessanti) o la Tunué, il cui catalogo comprende testi come “Professione sceneggiatore” o “Manuale di lettering” che analizzano con competenza alcuni settori marginalizzati dalla critica accademica. La maggiore disponibilità di spazio ha permesso l’attivazione di una cosiddetta Pro Zone, che ha dato la possibilità agli aspiranti fumettisti di incontrare i maggiori editor del settore per la consegna e la discussione dei propri lavori. Sempre al piano terra è stata predisposta la mostra di uno dei più fortunati fumetti italiani, Diabolik, ormai vero e proprio brand che si estende su più media, dal film culto di Mario Bava alla serie animata prodotta dalla Fox, entrambi regolarmente proiettati all’interno dello spazio riservato. Notevole da questo punto di vista la presenza di Tito Faraci, famoso sceneggiatore della serie e di altre preclare testate come Dylan Dog e Tex.

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Il piano superiore è stato totalmente riservato al merchandising e naturalmente è quello che ha visto la presenza maggiore di orde di fan disposti a spendere tutti i loro denari per accaparrarsi un gadget sfizioso sulla serie preferita o su un’edizione introvabile. Anche su questo settore prettamente commerciale la cernita ha prodotto risultati migliori: spariti quel paio di stand di provenienza locale che avevano esposto i loro fondi di magazzino, quest’anno sono stati invece presenti banchetti che hanno offerto primizie e chicche ben pubblicizzate dai loro venditori, finalmente dei veri esperti. L’ultimo piano è stato riservato per la maggior parte ai videogiochi e nonostante gli altisonanti 300 metri quadrati strillati dal programma, ha rappresentato come l’anno scorso la nota dolente in quanto a partecipazione di pubblico. Il problema non è stato di certo la varietà di titoli – visto ad esempio che alle postazioni era già possibile giocare al nuovissimo Tekken Tag Tournament 2 (con la presenza del campione europeo) – ma la perpetuata carenza organizzativa dell’anno precedente, decidendo di recintare i pochi videoludici all’interno di un perimetro al quale non era possibile accedere per i semplici spettatori. Inoltre la ridotta dimensione dei monitor e l’assenza di un maxischermo dove magari proiettare alcune delle sfide, hanno fatto sì che l’area venisse marginalizzata ai partecipanti e snobbata dagli astanti. Il difetto che si può allora imputare è proprio questo: l’eccessiva settorializzazione e uno scarsissimo coinvolgimento dei visitatori, che sarebbero probabilmente accorsi a frotte se saputi attrarre a dovere.

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Accanto all’edificio principale sono stati aperti al pubblico due nuovi plessi: uno di essi, denominato “Altri Mondi”, ha ospitato uno spazio permanente dedicato allo steampunk e quello della “Legione 501”, un club di volontari appassionati della saga di Star Wars. Questi ultimi, nella conferenza da loro presieduta, hanno confermato in toto la simpatica maniacalità che li contraddistingue all’interno del mondo transmediale, raccontando con passione i sacrifici e gli aneddoti per costruirsi vestiti uguali a quelli dei propri eroi. Sede invece del torneo di spada è stata una piccola arena poco conosciuta delle Ciminiere. Una piccola nota di colore: nella finale di uno dei tornei, quando un estemporaneo acquazzone imperversava su Catania, i due duellanti, presi dalla foga, hanno deciso di giocarsi la vittoria lasciando l’area protetta per battersi su un prato. Questo a ulteriore dimostrazione del bel clima di festa che si è respirato per tutta la manifestazione. Il plesso che ha ospitato lo Japan Center è sembrato, dal canto suo, la personificazione del tipico otaku. L’idolatria verso tutto ciò che proviene dal Sol Levante attraverso l’accatastamento caotico di realtà tra loro divergenti ne è stata la prova. Il bar, ad esempio, ha visto la presenza delle maid (cameriere giapponesi dal vestito facilmente riconoscibile) col compito di allietare con un balletto gli ospiti. Il servizio e la qualità del cibo (inclusa quell’acqua bollente che hanno l’ardire di chiamare caffè) sono risultati però dilettanteschi e, seppure la volontà di fornire uno sguardo panoramico sul mondo nipponico sia stata encomiabile, in certi casi ha prodotto risultati confusionari. I bei Diorama di Giuseppe Palumbo, conosciuto come Hitokiri, sono stati infatti nascosti nell’antro di un corridoio e raggiungibili fortunosamente. Che la presenza otaku fosse preminente all’Etna Comics si è potuto evincere, oltre che dai coloratissimi e curatissimi cosplayer, anche dalla folta presenza di pubblico presente già dal pomeriggio all’Anfiteatro, sede della sfilata di costumi originali.

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Ma naturalmente il clou della prima giornata è stata la presenza di Cristina D’Avena e Enzo Draghi, inavvicinabili come rockstar e circondati dall’affetto delle numerose legioni di fan. Prima di loro sul palco si sono esibiti i Parimpampum, colorita band locale i cui componenti erano vestiti come alcuni personaggi di storici anime. Il gruppo ha saputo spegnere possibili spifferi di campanilismo da parte della critica suonando con convinzione e bravura moltissime sigle di cartoni animati celebri. Dal loro repertorio sono rimasti significativamente fuori pezzi degli anni 2000, a dimostrazione che le recenti sigle piene di campionatori non permettono a una band classica di strumentisti di appropriarsene, e che l’effetto nostalgia verso gli anni passati resta persistente nel pubblico che ama ancora ascoltare quelle canzoni. I presenti però sono sembrati un po’ refrattari all’eccessiva sdolcinatezza di brani dai versi imbarazzanti e dai suoni così rallentati. D’altronde questi momenti di parziale rifiuto sono stati gli unici atti maturi che i partecipanti all’Etna Comics si sono concessi. La serata musicale è stata infatti, senza giri di parole, un trionfo di partecipazione ed energia. Migliaia di persone hanno inneggiato alla presenza contemporanea di Giorgio Vanni (sorpresa della giornata non annunciata in cartellone) e Cristina D’Avena come se stessero suonando insieme i Beatles e i Rolling Stones. Quando è stato il suo turno, Enzo Draghi, presentatosi con l’aura da cantautore, ha saputo catturare le simpatie del pubblico maschile arrivando fino alla raucedine nei pezzi vocalmente più impegnati, come nelle sigle delle “Tartarughe Ninja alla riscossa” e de “I cinque samurai”. Cristina D’Avena invece ha intrattenuto i fan con la sua eterna aria da folletto e la sua voce che non è cambiata di un semitono nel corso degli anni. In effetti, la prova ufficiale che possa essersi conservata così intonsa è stata data da questo concerto, dove spesso veniva coperta dalle strida estatiche dei suoi ammiratori. Ammaliati da tanto sentimento, che oscillava tra nostalgia e rimpianti, i ragazzi (di quale età non importa in occasioni come queste) hanno avuto da recriminare su determinate canzoni che sono mancate all’appello. Ma con un repertorio vasto come quello era impossibile accontentare tutti. Se nella prima edizione l’Etna Comics era un neonato dalle bellissime fattezze ma ancora troppo acerbe, quest’anno la fiera catanese del Fumetto si è rivelata un piacente giovanotto, che promette di diventare un uomo stimato.

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