Etnicità 14: Il caso: la «nazione» Dené.

Creato il 06 gennaio 2014 da Davide

Gli indiani dell’area del fiume Mackenzie in Canada cominciarono a cercare rappresentazione politica non appena ne ebbero la possibilità; tuttavia una società che cerca di controllare una vasta area e che costituisce una minoranza non può presentare rivendicazioni oltre un certo livello. Così, dato che i gruppi di lingua athapasca che chiamano genericamente se stessi Dené, «la gente», costituiscono dei raggruppamenti umani molto poco numerosi, decisero di fare delle alleanze tra di loro e con i Métis, per superare i bianchi di numero. Non riuscirono mai a raggiungere la situazione dell’Artico orientale, dove gli Inuit costituiscono l’80% della popolazione ma, dopo la pubblicazione del White Paper, cominciarono a fare rivendicazioni radicali.

Intorno al 1973 iniziarono vivaci negoziati tra gli indiani e il governo federale e nel 1978 fu firmato un accordo con il Comitato per i Titoli dei Popoli Indiani, che rappresentava più di 2000 Inuit dell’Artico occidentale, un’area attaccata al distretto dei North-West Territories. Nella Valle del Mackenzie cinque bande, che assommavano a circa 8000 individui, adottarono il nome generico di Nazione Dené e, insieme a 5000 Métis, emanarono la Dené Declaration del 1980, in cui chiedevano un governo autonomo dotato di pieni poteri sul popolo che costituiva la nuova nazione. Questo documento divenne un punto di riferimento a cui attaccare ogni tipo di rivendicazione; il governo federale respinse le proposte Dené, ma cominciò in seguito a negoziare. Nel 1983 la Nazione Dené era composta da 14.000 persone di varia origine etnica; alcuni erano i discendenti di gruppi che nel 1899 e nel 1921 avevano fatto accordi con il governo federale, con cui avevano rinunciato ai diritti che avevano sulle loro terre. Ora questi accordi erano contestati, con l’accusa che gli indiani erano stati imbrogliati, cioè non avevano capito il significato degli accordi. Le rivendicazioni Dené legavano le rivendicazioni sulle terre all’autodeterminazione, e il governo canadese, pur rifiutando l’idea di strutture politiche basate sulla razza, accettò di discutere il bisogno di rafforzamento dell’autonomia indiana.
In questo modo il governo separò le rivendicazioni territoriali da quelle politiche; gli indiani all’inizio respinsero le proposte di Ottawa, ma poi accettarono di discutere le due questioni separatamente, anche influenzati dai loro consiglieri bianchi. I Dené avevano cominciato a fare le loro rivendicazioni dopo il 1970, quando si dichiararono in disaccordo con la costruzione di un oleodotto attraverso la Mackenzie Valley; il governo federale, ammaestrato dalle vicende del megaprogetto idroelettrico che portò all’Accordo di James Bay, decise di fare un’analisi di impatto ambientale, sociale ed economico dell’oleodotto progettato sull’ambiente e la popolazione della zona e si affidò a un esperto di affari indiani, il giudice Berger della Corte Suprema della British Columbia, che aveva già rappresentato i Nishga nelle loro rivendicazioni. Il giudice ascoltò le ragioni dei Dené e le trasmise all’opinione pubblica, perché potesse prendere coscienza del problema. Per risolverlo egli suggerì che i Dené partecipassero in termini di eguaglianza alla stesura del tracciato dell’oleodotto insieme all’azienda costruttrice, raccomandò che il governo canadese finanziasse le organizzazioni indiane, i gruppi ambientalisti e le autorità locali, in modo che potessero cooperare politicamente. Come risultato i Dené poterono assumere avvocati e scienziati per rappresentare le loro ragioni. Il rapporto del giudice Berger sosteneva inoltre che l’impatto dello sviluppo socioeconomico secondo i criteri dei canadesi del sud non doveva essere divorziato dalle rivendicazioni sulla terra e dal diritto all’autogoverno dei Dené, risolvendo la questione in termini diversi dal passato.
La richiesta dei Dené di essere trattati come una «nazione» fu respinta: la pretesa di un minuscolo gruppo di persone di cui molti di origine etnica incerta di governare un territorio immenso e ricco, venne considerata esagerata in via di principio e fuori della cornice costituzionale canadese. Berger, però, non vedeva impedimenti a concedere il titolo indiano alla terra o un certo grado di autogoverno nei North-West Territories e raccomandò una moratoria di dieci anni nella costruzione dell’oleodotto per poterne verificare l’impatto. Il governo e la Dené Nation accettarono un accordo, che ritardava di due anni l’inizio dei lavori in uno dei villaggi più interessati e ripresero i negoziati su altri fronti. I punti di disaccordo vertono soprattutto sull’uso del denaro, l’amministrazione della giustizia, l’azione della polizia, l’insufficiente attenzione alla salute degli indiani e sull’istruzione dei bambini e degli adolescenti secondo un modello occidentale. La situazione, comunque, è ben lontana dallo stato di marginalizzazione cui sono condannati gli indiani in altre parti delle Americhe (Junquera1992).(segue)

Junquera, Carlos, Canadian Public Opinion Vis-a-vis The Authochtonous Populations of the Mackenzie River, 1960-1990, in European Review of Native American Studies 6:2 1992.

Dene, Wikipediahttp://en.wikipedia.org/wiki/Dene)


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