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Ettore, campione dei troiani

Creato il 03 marzo 2014 da Media Inaf
Rappresentazione artistica dell’asteroide Hektor e della sua luna. L’interno dell’asteroide, composto da una mistura di rocce e ghiaccio, è mostrato in sezione. Crediti: H. Marchis & F. Marchis

Rappresentazione artistica di Hektor e della sua luna. L’interno dell’asteroide, composto da una mistura di rocce e ghiaccio, è mostrato in sezione. Crediti: H. Marchis & F. Marchis

624 Hektor è un asteroide decisamente interessante. Scoperto nel 1907, con i suoi 250 km di larghezza è il più grande degli asteroidi “troiani” che si muovono sulla stessa orbita di Giove. Ha una forma estremamente allungata e orbita su sé stesso in meno di sette ore. Unico fra i troiani, possiede anche una luna, scoperta nel 2006 da un team guidato da Franck Marchis del SETI Institute. Ora, dopo otto anni di osservazioni, un team internazionale di astronomi guidato dallo stesso Marchis, ha pubblicato uno studio su Astrophysical Journal Letters che getta nuova luce sull’origine e sulle bizzarre caratteristiche di 624 Hektor e della sua luna.

Lo studio, basato principalmente su osservazioni effettuate con il potente telescopio ad ottica adattiva del W. M. Keck Observatory alle Hawaii, suggerisce che l’asteroide e la sua luna possano essere il frutto di una collisione tra due asteroidi ghiacciati, catturati nella fascia di Kuiper dall’attrazione gravitazionale di Giove mentre il gigante gassoso ricollocava la propria orbita nel sistema solare, all’alba della sua formazione.

La luna, che ha un diametro di circa 12 km, orbita attorno all’asteroide ogni tre giorni, a una distanza di circa 600 km e con un’inclinazione di almeno 45 gradi rispetto all’equatore del corpo principale. Il calcolo della sua orbita è stato particolarmente laborioso, sia per le difficoltà d’osservazione che per il suo percorso bizzarro. “L’orbita della luna è ellittica e inclinata relativamente alla rotazione di Hektor, il che è piuttosto diverso da quello che osserviamo in altri asteroidi con satelliti nella fascia principale”, ha spiegato Matija Cuk, scienziato del Carl Sagan Center al SETI Institute, tra gli autori della ricerca. “Tuttavia, dalle nostre simulazioni al calcolatore risulta che l’orbita della luna è stabile lungo miliardi di anni.”

Non si conoscono le esatte fattezze di 624 Hektor, ma il gruppo di ricerca ha raffinato un modello secondo cui l’asteroide ha una forma bilobata. Gli scienziati ritengono che questa strutture duale sia stata determinata da una collisione a bassa velocità tra due asteroidi, mentre la luna potrebbe essersi originata da materiale espulso durante la collisione.

Anche la peculiare composizione dell’asteroide offre importanti informazioni sulla sua origine. “Nel nostro studio abbiamo dimostrato che Hektor potrebbe essere costituito da una mistura di rocce e ghiaccio, una composizione simile agli oggetti della fascia di Kuiper, di Tritone e di Plutone”, ha detto Julie Castillo-Rogez del Jet Propulsion Laboratory NASA, uno dei partecipanti allo studio. “Il motivo per cui Hektor sia divenuto un asteroide troiano, localizzato a sole 5 volte la distanza Terra-Sole, è probabilmente legato alla ridisposizione su larga scala avvenuta all’epoca in cui i pianeti giganti stavano ancora migrando nel sistema solare.”

La complessa forma dell’asteroide e l’orbita bizzarra della sua luna saranno materia di discussione per la comunità scientifica. Nel frattempo, gli autori della ricerca sono alla ricerca di un nome per la luna, che non ne ha ancora uno proprio. Sono benvenuti i suggerimenti che rispondano a due requisiti: il nome del satellite deve essere strettamente connesso a quello del corpo primario, nonché riflettere le dimensioni relative tra i due.

Per saperne di più:

  • Il preprint dello studio “The puzzling mutual orbit of the binary Trojan asteroid (624) Hektor” di F. Marchis, J. Durech, J. Castillo-Rogez, F. Vachier, M. Cuk, J. Berthier, M.H. Wong, P. Kalas, G. Duchene, M. A. van Dam, H. Hamanowa, M. Viikinkoski
  • L’articolo di Media INAF “Stregati da Giove

Fonte: Media INAF | Scritto da Stefano Parisini


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