Sono molto felice di poter ospitare sulle pagine del mio blog gli scritti del mio amico Giovanni Valchino. Con Giovanni condividiamo la passione per tutto ciò che è misterioso, diverso ed insolito. Ritengo che sia un bravo scrittore, e che i suoi scritti meritino un pubblico più vasto. Gli dono volentieri il mio piccolo spazio.
In questa serie di post abbiamo deciso di pubblicare "a puntate" un libro che ha per protagonisti due giovani ragazzi (Ettore, il protagonista, e Claudia, la sua coraggiosa compagna) alle prese con le domande ed i problemi della vita di oggi. Le risposte che troveranno nel mondo dei grandi saranno uno specchio impietoso della nostra società, e i due ragazzi capiranno col tempo che la Verità si nasconde in un posto insospettabile.
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Mi chiamo Ettore, ed ho conosciuto Claudia quando avevo otto anni. Con la sua famiglia (sua madre, lei ed il loro cane) vennero ad abitare nell'appartamento accanto al nostro verso la fine delle vacanze estive. Quando li vidi arrivare per la prima volta notai subito il fatto che in quella famiglia non mancavano di certo doti che io al tempo ritenevo prettamente maschili. Nella mia famiglia i ruoli erano infatti molto netti: mio padre dava gli ordini e mia madre sistemava tutto con pazienza, per far sì che le faccende andassero avanti comunque nel miglior modo possibile. La madre di Claudia riuniva invece in sè queste doti, organizzando con polso il trasloco delle loro cose: ordinava ai facchini quali scatole prendere per prime, in quale stanza della casa lasciarle, con una sicurezza che mi colpì. Notai che Claudia restava in silenzio, con in braccio il suo cane, ad attendere che le sue cose fossero portate in camera. Dopodichè chiuse la porta, disinteressandosi di ciò che capitava in casa, ed io non la vidi più per qualche giorno.
Eravamo ai primi di settembre e di lì a poco sarebbe iniziata di nuovo la scuola. Io ero molto eccitato, perchè sapevo che avrei finalmente rivisto i compagni che avevo lasciato alla fine dell'anno precedente. Quell'anno compivo dieci anni ed iniziavo la quinta elementare. Il primo giorno di scuola noto Claudia, da sola, che attende la campanella nel cortile della scuola. Vengo a sapere che siamo di nuovo nella solita aula dell'anno precedente e mi accomodo nel banco che precedentemente occupavo. Accanto a me c'era Giorgio, anch'egli eccitato per il nuovo anno che stava per iniziare. Qualche minuto prima dell'inizio della lezione Claudia entra nella nostra classe, guardandosi un po' intorno. Mi riconosce, ma non cerca il mio sguardo. Si sistema sul banco vuoto di Giuseppe, in ultima fila, che era stato bocciato e che avrebbe quindi ripetuto la quarta. Ho un attimo di agitazione: l'ultima fila era tutta di Vincenzo, il ripetente, e della sua banda, gente con cui era meglio avere a che fare il meno possibile. Sono emozionato nel vedere cosa sarebbe accaduto. Vincenzo la osserva, ma per primo si muove un suo compare, Federico. "Non puoi stare qui" le dice. Lei lo guarda negli occhi: "E' già occupato da qualcuno?". Lui risponde avvicinandosi minacciosamente: "No. Questo posto è nostro, vogliamo stare tutti in ultima fila". Claudia osserva la situazione: non sembra affatto spaventata, e tiene lo sguardo fisso su Federico che lentamente inizia ad allontanarsi, vagamente intimorito. Claudia rimane qualche interminabile secondo in silenzio, poi dice: "Questo posto ora è mio". Federico esaurisce il coraggio e fa un passo indietro, cercando il suo capo. A questo punto arriva Vincenzo: "Ragazzina, ti abbiamo già detto che questo posto non lo puoi prendere. Punto". Claudia sorride: "Ah, tu sei il capo della banda, vero? Dovresti scegliere degli scagnozzi migliori, quelli che hai non valgono nulla. Mi sembra che anche tu come capo non sei un granchè, se per difendere il territorio da una femmina mandi avanti un altro. Credo che in fondo sei un codardo. Dimmi, i vestiti la mattina te li sceglie ancora la mamma?". Ho un balzo al cuore: non avevo mai visto nessuno trattare Vincenzo così. La mia paura sale alle stelle: dove ha trovato il coraggio?Vincenzo si avvicina minacciosamente alla ragazza, ma in quel momento entra la maestra. Ci rivolgiamo verso di lei, ma tutti siamo ormai ansiosi di vedere come finirà lo scontro in fondo all'aula. Vincenzo, accorgendosi dell'insegnante, sussurra a Claudia che avrebbero fatto i conti dopo. Claudia lo indaga con occhio fermo, come per cercare di scoprire qualcosa, e poi si mette a sedere.
La mattina scorre velocemente, e al momento del pranzo scendiamo tutti in refettorio. Io osservo cosa sta accadendo dietro di me, quando noto che Vincenzo sta avanzando velocemente verso Claudia: probabilmente ha deciso di spingerla per fargli fare un bel ruzzolone giù per le scale. Claudia si accorge delle intenzioni del ragazzaccio e, con gesto rapido, si scansa all'ultimo secondo. Vincenzo, grande e grosso, non fa in tempo a fermarsi: si sbilancia e cade giù per le scale. La maestra dal fondo vede tutto e chiede a Vincenzo come ha fatto a cadere. Piangendo come una fontana, accusa Claudia di avergli fatto uno sgambetto. Claudia risponde immediatamente: "Maestra, io non gli ho fatto lo sgambetto. Come avrei potuto, se ero davanti a lui? Lui ha cercato di spingermi giù dalle scale: nel farlo è inciampato ed è caduto. Ha cercato di spingermi perchè io, una femmina, lo ho sfidato, mettendo in discussione il suo controllo sull'ultima fila della classe. Lui ora mi accusa di averlo fatto cadere, come se non avesse nulla da nascondere, ma bisognerebbe chiedergli cosa fa un coltello a serramanico nel suo zaino, e con quali intenzioni è venuto a scuola con un oggetto del genere". Fra di noi cade il silenzio: l'evidenza del ragionamento, la perfezione delle parole, il tono severo della voce ci hanno profondamente colpito. Anche se tutti conosciamo il coltello di Vincenzo, nessuno di noi aveva mai avuto il coraggio di denunciarlo. La maestra è così colpita che porta subito Vincenzo in aula, senza chiedergli nulla. Gli scagnozzi si guardano intimoriti. Io ancora non riesco a comprendere chi sia veramente la ragazza che si è aggiunta alla nostra classe, ma sento già di ammirarla profondamente.