“Lui c’era dentro già da tempo, ma in pochi, oltre gli addetti ai lavori, se ne erano accorti! Estro, di sicuro ne aveva e anche spirito di iniziativa, se a 15 anni si era presentato con le sue vignette satiriche in mano, a riviste famose come ”Il Travaso delle idee” e “Marc’ Aurelio”. Negli anni ’20 e ’30, dopo aver tentato invano un po’ di mordace satira al regime fascista, quelle popolarissime riviste avevano finito in realtà per esserne completamente asservite. Sarà stato forse perché, nell’immediato dopoguerra annaspavano un po’ in cerca di nuove formule e nuovi autori, non compromessi, che finirono per prendersi le vignette di quel ragazzino… Tanto che a 20 anni lui era diventare un collaboratore fisso del Marc’Aurelio, mentre terminava gli studi di Giurisprudenza…
Indubbiamente un modo un po’ tortuoso per arrivare al Cinema… Ma aveva un gran vantaggio.. Viveva a Roma e non era poi così distante da quei mitici studi di Cinecittà, che dopo il neorealismo duro alla Rossellini, i “Pepli” degli anni ’50 e il Neo – realismo rosa di “Poveri, ma belli”, stava aprendo alla sua più fantastica stagione artistica e commerciale…“Commedia all’Italiana” è un termine un po’ generico, a ben vedere, un contenitore dove dentro ci si poteva trovare di tutto, ma una base in comune c’era … La satira di costume tutta aderente alla nuova realtà e, un’amarezza di fondo, che si intreccia ai tradizionali contenuti comici della commedia. In quel momento tutto stava cambiando in Italia… Dalle macerie del dopoguerra un agguerrito gruppo di grandi e piccole imprese aveva lanciato il “miracolo economico”… E gli italiani, nel benessere, assorbivano come spugne nuovi comportamenti…
Al cinema, che in Cinecittà trova la sua prima bandiera, avviene un miracolo nel ”Miracolo”. Senza voler fare paragoni di poco rispetto, succede un po’ quello che, ad altro livello, era avvenuto per gli artisti del Rinascimento… In confronto il neorealismo era stato portato avanti solo da quattro geni e, per lo più, incompresi, ma per la “Commedia all’Italiana” è già pronta un’intera generazione di grandi interpreti, registi, sceneggiatori, attori, persino tecnici delle luci come Vittorio Storaro… In quel contenitore ci andranno a finire parecchi vizi e poche virtù… Emancipazione femminile e libertà sessuale di sicuro, ma anche corruzione e volgarità come stili diffusi di vita…
Difficile individuare la prima commedia all’italiana… Bagliori e presentimenti c’erano già da parecchio… Per lo più come capostipite si cita ” I Soliti Ignoti” anche se manca l’ambientazione borghese, così cara al
genere. E’ una parodia dei “caper movie” con poveri disgraziati a far da comici … Ma sono comici assolutamente nuovi, ben lontani dalla marionetta appesa agli immaginari fili del circo o dell’avanspettacolo, mentre volteggia fra gag, giochi di parole, gesti buffi o nonsense… Ora l’attore ha i dialoghi certi delle sceneggiature fatti di quotidiano e di realtà con riferimenti sociali, chiari al pubblico che li conosce e li vive spesso in prima persona…Dopo i “Soliti Ignoti” non ci saranno più freni e in poco più di un anno arrivano i grandi successi de “La grande guerra”e “Tutti a casa” dove i ricordi di guerra sono alleggeriti nell’ironia, mentre “Il Vedovo”, diventa il prototipo degli scadenti personaggi infiltrati nella nuova industria..
Lui, Ettore Scola, a Cinecittà c’era già arrivato da parecchi anni e tutta l’esperiena satirica accumulata nel Marc’Aurelio era la manna dal cielo per la novissima commedia, ma sono in pochi ad accorgersi che esiste… Non l’accreditano mai… “In realtà ho iniziato come negretto, scrivendo per altri senza apparire. Avevo dei grandi modelli: Fellini, Amidei, Zavattini, ma scrivevo anche sketch per Totò, Macario, Tino Scotti e Alberto Sordi”… Nel 1954 firma assieme a molti altri la sua prima sceneggiatura ufficiale, “Un americano a Roma” e poi altri film importanti come “Il Sorpasso”, ma alla regia arriva tardi, nel 1964, dopo una lunga gavetta e l’opera non è un successo… “Se permettete parliamo di donne” è un film a episodi dove il protagonista maschile è sempre Vittorio Gassman e le attrici cambiano… “Una serie di barzellette,” lo liquiderà in fretta Tullio Kesich…,
Ma nel 1968 le cose cambiano e travolgente arriva il successo… “Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa?” si ispira a un fumetto di Topolino che assieme a Pippo va a cercare in Africa l’amico Pappo. La commedia punta il dito sul provincialismo arrogante del parvenu, che si muove in Africa col piglio del colonialista dell’800… Certo la recitazione sempre un po’ esasperata di Alberto Sordi lo butta più sul comico che sul satirico, allontanandolo un po’ dagli intenti moralizzatori di Scola contro una società fatua e superficiale, ma il personaggio di Titino – Manfredi, con i suoi imbrogli tutti italiani, l’arte di riciclarsi come stregone e lo struggente ritorno finale nella Tribù, lascia una nuova consapevolezza anche nel prepotente editore… Forse è solo un momento ma vorrebbe anche lui scappare dalla futile ”civiltà”…
Dopo, Ettore Scola diventerà uno dei protagonisti assoluti … “Brutti, sporchi, cattivi” è un film pieno di personaggi anche fisicamente sgradevoli… un apologo di come la miseria renda squallidi e cattivi… Scola, fervente comunista aspetta chiaramente il “Sol dell’avvenire” e il riscatto sociale…«Si – dirà Scola a proposito dei suoi anni ruggenti – io credo che… un certo cinema italiano, è stato molto vicino alla politica…. Ad esempio, quando per “Dramma della gelosia, tutti i particolari in cronaca” dovevo girare la scena del comizio, ho preferito aspettare quello del Partito Comunista, e proprio quello di Pietro Ingrao in Piazza San Giovanni a Roma, non solo perché ho sempre percepito nel partito comunista una vicinanza ideale, ma perché ho sempre pensato a Pietro Ingrao, come al politico più vicino ai drammi della povera gente». Oreste ormai ridotto a una larva di disperazione dopo l’abbandono della sua donna, incontra in piazza il segretario della sezione del partito che all’apparizione di Ingrao sul palco, lo conforterà dicendo «Senti Pietro, adesso…dai» e Oreste, fiducioso come davanti a un taumaturgo, risponderà «Si, si, sento Pietro»… E poi, in un impegno senza mediazioni, Scola filmerà i Festival dell’Unità, quando era viva la saldatura fra popolo e politica… Più in là anche “I funerali di Berlinguer,” l’amatissimo capo del partito…
Ma era impietoso e acre verso i compiaciuti intellettuali della sinistra che utilizzavano la cultura per disprezzare e sentirsi superiori… ”C’eravamo tanto amati” è del 1974… Forse è prima di tutto un’elegia a Roma, commossa e silenziosa, fra piazze notturne e luoghi poco noti, dove tornano a incontrarsi Gianni, Antonio e Nicola, tre partigiani amici che, che alla fine della guerra si erano divisi. Nicola era andato a insegnare, Antonio a fare il portantino in ospedale, Giann a laurearsi… Solo Antonio era rimasto fedele agli ideali di gioventù mentre Gianni aveva trovato, in vie disoneste, ricchezza e potere, sposando la figlia di un palazzinaro senza scrupoli… Ma gli strali più cattivi Ettore Scola li riserva a Nicola che fra una sconfitta e l’altra era diventato la caricatura dell’intellettuale presuntuoso ” di sinistra,” lontano da ogni visione critica della società, solo farsa retorica di se stesso con sterili e puntigliose polemiche…
In giro per il mondo forse il film di Scola più conosciuto è “Una giornata particolare”, la storia di due esclusioni… Un omosessuale destinato al confino dal regime fascista e una casalinga intristita dalla fatica di vivere… E’ il maggio del 1938, e nel condominio popolare quasi deserto, perché la gente, piena di allegra baldanza, è andata alla parata, echeggia a raffiche, sgradevole e trionfante, la voce della radio che descrive l’arrivo a Roma di Adolf Hitler. Per un momento brevissimo Antonietta e Gabriele si ameranno, in un disperato abbraccio di comprensione reciproca… Poi mentre Gabriele viene portato via dalle guardie che lo scorteranno al confino, Antonietta aspetterà il ritorno della sua famiglia fascista… Ma alla giornata particolare resta un filo di speranza… Antonietta che legge il libro che le ha regalato Gabriele… E’ un’ opera di Alexandre Dumas dove si parla di popolo che prende coscienza…Era stato fra gli ultimi a partecipare alla Commedia all’Italiana… Sarà anche l’ultimo ad uscirne… ” La Terrazza” del 1982.. è considerato una firma di epilogo… Amara e senza speranze sul fallimento professionale, ma prima ancora morale, di cinque amici che attraversano la crisi di un mondo senza più ideali…
Anche Ettore Scola come gli altri cercherà vie diverse, molte ancora segnate dall’ispirazione e dal successo, come l’affresco corale e storico de “La famiglia” o l’intimissimo “Che ora è” sul difficile dialogo figli – genitori, con una scrittura affascinante che appartiene al miglior Scola sceneggiatore… poi comincerà a diradare il suo lavoro… C’è un commosso ritorno alla sua città nel documentario “Gente di Roma” e poi quasi dieci anni di silenzio…
Poco tempo fa Scola, con quel suo sorriso dagli occhi tristi confessava di non avere più idee, anzi precisava ”le idee ci sarebbero, ma non hanno più niente a che fare con il cinema.” e invece non era vero niente! Al cinema sta tornando… S’intitolerà “Che strano chiamarsi Federico!” e sarà un cercare Fellini a 20 anni dalla sua morte… racconterà tutta la ricchezza del cinema felliniano e sarà un collage di immagini di repertorio, momenti e ricordi sparsi… Si erano conosciuti ai tempi del Marc’Aurelio, un’amicizia mantenuta intatta… Per anni si erano divertiti a farsi visita sui rispettivi set … In “C’eravamo tanto amati” Scola aveva voluto inserire nella sua Roma notturna, Federico mentre girava “La dolce vita” a Fontana di Trevi…
Ci possono essere tanti modi per portare avanti un’amicizia, ma Scola ha dovuto sciegliere l’unico che oggi gli è stato possibile…
Spesso si mangia nei film di Scola… Per esempio all’inizio de “La Terrazza,” la padrona di casa richiama gli amici sparsi… “In tavola è pronto”… Ma forse la scena più graffiante è quella di Elide,in “C’eravamo tanto amati,” abbligata dal marito a mangiare solo insalata scondita e un uovo sodo, di fronte agli altri che affondano la forchetta in un celebrato, ricco, piatto romano, che poi a benvedere proprio romano non è…
I “Bucatini alla Matriciana” come li chiamano a Roma o forse più correttamente ”all’ Amatriciana,” nascono, come dice il nome, in quel di Amatrice, un paese del Lazio quasi di montagna, da cui già si scorgono le grandi montagne d’Abruzzo… La ricetta è antica ma la diatriba se si debba utilizzare aglio o cipolla seguita negli anni a schierare opposte fazioni… Però, trattandosi di un vecchio piatto, nato sui monti, siamo propensi a credere che la ricetta originaria impiegasse l’aglio, perché la cipolla richiede un territorio di pianura… Forse anche il pomodoro é un’ aggiunta posteriore… Quella che segue è la nostra scelta, con la possibilità ovviamente di qualche variante secondo i gusti… Qualcuno, per non far torto a nessuno, fa addirittura un mix fra aglio e cipolla!
BUCATINI ALLA MATRICIANAINGREDIENTI per 4 persone: bucatini grammi 400, guanciale (senza cotenna, di montagna, poco salato e ben stagionato) grammi 160, pecorino romano grattugiato grammi 80, 2 spicchi di aglio, sale, pepe e 1 peperoncino secco sbriciolato, 400 grammi di pomodorini piccoli rossi, preferibilmente quelli che colti freschi vengono fatti appassire in un mazzo appeso a un gancio.
PREPARAZIONE: Ponete sul fuoco una pentola con 4 litri di acqua e 4 cucchiaini di sale fino. Tagliate a tocchetti il guanciale che poi metterete in una padella già calda e appena unta di olio. Quando il guanciale comincerà a rilasciare il suo grasso, aggiungete gli spicchi d’aglio tagliati a metà e il peperoncino. Rosolate il tutto molto dolcemente sino a quando il guanciale diventi croccante. Poi con un mestolo traforato togliete dalla padella guanciale e aglio e mettete i pomodorini lavati e spaccati. Fateli cuocere per un massimo di 7 o 8 minuti, perché va conservato il loro sapore fresco. Nel frattempo avrete lessato i bucatini in acqua bollente, scolandoli ancora al dente. Nel piatto di portata conditeli col sugo, aggiungete il guanciale e l’aglio, quest’ultimo se piace, altrimenti buttatelo via perché comunque ha già rilasciato il suo sapore nel sugo. Spolverizzateli di pecorino e pepe e serviteli caldi.