Etty hillesum

Creato il 03 dicembre 2014 da Nicolaief

ETTY HILLESUM (1914-1943)

LA RIVOLTA DELL’ANIMA

Giovane ebrea olandese morta a 29 anni nel campo di concentramento di Auschwitz, dopo avere trascorso un anno, dall’agosto del ‘42 al settembre del ’43, a Westerbork, il campo di “smistamento” dove gli ebrei olandesi venivano ammassati in attesa della deportazione nei campi di sterminio.
Dell’esperienza nel campo di Westerbork, Etty Hillesum ci ha lasciato un DIARIO ’41-’43 e le LETTERE ’42-’43, scoperti e pubblicati negli anni ’80, oltre alla memoria dei sopravvissuti che la ricordano come una “personalità luminosa”.
Per comprendere l’eccezionalità e l’esemplarità della figura di questa giovane intellettuale(laureata in giurisprudenza e studiosa di filosofia )
occorre immaginare il luogo dove, pur avendo la possibilità di sottrarsi e fuggire, ella volle dare prova di sé, consapevole peraltro che quell’anno ’42-’43 quasi certamente sarebbe stato l’ultimo della sua vita:”Immaginate la ressa su quel mezzo chilometro quadrato a Westerbork, quasi come attorno all’ultimo relitto di una nave a cui si aggrappano migliaia di naufraghi sul punto di annegare…”.
Non è solo la totale dedizione ad alleviare, lei vittima tra le vittime, le paure e la disperazione di quegli esseri umani travolti, che ne fanno una maestra spirituale.
E’ il senso e il valore che Etty Hillesum ha dato a quell’esperienza in quelle tragiche condizioni.
Quando parliamo di maestri spirituali intendiamo non soltanto gli atti, le azioni, per le quali quegli uomini sono ricordati come giusti, ma anche, e soprattutto, le nuove vie che essi hanno tracciato con comportamenti e princìpi che l’umanità riconosce come degni di essere perseguiti per conquistare superiori modi di vivere.
Che ci insegna Etty Hillesum?Perchè è attuale il messaggio che ci ha lasciato?
Tra gli orrori del campo e la malvagità degli aguzzini, Etty Hillesum scopriva che il nemico primario non è fuori, ma dentro di noi che non sappiamo preservare quel “pezzetto di anima” che ci metta al riparo dall’abbrutimento.
E’ un impegno quotidiano, una ricerca assidua, una battaglia con se stessa, per trovare al fondo della propria anima, nel silenzio interiore che momentaneamente esclude la realtà, “nella chiusa cella della preghiera…la parte più essenziale e profonda di me che ascolta la parte più essenziale e profonda dell’altro:Dio a Dio”.
Capire quanto di superfluo ingombra la nostra esistenza, ridursi alla semplicità, percepire con che tutti siamo parte di una stessa trama spirituale, per cui il cammino dovrebbe essere quello di “contribuire a disseppellire Dio dai cuori devastati di altri uomini”.
Il Dio che Etty ha scoperto dentro di sé in quelle circostanze estreme, non è l’Onnipotente, ma un Dio fragile, inerme, anch’Egli bisognoso di aiuto di fronte all’inarrestabile dilagare del male, e perciò”se Dio non mi aiuterà, allora sarò io ad aiutare Dio”.
Affermazione di grande portata che capovolge il comune senso religioso:non Dio deve cercarmi e trovare me che inerte rimango in attesa del suo aiuto, ma io devo impegnare tutte le mie forze spirituali per vivere più interiormente, per far emergere Dio come insostituibile presenza di amore.
“Aiutare Dio” significa perciò non incolparlo di colpe che sono proprie degli uomini, significa caricarsi la responsabilità del male e del dolore presenti nel mondo.
Il grande, tragico errore che perverte l’umanità, sembra dirci Etty Hillesum, è quello di trovare sempre e comunque colpevole l’altro, mai noi stessi.Guardiamo agli altri ben volentieri di traverso, e siamo indulgenti, ci dimentichiamo facilmente di interrogare i nostri comportamenti.
Ma invero”il marciume che c’è negli altri, c’è anche in noi>, occorre ammetterlo con semplicità, e poi <raccoglierci in noi stessi e strappare via il nostro marciume”.
Tra le macerie della guerra e lo scempio delle persecuzioni, la giovane Etty coglie un aspetto di questa nostra storia contemporanea che persiste e, se possibile, si aggrava:”Lo spirito viene dimenticato, s’accartoccia e avvizzisce in qualche angolo”.
E’ ciò su cui bisogna premurosamente vigilare.
Accade, è umano sentirsi sopraffatti, avere la sensazione di ”sfasciarmi” sotto un peso enorme, ma non c’è alternativa, la soluzione non è fuori, ma dentro di noi:”Non credo si possa migliorare qualcosa nel mondo esterno senza prima aver fatto la nostra parte dentro di noi…dobbiamo cercare in noi stessi, non altrove…”
Scelte politiche, meccanismi economici, istituzioni, non debbono farsi complici dell’orrore, debbono assennatamente contribuire ad elevare, ma tutto ciò potrebbe rivelarsi inutile, se non facciamo emergere in ciascuno di noi a riflettersi nell’altro”la parte più profonda e più ricca…la sorgente …dove c’è Dio”, e con questo “barlume di eternità” dialogare, sempre, sino a comprendere che “una pace futura potrà essere veramente tale…solo se ogni uomo si sarà liberato dall’odio contro il prossimo, di qualunque razza o popolo;se avrà superato quest’odio e l’avrà trasformato in qualcosa di diverso, forse alla lunga in amore…”.
Questo “spirito che avvizzisce” che cos’è, se non un rinchiudersi torvamente in se stessi, un escludere tutto ciò che non è “Io”, un disperato avvilimento dell’animo che soli ci trova e soli ci lascia.
“Siamo soprattutto noi stessi a derubarci da soli”.
Ecco, nel regno dell’odio e della violenza senza perché, di cui anche oggi siamo testimoni, ad Etty Hillesum si è rivelato che si può vivere di Dio, del suo amore e della sua felicità in qualsiasi condizione:”Amo così tanto gli altri perché amo in ognuno un pezzetto di te, mio Dio”, anche se “la gente di Westerbork non ti offre molte occasioni di amarla”.
E’ un punto fondamentale per comprendere la lezione che ci lascia Etty Hillesum.
La risposta che si può dare anche di fronte alla terribilità del male, quella che veramente ci salva e ci riscatta, è la risurrezione in noi di quella parte secolarmente obliata che è la vita come libertà dell’anima, come anima che protegge al di sopra delle cose del mondo, ma non al di fuori:”…siamo noi stessi a privarci delle nostre forze migliori col nostro atteggiamento sbagliato…ora che non voglio più possedere nulla e che sono libera, ora possiedo tutto e la mia ricchezza interiore è immensa…”.
A partire da questa “scintilla divina”, da questa “rivolta dell’anima”, Etty Hillesum può affermare:”Io non odio nessuno, non sono amareggiata:una volta che l’amore per tutti gli uomini comincia a svilupparsi in noi, diventa infinito…;alla sera tardi …dal mio cuore s’innalza sempre una voce e questa voce dice:-la vita è una cosa splendida e grande, più tardi dovremo costruire un mondo completamente nuovo-.”.
Questo mondo completamente nuovo Etty lo ha già trovato dentro di sé e vorrebbe trasmetterlo agli altri, al di fuori del campo, al di là del presente, ma “l’unico modo che abbiamo di preparare questi tempi nuovi è di prepararli fin d’ora in noi stessi”.
Per far sorgere i “tempi nuovi” non è necessario essere eroi o santi.Etty sa che sono pochi quelli disposti a sacrificare se stessi.
Ma non è questo che si richiede.Basterebbe ben ponderare sugli errori commessi, sulle sventure subìte, proporsi di non degenerare “in bestie come lo sono loro”, far diventare matura coscienza le sofferenze patite:”Se tutto questo dolore non allarga i nostri orizzonti e non ci rende più umani, liberandoci dalle piccolezze e dalle cose superflue di questa vita, è stato inutile”.
Possiamo trovarci di fronte a un terribile Moloc, sanguinario e distruttivo, ma la vera forza, quella che in nessun modo può essere scalfita, è ciò che costruiamo dentro di noi nell’affrontare la realtà:
“A ogni nuovo crimine o orrore dovremo opporre un nuovo pezzettino di amore e di bontà che avremo conquistato in noi stessi.
Possiamo soffrire, ma non dobbiamo soccombere”.
Sono proposizioni che, tradotte in azione politico-sociale, si inseriscono nell’alveo dell’attuale movimento della nonviolenza, le cui radici affondano, insieme ad altri grandi maestri spirituali, nella testimonianza morale di Etty Hillesum.
L’abisso apertosi con gli orrori della Seconda guerra mondiale è ancora sotto i nostri occhi, e ci richiama ancora a una risposta spirituale, a “un’alternativa forte e luminosa con cui si possa ricominciare daccapo in un luogo del tutto diverso”.

Il nostro Buon Natale, nel ricordo di Etty Hillesum, va a tutti i perseguitati, ai bombardati, ai torturati, agli schiavi, agli internati, ai maltrattati, che ci sono, sì ci sono, basta aprire gli occhi.

NICOLA LO BIANCO


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