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Eucatastrofe

Creato il 10 agosto 2011 da Patrizia Poli @tartina

L’eroe della quest è anch’esso scisso in due. Abbiamo già accennato al tema dei “due cercatori”, Frodo e Aragorn. Dei due, soltanto Frodo è l’eroe tipico della fiaba, l’uomo comune che inciampa nell’avventura. Aragorn è l’eroe del mito, deriva a Tolkien non dalla fiaba popolare, ma dai carmi eddici e dalla letteratura epica medievale.  Ruth Noel, in The Mythology of Middle Earth, del 1977, ne mette in luce le somiglianze con re Artù e Carlomagno. 

L’elemento più sorprendente tuttavia è che, come mostra Verlyn Flieger, Tolkien ha incrociato i motivi propri dei due tipi di eroe, quello mitico e quello fiabesco.  Aragorn, l’eroe del mito, deve compiere una quest da fiaba. Al termine della storia egli ottiene un successo personale tipico: sale al trono e sposa la principessa.  Frodo, il semplice eroe della fiaba, deve compiere invece una quest mitica per salvare un mondo in pericolo.  Il successo personale di Frodo è minimo, la sua è un anti-quest volta alla “perdita” di un tesoro e non alla sua ricerca.

“This crossing of motives adds an appeal which few modern readers find in conventional medieval literature, and that by exalting and refining the figure of the common man, Tolkien succeds in giving new values to a medieval story.”

Nel saggio On Fairy-stories, Tolkien aveva affermato che tutte le fiabe devono avere un lieto fine, che egli denomina “eucatastrofe”. Esso è un barlume della vera gioia che toccherà ad ognuno di noi: la vita eterna.

Ora, anche se in The Lord of the Rings la quest è portata a termine e Sauron sconfitto, il libro non si conclude nella letizia. Innanzi tutto, secondo la concezione ciclica tolkiniana, qualsiasi vittoria del Bene non è che provvisoria.  Come puntualizza Ready, sempre in Tolkien

“After great hazard and suffering, even to the end, there is not so much a victory won, as time, time gained by the right order to recover from the loss and be more or less prepared for the next inevitable but unforeseen affray.”

Alla fine del racconto tutto torna alla normalità, ma non torna certo la gioia di vivere.

Frodo, l’eroe fiabesco, il protagonista della “quest” principale, invece di salire al trono, di sposare una principessa, di diventare ricco e famoso, torna a casa sfinito dalla prova, mutilato, stanco di vivere. Nessuno riconosce il valore delle sue gesta. Nella Contea sono Merry e Pippin a ricevere il maggior merito di ciò che è successo. Per quanto riguarda Frodo, invece, o non lo si considera affatto, oppure il suo eroismo viene travisato e si pensa che abbia compiuto grandi gesta militari. Il suo vero valore, basato sulla sopportazione, sulla sofferenza, sul sacrificio, sulla rinuncia, nessuno lo capisce. A casa Frodo è ormai un disadattato e, passato qualche tempo, farà vela verso le Terre Immortali dell’Occidente, lasciando per sempre la Terra di Mezzo.

Northrop Frey afferma che

“con  l’ascesa dell’etos romantico, l’eroismo viene sempre più ad essere considerato in termini di sofferenza, sopportazione e pazienza.(…) Questo è anche l’etos del mito cristiano, ove l’eroismo di Cristo prende la forma della sofferenza, della passione.”

L’interpretazione cristiana dell’eroismo è la modifica più significativa apportata da Tolkien all’epica tradizionale.

Frodo finisce come finiscono i grandi eroi tragici del mito. Il piccolo eroe della fiaba combatte l’ultima battaglia e perde, cedendo alla tentazione di arrogarsi l’Anello. A lui vengono riservate la fine e la disperazione dell’eroe mitico.

“It is not fair.  And that, of course, is just Tolkien’s point.  It is not meant to be fair. We are beyond romance, and beyond the fairy- tale ending. In the real world things seldom turn out as we would like them to, and the little man is as subject to tragedy as the great one.”

Non dimentichiamoci, inoltre, che, con la distruzione dell’Unico Anello, perdono potere anche i tre anelli elfici, la triade che irradia vita e bellezza nella Terra di Mezzo e da cui dipende la sopravvivenza della bellissima contrada elfica Lothlorien. Al termine del libro, gli Elfi si dipartono per sempre dalla Terra di Mezzo e con loro se ne vanno le ultime vestigia di bellezza assoluta, incontaminabile. Alla Quarta Era, all’era di noi uomini, rimane in eredità una terra in cui ancora tanti Grima possono trovare dei Theoden pronti ad ascoltarli, altri Saruman possono tradire, senza che ci sia più un Gandalf a smascherarli. E, soprattutto, Sauron non è morto.

I piccoli hobbits, gli eroi della fiaba, sono cresciuti e sanno cavasela da soli, ma chi ha conosciuto il male eterno non può più vivere come prima. Merry, Pippin e Sam ce la fanno, ma Frodo, che ha portato l’Anello per tanto tempo e ha bevuto fino in fondo il calice della sofferenza, è esausto e abbandona il mondo. “Anche tornando alla Contea” - dice Frodo - “essa non parrà più la stessa perché io sono cambiato.”

continua…


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