Eugenio Rosi, artigiano del vino in Trentino

Da Iltaccuvino

Nel centro di Calliano, piccola cittadina tra Rovereto e Trento, potreste notare questo cartello lungo la strada, sotto un ombroso portico di un antico palazzo signorile. Bè, nel caso fermatevi, e chiamate il numero di telefono che vi trovate scritto. Vi risponderanno Eugenio Rosi o sua moglie Tamara, probabilmente impegnati in vigna a seguire le loro piante, perché sono loro due a sobbarcarsi tutto il lavoro vero di viticoltori, come indicato nell’insegna, viticoltori artigiani.

Ma la storia di Eugenio Rosi lo vede cominciare come enologo alle dipendenze di grandi cantine del Trentino, ma con nel cuore il desiderio crescente di realizzare qualcosa di suo, di occuparsi direttamente delle vigne e del vino, potendolo plasmare secondo i propri gusti, perseguendo la naturalità del vino, ascoltandolo e interpretando le sue future evoluzioni al momento delle scelte in vigna come in cantina.

E così sono partiti nel 1997, con l’affitto di pochi ettari, quelli dedicati all’Esegesi, con Cabernet Sauvignon e Merlot, e prendendo in locazione anche i locali cantina, ritrovandosi un po’ nomadi, costretti a cercare sistemazione alle condizioni per loro più accessibili, fino all’attuale soluzione in una ex cantina sociale di Nomi, dove hanno allestito la parte di vinificazione, mentre nell’interrato del palazzo storico di Calliano si trova la bellissima cantina di affinamento, dove l’atmosfera è davvero magica e la scena tra le più affascinanti mai incontrate.

Ma il posto è risicato e li costringe a valutare bene travasi, quantità, spostamenti e imbottigliamenti. Resta comunque impressionante il profondo e antico charme di questa cantina, dove è un piacere soffermarsi a degustare, tra le botti accatastate, in una luce calda e un’aria fresca e umida di vino.

E così è Tamara, accompagnata dalla simpaticissima figlia Anisia, che ci conduce alla degustazione dei loro vini, mentre Eugenio, per l’appunto, è in vigna a completare le legature delle viti (eravamo in aprile). Alla base infatti della sua radicata artigianalità risiede proprio una grande attenzione al lavoro della vigna, con una cura attenta pianta per pianta, cercando di assecondarne i bisogni a seconda delle diverse esigenze richieste dai vari vitigni aziendali, peraltro disposti su territori molto differenti, sia come composizione dei suoli che come quote, dalla piana di Rovereto ai 700 metri delle vigne di Chardonnay a Vallarsa. Neanche a dirlo, le vigne sono condotte in regime biologico, senza seguire dogmi e preconcetti che possano ingabbiare la mentalità del produttore, che deve essere prima di tutto al servizio della natura, per ottenerne i migliori risultati.

Per scoprire gli attuali risultati del loro attento lavoro cominciamo la lunga serie di assaggi con l’Anisos 2012, blend davvero originale, costituito per metà da Nosiola, con 30% di Pinot Bianco e 20% di Chardonnay. Il suo colore è una promessa di complessità e volume, carico di oro con riflessi albicocca. I profumi incantano con note balsamiche che aprono a frutti gialli di pesca e albicocca, e completa il quadro dei gialli con cera, curcuma e tabacco biondo. Al palato è un fiume di sapori, ricco di materia ma mai sbilanciato, forte di una spinta acido-sapida di carattere e irrobustita da un velo tannico, frutto della vinificazione in rosso, con macerazione dai 9 ai 15 giorni, partendo da fermentazioni spontanee separate. Si distende al palato e non la smette di regalare un susseguirsi di  suggestioni, dall’arancio alla menta, dall’albicocca alla nocciola, con cenni di mandorla fresca e liquirizia. Vino davvero unico, dove emerge il carattere varietale della Nosiola, pur se in assemblaggio.

Per questo, come per gli altri vini, la macerazione avviene in botti aperte, e la coda fermentativa si svolge in legno, dove i vini restano circa per un anno, in botti costituite da legni di castagno, ciliegio e rovere, realizzate dai Mastri Bottai di Bolzano.

Mi colpisce per originalità anche il Riflesso Rosi 2013. Un rosato da uve Merlot e Cabernet Sauvignon, con un piccolo saldo di Marzemino. Il vino resta a contatto per circa 2 giorni con le sue bucce, e in seguito vi si aggiungono le vinacce dell’Anisos, lasciandovele per un ulteriore mese in macerazione. Al naso mostra un profilo fresco, di frutti rossi succosi e radici, che tornano coerenti al palato, dove esplode con fresco ribes rosso, karkadè, mandarancio e un finale di mandorla e rabarbaro. Un po’ scontroso quando assaggiato, un rosato non certo banale e scontato, piuttosto un vino vero, apparentemente sottile ma intriso di energia e sapore. Per me da attendere qualche mese per arrotondare giovanili asperità, ma davvero promettente e singolare.

Il Marzemino è varietà storicamente radicata in Vallagarina, e trova il suo terroir d’elezione proprio a Ziresi, dove alcune vigne tra le più belle sono quelle che originano il Poiema. Lo proviamo nella versione 2012, che dipinge pennellate di viola mammola, fragola e pepe verde, poi esce con sfumature di chinotto ed eucalipto. L’assaggio è succoso, nervoso nel tannino, con qualche spigolo, che perdoni per l’irruenza giovanile che porta in dote, col suo carico di frutta rossa e fiore che ritorna al palato condita da suggestioni di agrume e spezie. Un vino esemplare dell’opera artigiana di Eugenio Rosi, con uve raccolte con un leggero anticipo rispetto alla maturazione, dalle vigne (in parte a pergola trentina, in parte a guyot) radicate sulle argille alluvionali di Ziresi. Una piccola percentuale del raccolto viene passita, e il vino dopo la fermentazione sosta per un anno in legni di ciliegio, rovere e castagno.

A fianco proviamo il Pojema 2011, dai tratti più composti forse, su toni di fragola e ciliegia matura, anche in confettura, e note di radice. Al palato è più equilibrato e sfodera buon sapore nel finale, caldo e vellutato, indugiando su ricordi di fragola disidratata e cacao.

Come detto l’etichetta dalla quale ha mosso i primi passi Eugenio è l’Esegesi, la cui ultima annata uscita in commercio è il 2010. Lo ammiriamo nel calice coi suoi toni densi di rubino vivace, denso ma ancora piuttosto trasparente, dal naso ricco ed in continua evoluzione. Apre con un ricordo di creta, poi yogurt ai frutti di bosco, sottobosco umido e muschio, frutti rossi, quindi note di pepe emergono insieme a cenni di radici. Al palato corre con carattere, forte di un tannino ancora vivo, pur ben rifinito, avvolto da una materia carnosa, scaldata da un finale caloroso, dall’allungo potente.

Scopriamo alcune delle sue evoluzioni possibili con l’Esegesi 2006, ancora giovanile nella freschezza, salda e a sostegno di una massa dove ancora giocano con piacevoli contrappunti freschezza e tannino, ancora incisivo, mentre al palato l’evoluzione svela un ricordo sanguigno di carne fresca, di contorno a frutti maturi e radici.

Da una piccola vigna di Cabernet Franc nel centro di Rovereto, poggiata su suoli sabbiosi, viene il singolare 10.11.12, etichetta nella quale confluiscono le raccolte di tre annate successive,  assemblate con un metodo parzialmente simile al Solera, con l’idea di aggiungere le nuove annate con azione antiossidante sul vino già in affinamento, grazie alla ricchezza di polifenoli “freschi”. L’ennesimo esperimento di Eugenio, che proprio da quel vigneto è partito sperimentando le tecniche della conduzione biologica e le vinificazioni spontanee, ora adottate rispettivamente su tutti i vigneti ed i vini. Al naso mostra complessità e toni evoluti, con note di tabacco e funghi, ma anche richiami di erba fresca e ciliegia matura. Il sorso è succoso e fresco, con un finale disteso su ricordi di foglie di tabacco, viole e ciliegia, con una dolce nota vanigliata.

Si chiude in dolcezza con la declinazione in passito del Marzemino, imbottigliato col nome Doron (senza annata). Una nota di volatile sospinge e intensifica i ricordi di fiore dolce, di rosa, che si mischiano a tabacco, cacao, nocciola, confettura di rabarbaro e  tisane. Un naso intrigante, cui segue un sorso equilibrato e gentile, dove la dolcezza non aggredisce ma resta componente di contorno a un quadro piuttosto morbido dove restano centrali i sapori di frutta confit, con cenni di sottobosco.

Una visita davvero da non perdersi quella da Eugenio Rosi, per bere vini unici e sorprendenti, godere dell’accoglienza generosa dei padroni di casa e, se ne avrete la fortuna, potrete facilmente scoprire la simpatia della piccola Anisia, che sembra portare negli occhi e nel suo sorriso l’energia e l’originalità tipica dei vini dei suoi genitori.


Tagged: Anisos, cantine chiocciolate, Esegesi, marzemino, Pojema, Slow Wine, Ziresi

Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :