Nelle stesse ore in cui a Berlino si firmava l’accordo, Worldwide Interbank Financial Telecommunication, ha diffuso un documento in cui si prevede che entro ottobre il renminbi cinese supererà l’euro come seconda moneta più usata nel commercio e nella finanza globali. La terza notizia è che la Siemens e la Volkswagen AG, assieme ad altre grandi industrie tedesche, stanno integrando la valuta cinese per le transazioni commerciali.
Tutto questo vuole dire alcune cose abbastanza ovvie, chiare come il sole e al tempo stesso però negate o non viste: che l’euro è sempre più di fatto gestito dalla Germania secondo i propri interessi di cambio e di convenienza commerciale, che la moneta comune ha fallito l’obiettivo di essere la divisa alternativa al dollaro, come era stato vagheggiato a suo tempo e rischia a breve di essere la terza moneta di scambio persino sul territorio europeo, che essere agganciati a questo carro vuol dire rimanere irrimediabilmente in coda ed essere condizionati nel nostro export non solo da una divisa perversa che richiede il sacrificio di salari, pensioni, occupazione e diritti per poter essere usata, ma anche dal fatto che essa viene gestita a Francoforte favorendo di fatto altre economie, cosa che resto viene apertamente detta dai responsabili della Bundesbank.
Però ci viene detto, ripetuto, minacciato che non possiamo farne a meno. Tanto che è meglio rinunciare al cervello piuttosto che alla moneta unica.