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Euro o Europa?

Creato il 07 luglio 2012 da Albertocapece

Euro o Europa?Dopo il vertice di Bruxelles qualcosa è cambiato. Non le balle sulle inesistenti vittorie montiane con cui i media ci hanno deliberatamente preso in giro, ma qualcosa di profondo: è emersa la consapevolezza del cul de sac in cui si è cacciata l’Europa. Cameron al ritorno a Londra si è trovato di fronte a un documento in cui 100 parlamentari del suo partito chiedono un referendum sull’uscita dalla Ue: non sarà domani, ma la questione è ufficialmente posta. La Finlandia dal canto suo ha deciso di minacciare l’uscita dall’euro se sarà costretta a pagare i debiti altrui, mentre l’Olanda ci sta seriamente pensando. Lo stesso trattato di Schengen sta lentamente, ma costantemente franando.

E’ del tutto evidente che la costruzione europea si sta rivelando non solo fragile, ma del tutto inesistente di fronte alla crisi: non c’è alcuna volontà di affrontarla insieme, non c’è alcuna lucidità su come combatterla, non esiste alcuna prospettiva o idea politica dalla quale ricominciare. Ci troviamo di fronte alla Germania e a un pugno di stati forti che dal mercato e soprattutto dalla moneta unica hanno conseguito grandi vantaggi competitivi che chiedono a una periferia impoverita di svenarsi pur di mantenere lo statu quo ante. E le elite di quest’ ultima, non si sono rivelate all’altezza di fornire risposte alternative e nemmeno intelligenti, riuscendo solo a baloccarsi  tra le due speculari catastrofi del piegarsi o del disubbidire.

Non potrebbe essere altrimenti visto che dopo la prima stagione degli ideali, tutto è andato avanti come in una partita di scacchi in cui nessuno dei giocatori è riuscito a immaginare e prevedere più di una mossa  alla volta, trovandosì dentro un labirinto. L’Unione è nata come idea, ma non si è costruita come un progetto, ha proceduto per accumulazioni successive come certi software che poco a poco diventano un insieme inestricabile e incoerente di listati di programmazione. All’ Europa delle nazioni, fortemente imperniato sulla Francia e in qualche modo sulla Gran Bretagna, non si è risposto contrapponendo uno spazio aperto di diritti e di comune civiltà, ma dapprima con strumenti di simulazione democratica e decisionale come il parlamento di Strasburgo e poi con la statofobia direttamente derivata dal neoliberismo pensando di affidarsi al mercato per contenere gli egoismi nazionali. La moneta unica era sembrato uno strumento ideale in questo senso, ma economie e culture produttive diverse ne sono rimaste prigioniere con l’unico risultato di esaltare le differenze. Questo perché l’Europa delle nazioni, ancora viva e vitale, ha imposto strumenti che hanno fatto dell’Euro non la moneta di tutti, ma la moneta di nessuno. E’ l’approdo logico di una Unione che non ha una vera costituzione, ma una specie di regolamento aziendale che corrisponde al nome di trattato di Lisbona.

Così ciò che sta succedendo adesso è che le obbligazioni, gli infernali meccanismi, gli espedienti, le pomate urticanti o lenitive con le quali si tenta di curare i sintomi invece della malattia, le forzature con le quali si cerca di imporre governi “amici”  in un tripudio ambiguo di necessità e interessi, gli stratagemmi con i quali si cerca di scippare la sovranità degli stati verso istituzioni non elettive e a carattere essenzialmente privatistico, stanno man mano portando a una scelta, a un bivio che sarà ancora più chiaro dopo le elezioni americane: o l’Euro o l’ Unione.

Certo se le classi dirigenti fossero state più lungimiranti e non afflitte da mediocrità ontologica si potrebbero avere entrambi, che sarebbe il risultato logico e anche ottimale. Ma per come stanno le cose, facendo i conti con la farina che abbiamo, con la finanza speculante e incalzante, con il tempo perduto, la cosa più probabile è che si sfascino tutte e due, moneta e Unione: il tentativo di tenere in piedi una costruzione così complicata e fragile a partire  dagli interessi di qualcuno o dalla rinuncia ai propri interessi da parte di qualcun altro, è del tutto insensato, come d’altronde i mercati fanno sapere ogni giorno. Non perché siano profetici, ma perché la cosa è talmente chiara che persino un economista lo potrebbe capire.

Credo che tra qualche mese il bivio ci si parerà dinnanzi, all’improvviso, visto che  si fa di tutto per evitare che si discuta di questi temi recitando il catechismo europeista, agitando il turibolo per allontanare l’eresia e last but not least per evitare che molti buoni affari e svendite “necessarie” di beni e di diritti non vadano in porto. Ma proprio quelli che giurano sulle verità eterne dell’europeismo di maniera, sono coloro che alla fine lo affosseranno.

 


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