Siamo alla vigilia del voto per il Parlamento Europeo e c’è in molti, particolarmente nelle coscienze più sensibili ai valori quali: competenza, etica, trasparenza, meritocrazia che dovrebbero costituire il fondamento della nuova unità internazionale, la preoccupazione che queste elezioni siano dettate da una mentalità ancora troppo legata agli interessi personali, intesi non come Stati sovrani, ma come entità fisiche. Si pensa e si scrive di una futura Europa più forte, più robusta nella sua economia, più resistente e più difesa di fronte agli altri grandi blocchi mondiali; si vorrebbe in altre parole, costruire un’Europa che gareggi con le altra potenze, capace di stare alla pari con gli altri “massimi sistemi” che regolano l’equilibrio mondiale. Purché si diano importanza ad alcuni principi che non possono mancare in questo sforzo di creare un futuro diverso. Prima raccomandazione è quella di non chiudere l’Europa in un egoismo che ne faccia una specie di mercato sordo al resto del mondo, soprattutto verso quei Paesi facenti parte dell’Europa; i quali devono essere trattati sul piano dell’eguaglianza e non come degli assistiti o peggio degli sfruttati. E’ questa, o meglio sarà questa l’occasione felice di un po’ più umano sviluppo economico, culturale e sociale per tutti. L’obiettivo di un’Europa unita non deve essere solo un mero contenitore vuoto dove la speculazione finanziaria sia la principale linfa vitale, altrimenti non sarebbe che il risultato di un accumulo di beni materiali ma non certo l’avvento di una società più umana e più sostanziata di Giustizia e di valori Sociali. Non possiamo accontentarci di un’Europa fondata unicamente sull’interesse economico o politico dei suoi membri. Nella crisi economica che scuote il Continente e specialmente l’Italia, dove la recessione ha portato alla cessazione di più di un 1,6 milioni di imprese tra il 2009 e oggi, dove le famiglie italiane hanno attuato una profonda ridefinizione dei consumi, dove esistono oltre 8 milioni di poveri, nel dilagare di una disoccupazione sempre più difficile da arginare, nell’espandersi di una contestazione che non risparmia istituzioni e sistemi, c’è una strada da percorrere quando si vuol riprendere quel grado di “Civiltà” di cui l’Europa ed in particolar modo il nostro Paese, in altri tempi sono stati maestri. Una vita più semplice e soprattutto il privilegio dato ai diritti di ogni singolo uomo che non dovrà mai più essere considerato straniero a casa propria: le più reali speranze di una nuova Europa, di un’Europa diversa e di un’Italia più giusta, stanno nelle mani di chi saprà portare al Parlamento sovrannazionale questi valori.
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