Anche la Germania ci ripensa. La situazione relativa ai migranti in arrivo in Europa sta mettendo a dura prova i nervi e la tenuta del Vecchio Continente e adesso che anche la Merkel ha deciso di sospendere temporaneamente Schengen per problemi collegati al gran numero di arrivi degli ultimi giorni, la trama si infittisce.
In un paio di settimane siamo passati dalla quasi abitudine a leggere notizie relative all’ennesima tragedia in mare – con conseguenti dichiarazioni di rito dei premier europei – ad un atteggiamento sproporzionatamente accogliente da parte di alcuni Stati senza nel frattempo aver capito bene quale sia stata la chiave di volta né quale siano le soluzioni pensate per risolvere o almeno iniziare ad intervenire lì dove la questione nasce.
Improvvisamente, con l’arrivo di migliaia di profughi alle frontiere ungheresi, il problema è diventato prioritario – e finalmente ci sarebbe da aggiungere – ma è facile pensare che senza la famosa foto del bimbo siriano riverso in terra su di una spiaggia turca, tutta questa efficienza non sarebbe stata possibile.
Il fatto in sé non ha bisogno di commenti, ed è altrettanto normale ammettere che un sincero moto di sdegno e tenerezza abbia colpito tanto il cittadino comune quanto un qualsiasi Premier europeo.
Ma mentre il primo non ha pressoché responsabilità dirette verso questi fatti, i secondi non possono soltanto limitarsi a reazioni dettate dall’emotività.
Quando ad aprile scorso affondò un barcone portandosi dietro circa 950 persone risucchiate dalle acque del canale di Sicilia, il mondo si indignò allo stesso modo o quasi. E quella volta a morire, secondo i racconti dei superstiti ,furono tra i 40 e i 50 bambini. Affogati, proprio come il bimbo siriano. Mancando la foto, forse, mancarono le motivazioni emozionali oltre che di propaganda.
Allo stesso modo il 14 settembre, proprio mentre la Germania bloccava la libera circolazione per fermare i flussi verso il suo territorio, un barcone al largo delle coste greche si ribaltava facendo 30 morti di cui molti bambini.
Questo dovrebbe bastare a chiarire il fatto che se accoglienza deve essere, non può configurarsi come una lotteria che premia chi si trova nei paraggi in quel momento come avvenuto per i flussi verso Austria e Germania, ma qualcosa di strutturato con delle regole stabilite e soprattutto condivise prima ancora di cominciare.
Senza regole certe all’interno dell’Unione, si tornerà inesorabilmente a quanto visto nei mesi scorsi con un caos che si ripercuoterà inevitabilmente su coloro che effettivamente accolgono e sui poveri che arrivano.
Questo soprattutto alla luce di quanto sta accadendo in questi giorni, con alcuni Stati che, con ragioni più o meno condivisibili, hanno rifiutato totalmente la possibilità di ospitare sul proprio territorio i profughi in arrivo.
Se poi volessimo dare uno sguardo più ampio alla questione e non limitarci soltanto a tamponare le conseguenze di un problema, un passo importante sarebbe quello di trovare una strategia utile a disinnescare quella bomba umanitaria che è la Siria. Ma vista la confusione tra un occidente che vuole bombardare l’ISIS e allo stesso tempo chiede la cacciata di Assad, e la Russia che su quest’ultimo non intende cedere, di soluzioni all’orizzonte, al momento, non se ne vedono.
Luca Arleo