Europee 2014: Marika Cassimatis (M5S)

Creato il 23 maggio 2014 da Rodolfo Monacelli @CorrettaInforma

Intervistiamo Marika Cassimatis, candidata al Parlamento Europeo per il Movimento 5 Stelle nella circoscrizione Nord-Ovest

Marika Cassimatis dopo aver conseguito con il massimo dei voti due lauree in Scienze Politiche e in Geografia e un dottorato in Scienze geografiche, cartografiche ed ambientali, attualmente insegna geografia economica all’Istituto Commerciale Rosselli di Genova Sestri Ponente; è candidata per il Movimento 5 Stelle nella circoscrizione nord-ovest

Chi meglio di una docente di geografia può rispondere a questo quesito: che cos’è l’Europa e che cos’è l’Unione Europea?

L’Europa è considerata un continente, ma geograficamente è solo una penisola dell’Asia. La sua identità è determinata, piuttosto che da aspetti fisico-geografici, da fattori storici e culturali. Si tratta di una comunità di popoli che ha condiviso conoscenze, pratiche agricole, religioni, lingue, organizzazioni economiche e politiche. L’Unione Europea è il prodotto finale di un processo, iniziato il 9 maggio del 1950 con la Dichiarazione Schuman, attraverso il quale gli stati europei hanno voluto consolidare i loro legami, unificando le proprie economie nella CEE, area di libero scambio di merci e persone, e cercando poi l’unità politica. Dopo gli accordi di Maastricht del 1992, gli sforzi sono stati rivolti alla coesione politica, introducendo la moneta unica, l’Euro. Si è provato a scrivere una costituzione comune, a unificare la politica estera, a creare un esercito sovrannazionale. Il grande progetto unitario si è arenato dopo la condivisione dell’euro, non si è raggiunto un accordo sulla Costituzione; di fronte alle crisi politiche internazionali, alla seconda guerra del Golfo, alla guerra in Libia, i paesi dell’Unione si sono trovati su posizioni antitetiche. La causa principale del mancato raggiungimento degli obiettivi unitari di Maastricht è la presenza di forti squilibri sociali ed economici tra i diversi stati membri. Ci sono paesi molto forti – a livello di competitività economica, finanziaria, infrastrutturale, tecnologica e delle risorse umane – e paesi molto deboli. Solo riducendo tali squilibri si può pensare di raggiungere l’unità politica. A tale scopo, gran parte del bilancio dell’Unione europea (pari oggi al 35% della spesa complessiva) è destinato al finanziamento dei fondi strutturali e di coesione che contribuiscono all’obiettivo della coesione economica, sociale e territoriale. L’Italia, come gli altri paesi mediterranei, nel corso dell’ultimo decennio ha visto peggiorare la sua situazione e il divario rispetto agli stati più forti, nonostante gli investimenti dell’Unione. I fondi europei sono stati gestiti male, spesso non sono stati impegnati gli importi destinati ai diversi progetti e, anno dopo anno, sono andati perduti milioni di euro che sono ritornati nelle casse dell’UE. A peggiorare la situazione, i parlamentari italiani delle passate legislature europee hanno firmato dei trattati capestro che vincolano la possibilità di investire nella crescita: il Fiscal compact, il MES, l’obbligo di non superare il 3% del deficit di bilancio, e l’obbligo di pareggio di bilancio. Ci troviamo di fronte ad una profonda contraddizione: da una parte l’UE vuole costruire l’equilibrio di sviluppo fra gli stati membri (fondi strutturali e di coesione) dall’altra schiaccia la crescita e gli investimenti con trattati capestro.

Va bene prof, abbiamo capito che è preparata. Ora però Le chiedo: l’Unione Europea è riformabile? Se sì, ci dica in che modo: basterà sbattere i “pugni sul tavolo” per far cambiare idea alla Germania oppure prevarrà la logica renziana del “servo diligente” in attesa di qualche ricompensa?

La politica renziana di asservimento ai poteri della Troika porterà l’Italia allo smantellamento dello stato sociale, del welfare, degli investimenti per lo sviluppo e per la formazione dei giovani. Aumenteranno ancora le tasse e si ridurranno gli stipendi. Trattati capestro pregiudicano il futuro dell’Italia e la rendono serva di potentati finanziari stranieri. È un obbligo morale e sociale andare in Europa, “battere i pugni sul tavolo” e chiedere la rinegoziazione del trattato del Fiscal Compact, del MES e sostenere l’attivazione degli Eurobond. Tutto si può discutere. Nel caso non venisse ascoltato all’interno delle istituzioni europee, il M5S proporrà un referendum consultivo agli italiani, chiedendo loro di esprimersi sull’uscita dall’Euro. Se il referendum portasse un risultato molto positivo, con l’ 80-90% di voti favorevoli all’uscita, allora il M5S avrebbe uno strumento di forte pressione sulla Troika e sulla Germania. Nessun paese dell’UE avrebbe infatti l’interesse all’uscita dell’Italia dall’Euro (la Germania ha comprato gran parte del nostro debito pubblico) e con questo strumento di pressione il M5S riuscirebbe a dare forza alle sue richieste di revisione dei trattati e verrebbe ascoltata. Ci vuole la volontà politica per cambiare le cose e molta determinazione: i cittadini eletti al Parlamento Europeo si batteranno per restituire all’UE il significato primo della sua stessa esistenza: una comunità di stati solidale, dove le singole realtà territoriali sono valorizzate e rispettate, al fine di avviare uno sviluppo sociale ed economico comune.

Molti osservatori sostengono che queste elezioni europee rappresenteranno lo scontro tra eurofili ed euroscettici. Il Movimento 5 Stelle però sembra un ibrido tra proposte che vanno in direzione di un’“Europa dei Popoli” e istanze invece più decisamente critiche. A suo avviso non vi è un po’ di opportunismo volto ad accaparrare il maggior numero di voti?

Il M5S è un movimento europeista, profondamente convinto dell’idea di Europa comunità solidale di popoli. Per questo si sta compiendo un grande sforzo per portare in Europa i portavoce dei cittadini italiani, persone competenti e preparate, che conoscono le lingue europee, che sono in grado di attivare la revisione dei trattati. L’Italia ha bisogno dell’Europa, perché tutto quello che si mangia, che si coltiva, che si produce nella nostra penisola, così come le normative di sicurezza o i programmi della nostra scuola, derivano da normative europee. Per questo la risoluzione della crisi economica e sociale dell’Italia passa per l’Europa, ma un’Europa diversa da quella attuale. E il M5S è pronto a cambiare l’Europa e ad allearsi con i cittadini, eletti in altri paesi, che condividono i nostri valori, formando un nuovo gruppo nel parlamento Europeo. Quale opportunismo, se non quello di chiedere agli Italiani di informarsi, di aprire gli occhi sul disastro compiuto dai partiti politici che hanno mandato in Europa personaggi incompetenti, incapaci di tutelare gli interessi dell’Italia, delle piccole e medie imprese (PMI), dei giovani, dei pensionati? Noi chiediamo i voti dei cittadini per cambiare le cose, per mandare a casa la massa di cialtroni asserviti ai poteri economici-finanziari del Nord Europa e della Troika, e restituire il futuro all’Italia.

Il Movimento 5 Stelle probabilmente si troverà a fare gruppo con qualche altro partito europeo; la decisione avverrà – secondo il codice di comportamento – “su proposta di Beppe Grillo, in qualità di capo politico del M5S, e ratificata tramite votazione in Rete da parte degli iscritti al M5S”. Ma se fosse per Lei, accanto a chi preferirebbe sedersi?

L’iniziativa politica verrà decisa dai cittadini eletti al Parlamento Europeo, sottoposta alla votazione della Rete da parte degli iscritti, come già si sta facendo nel Parlamento italiano. La prospettiva migliore sarà quella di costituire un nuovo gruppo politico, formato da almeno 40-50 membri, appartenenti a sette diversi stati, che condividano i nostri ideali, i nostri punti del programma, i nostri obiettivi. Il Parlamento europeo non funziona come quello italiano, nel senso che viene applicato il principio del consenso. Questo significa che non c’è una maggioranza o una minoranza precostituita uscita dalla tornata elettorale, ma che il consenso all’approvazione di regolamenti e normative viene contrattato di volta in volta, cercando di far convergere larghe maggioranze. È un principio molto democratico.

Professoressa Cassimatis, al momento della candidatura Lei ha dichiarato che nel Parlamento Europeo lavorerà “per rinegoziare tutto, dai Trattati alla moneta unica”. Ci sembra di capire che è contraria anche all’Euro. Cosa pensa in proposito? Sarebbe meglio tornare alle valute nazionali?

Come ho già risposto alle domande precedenti, in quanto portavoce del M5S, non sono contraria all’euro, ma sono contraria ai trattati che vincolano e pregiudicano il futuro dell’Italia. La “minaccia” di uscita dal’euro attraverso lo strumento del referendum consultivo sarà, nel caso, solo uno strumento di pressione per abolire il Fiscal Compact, il MES e il vincolo del pareggio di bilancio. La frase che lei cita tra virgolette, è un refuso perché non intendevo usare la prima persona, mi riferivo all’azione del MoVimento come insieme dei cittadini eletti al Parlamento Europeo. Tutti insieme, cittadini eletti e cittadini rappresentati dagli eletti, lavoreranno per rinegoziare tutto, dai trattati alla moneta unica.

Non nota però una certa ambiguità nel programma del Movimento 5 Stelle che da un lato chiede l’adozione degli Eurobond e dall’altro un referendum per l’uscita dall’euro?

Mi sembra di avere già chiaramente spiegato la posizione del M5S in relazione all’Euro. Per quanto riguarda gli Eurobond, si tratta di uno strumento di solidarietà tra gli stati, affinché in caso di crisi non si lasci uno stato alla mercé dei poteri delle banche e degli speculatori, ma lo si aiuti solidarmente e tutti gli stati membri si facciano carico dell’aiuto. Se ci fossero stati gli Eurobond, la Grecia non sarebbe stata triturata dalle tristemente note imposizioni della Troika, che hanno dimezzato gli stipendi, ridotto le pensioni, tagliato l’assistenza sanitaria, gettato un popolo sul lastrico. Questa non è l’Europa che vogliamo. Andremo in Europa determinati a cambiare gli attuali rapporti di forza, batteremo i pugni sul tavolo perché la triste vicenda della Grecia non si ripeta più, perché l’Italia non diventi la seconda Grecia d’Europa. Vogliamo un futuro di sviluppo sociale ed economico per la nostra terra e i nostri figli. Vinciamo noi!

L’Unione Europea ha da un lato lo storico partner nordamericano – anche l’Italia è costellata da un centinaio di basi militari USA e NATO – e dall’altro la Russia. Attualmente è in discussione il Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP), definito dai deputati del M5S “la trappola del libero scambio americano”. Secondo Lei occorre ad opporsi a ciò, è necessario un cambio di strategia geopolitica?

Il Movimento 5 Stelle andrà in Europa per rinegoziare i trattati indicati nei sette punti del programma elettorale per le elezioni europee. Ci sono altri temi importanti che verranno affrontati in seconda battuta, quali la politica estera, sia nel settore della sicurezza che in quello delle relazioni commerciali con paesi terzi. Il trattato di libero scambio TTIP , del quale è ancora segretato il testo e ne sono trapelate solo alcune indiscrezioni, dovrebbe costituire una grande area di libero scambio tra Nord America ed Europa. Noi conosciamo un altro di trattato dove gli USA e le sue multinazionali fanno la parte del leone : il NAFTA. I suoi effetti sull’economia del Messico sono ben noti: delocalizzazione di basso livello tecnologico, sfruttamento del lavoro, deregulation, espulsione dal mercato della produzione locale, penali imposte dalle multinazionali alle aziende del territorio, nel caso in cui un’economia locale procura danni al big businnes. Non abbiamo certo bisogno di questo, in Europa, ma di una difesa della produzione europea affinché l’agricoltura e la piccola e media impresa riescano a produrre lo sviluppo economico e con esso la tutela del territorio, il mantenimento della biodiversità, salvaguardando la salute dei cittadini. La globalizzazione del mais OGM o dei semi agricoli protetti da brevetto, che entrerebbero di prepotenza nel nostro mercato, non ci interessa e la combatteremo con tutte le nostre energie.

Anche alla luce delle dichiarazioni di Van Rompuy, il quale ha ammesso che il Parlamento Europeo conta ben poco, in quanto le vere decisioni vengono prese da altre istituzioni come il Consiglio Europeo da lui presieduto e dai mercati finanziari, perché recarsi alle urne alle elezioni europee del 25 maggio e votare il Movimento 5 Stelle?

E fondamentale recarsi alle urne il 25 maggio perché dobbiamo cambiare le regole scritte e volute da partiti politici che hanno fatto gli interessi della Troika e delle lobbies, anziché quelli dei cittadini italiani. PD e PDL hanno votato all’unanimità il Fiscal Compact e il Mes, e voteranno anche il TTIP, il Redemption Found e tutto quello che verrà chiesto loro dai potentati economici esterni al nostro paese. Noi dobbiamo fermarli e dare una nuova chance di sviluppo al nostro paese. In Europa porteremo l’Italia onesta, fatta di cittadini, di lavoratori, di studenti, uomini e donne che sono pronti a ricostruire un paese sulle macerie lasciate da una politica dissennata. E il Parlamento Europeo è la sede giusta dove iniziare, l’organo veramente democratico dell’Europa. Rinunciare a combattere per i nostri diritti sarebbe una sconfitta non solo per la nostra generazione, ma anche per quella dei nostri figli e nipoti. Andare a votare è quindi un dovere e il Movimento 5 Stelle è pronto: votate il M5S e vincete voi!




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