Da Libernazione.
Vediamo di chiarire una cosa: non è una questione di retorica, di sentimenti, di belle parole. Quelli possono starci o non possono starci, a seconda dei gusti, ma il punto è un altro.
Il punto è che l’eutanasia, tra tutti i cosiddetti “temi etici”, è il meno controverso e controvertibile che si possa immaginare.
Niente presunti interessi di terzi, nati o nascituri, da tutelare, nessuna possibilità di imponderabili cambiamenti di idea in stato di incoscienza, nessun impatto su fantomatiche “sensibilità” potenzialmente suscettibili di “turbare” la convivenza civile: solo esseri umani, individui, la cui capacità di intendere e volere può essere accertata attraverso strumenti che possiamo ormai considerare banali, che decidono cosa fare della propria esistenza.
Nient’altro.
Meraviglia un po’, quindi, che nell'immaginario collettivo il tema dell’eutanasia sia tuttora considerato la frontiera più estrema delle battaglie per i diritti civili: mentre in realtà, date le premesse, non lo è affatto. Anzi, dovrebbe essere la più facile da vincere, quella più pacifica, quella su cui c’è meno da obiettare o da discutere.
Meraviglia un po’, da un lato. E dall'altro spaventa parecchio, perché continuare a negare il diritto all'eutanasia significa uscire definitivamente allo scoperto, senza neppure poter utilizzare i soliti alibi sbilenchi legati a agli “altri”, ai “terzi”, per dichiarare senza mezzi termini che no, in questo paese un individuo non è libero manco di decidere sulla propria vita o sulla propria morte.
Insomma, quando parliamo di eutanasia non siamo sul crinale audace e incerto delle avanguardie, ma all'abc del diritto all'autodeterminazione: chiediamo una cosa che dovrebbe essere scontata, la più scontata di tutte, e che diventa un tabù soltanto nella narrazione fumosa di chi si ostina a proibirla.
Davvero, siamo seri. Anche basta.
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