Eutanasia? No grazie, tutelare vita vince sull’autodeterminazione

Creato il 25 settembre 2013 da Uccronline

 
 
di Paolo Pesce*
*medico di Medicina Generale

 
da “Il Piccolo“, 09/09/13
 

Le segnalazioni delle ultime settimane hanno ospitato numerosi interventi sul tema dell’eutanasia, alcuni a favore ed altri contrari. L’eutanasia viene sostenuta quale massima espressione del diritto all’autodeterminazione. Vengono citati casi a tutti noti, come quello di Piergiorgio Welby e quello di Eluana Englaro. Cerchiamo di liberarci dal carico dell’emotività che suscitano casi così drammatici e approfondiamoli tema su un piano un po’ più profondo.

I due casi citati evidenziano il grave pericolo insito nel rappresentante legale di una persona che non può esprimere il proprio pensiero. Nel caso Welby, infatti, la moglie aveva autorizzato l’applicazione del respiratore perché non voleva vederlo morire. Ma questa scelta è stata fatta, per quanto noto, contro la volontà di Welby. Quindi la moglie non ha tutelato veramente gli interessi del marito che, alla lunga, ha chiesto che gli venisse tolto il respiratore.

Anche il caso Englaro, contrariamente a quanto comunemente si dice, è la manifestazione di un abuso da parte del tutore, in questo caso il padre. Egli infatti si è battuto per il diritto all’autodeterminazione, ma non ha difeso la scelta della figlia, poiché la figlia non ha mai chiesto di venire uccisa. Il giudice non ha autorizzato la morte di Eluana sulla base di una richiesta documentale, scritta dalla Englaro, ma su una sua supposta idea legata al suo stile di vita e di pensiero prima dell’incidente. Il tutore, cioè il padre, ha fatto realmente l’interesse della figlia? Nessuno lo saprà mai, ma non possiamo neppure affermare aprioristicamente di sì.

Diversa è la condizione di chi autonomamente richiede l’eutanasia. In questo caso la si può autorizzare? Mi dispiace per coloro che hanno raccolto le firme pro eutanasia e per coloro che hanno firmato, ma la risposta è negativa. Lo Stato italiano, pena rinnegare la sua identità espressa nella Costituzione, non può legalizzare l’eutanasia perché essa si fonda sul principio, peraltro legittimo entro certi limiti, dell’autodeterminazione, ma questo principio è di rango inferiore rispetto un altro principio, che è quello della difesa della vita della persona. La tutela della vita è più importante dell’autodeterminazione e, per questo motivo, l’eutanasia viola i principi costituzionali. Perciò lo Stato, che deve legiferare dando la priorità ai principi più importanti, e subordinando quelli di minor peso, non può legalizzare l’eutanasia. Questo è il motivo per cui la firma di personalità istituzionali, cioè di Serracchiani, Bassa Poropat e Cosolini, rappresenta un segno di particolare gravità e preoccupazione.

Questa è una riflessione laica, indipendente dalla fede e dal concetto di sacralità della vita che non tutti condividono. Che dire, poi, di quell’uomo che ha attuato l’eutanasia per un tumore che neppure aveva e che, quindi, è morto senza motivo? In ultimo un commento a chi difende i Welby e gli Englaro affermando che sono esseri umani, come se questo fosse stato negato nella recente lettera del dottor Gabrielli. Non confondiamo le carte in tavola! Nessuno, neppure Gabrielli affermerebbe che non sono esseri umani. Anzi, sono persone umane, ed il termine persona sottolinea ancora di più la loro dignità, ma ciò non toglie che i loro casi siano stati strumentalizzati.


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