Giovedí - GATTI. Le lettere e i giorni (odio_via_col_vento)
"Ev'rybody Wants to Be a Cat." Vi ricordate gli Aristogatti? Certo se rinasco voglio essere un gatto - domestico, però, che dover cacciare tutti i giorni per procurasi il cibo è un fatica bestiale ed io sono pigra e mi piace stare comoda. Eppoi adoro i gatti. La loro leggerezza mi incanta, la loro eleganza mi affascina, la loro indipendenza è una sfida. Il loro non essere servi, ma padroni (i nostri...) mi stuzzica. Con i cani è troppo facile, non c' è gusto. Eppoi ai cani piace correre, a me no. E la vita da gatto non mi sembra affatto male...
Ma non è stato sempre così. Dopo il periodo d'oro dell'antico Egitto, dove uccidere un gatto era un reato gravissimo punibile cone la condanna a morte, e a Roma dove il gatto era venerato come un simbolo di libertà, le fortune del felino si rovesciarono durante il Medioevo. Affialiati a diavolo e streghe, i gatti furono semi-sterminati nel tentativo di eradicare il male. Ma come dice il proverbio "quando il gatto non c’e' i topi ballano". Di certo ballorono i topi medievali, che portarono in regalo a quegli stupidi umani varie ondate di peste. Bisognerà attendere l'inizio del XIX secolo perché l'immagine pubblica del gatto come aninale da compagnia cominci a diffondersi e con esse le prime mostre feline. L’artista inglese Harrison William Weir (1824-1906) è più noto in patria per aver organizzato la prima mostra di gatti al Crystal Palace di Londra, nel Luglio del 1871 che per i suoi dipinti... Al giorno d'oggi i gatti sono protagonisti di fumetti, documentari e show televisivi. Ma secoli di pubblicita' negativa hanno lasciato segni indelebili nella cultura popolare in cui il gatto continua ad essere associato con il male. Soprattutto se si tratta di un gatto nero. Che si e' mai visto il cattivo di un film sprofondato in poltrona e tramare la distruzione del mondo, accarezzando la testa di un Labrador?
Leonardo da Vinci. c1513-c1515. Royal Library, Windsor Castle
Eppoi ho sempre avuto gatti. No, anzi gatte. Che è ben diverso. Avevo 12 anni quando nella mia vita entrò una miagolante pallina dal lunghissimo pelo tigrato (chissa' chi era il padre...) e dagli occhietti azzurrissimi. Credevamo (io ed i miei genitori) che fosse un maschio, così lo chiamammo Pepe perché era così vivace che sembrava avesse il pepe sulla cosa. Quando realizzammo l’errore era già tardi, e si era già abituata. Così invece del nome cambiammo solo una vocale. E se la mamma le dava da mangiare, Pepa aveva scelto me. Come padrona (si può usare questo termine con un gatto?) o forse come sua pari. Non so. Ma ovunque andassi, in giro per la casa, dopo un po’ appariva anche lei: con studiata noncuranza, come se quella fosse una decisone sua e basta. Niente a che vedere con me. Entrava nella mia stanza con quella magnifica leggerezza felina e si accoccolava con grazia sul tappeto e mi guardava studiare. Non è mai stata un'amante delle smancerie e odiava farsi prendere in braccio. Quando lo facevo subiva con aria dignitosa, neanche temesse di rovinarsi il trucco. Ma non mi lasciava mai.
Quando sono partita per Londra le se è spezzato il cuore, almeno cosi' ha pensato la mamma. Si è trasferita nella mia stanza. Forse per sentire meno la mia mancanza. O forse, più semplicemente per aver avere più spazio per dormire …