Quando il lavoro richiede tutto il tempo disponibile senza dare risultati, evangelizziamo o cerchiamo altri lidi?
Confrontiamoci con alcune considerazioni!
Durante le vacanze natalizie mi sono imbattuta in “Quando il cliente ti ruba il lavoro…” scritto da Riccardo Esposito. Leggendo il contenuto, riga dopo riga, ho avuto la sensazione di ritrovarmi nella situazione descritta. Con qualche modifica. Ecco perché vi riporto quanto segue.
Prima, facciamo una premessa…
La comunicazione è un settore ancora poco compreso dalle aziende, in genere ad esclusione delle big. Se ne consoci l’importanza, ti sembra impossibile vero? Purtroppo questo accade spesso! Dico “in genere ad esclusione delle big” (le multinazionali) perché sono realtà chiamate ad affrontare logiche lontane rispetto alle aziende di minore dimensione. Un simile agire comporta una conoscenza maggiore del marketing e della comunicazione (siglata con M&C in poi). In altre parole più approfondita per pianificare attività più articolate e realizzabili con un budget sostanzioso. Poi vi sono aziende, in genere PMI, le quali sono poco aperte all’attività di M&C ma vi è spazio anche per loro.. forse dobbiamo farlo capire noi del settore…?!
Quali considerazioni possiamo fare?
Dopo queste premesse, nell’articolo di Riccardo si parla appunto del difficile rapporto con i clienti. Accade spesso che il cliente deve essere evangelizzato cioè acculturato al tema. Spesso in azienda si tende a dare più enfasi ai rapporti, da un lato corretto, dimenticandosi de il “perché” una persona ricopre un certo ruolo: qual’è il motivo per il quale l’ho assunto/a? qual’è il motivo per cui ho assunto un’altra persona in quell’ambito specifico? Ecco rispondere a queste domande può rappresentare un primo passo, passo capace di dimostrare un interesse vero. E farlo non significa svalutare la una persona ed elogiarne altre, anzi significa prendere il meglio di entrambe con il fine di creare un team capace di raggiungere gli obiettivi prefissati.
inutile voler aprire una fanpage… va riempita di contenuti, va seguita, i contenuti vanno programmati ecc e senza una corporate identity, senza un company profile coerente si continuerà a lavorare a spot. Insomma giusto per tappare buchi dimostrando di non aver padronanza di ciò che si sta facendo e dicendo. (non c’è un messaggio) [perchè sei su Facebook? perchè ci sono tutti su Facebook, va di moda!!!]
Lavorare in una realtà che non conosce la materia e che dimostra una forte chiusura, verso la persona e la sua professionalità, è una situazione complessa da gestire. Durante la vostra esperienza vi è capitato?
Qual’è il problema?
Ecco si tratta proprio di quest’ apertura o chiusura il problema. La persona si troverà di fatti a smussare angoli per la maggior parte del tempo, dimostrando con fatica quanto e quale valore aggiunto può apportare in quella realtà. Come sappiamo il tempo è una risorsa scarsa.
Pur riferendosi alla professione di Freelance condivido quando riportato nelle prime righe da Riccardo, e sostengo che sia un concetto adatto anche per rapporti diversi come capi – dipendenti e colleghi – colleghi:
Io credo che freelance e cliente debbano parlare molto prima di iniziare un lavoro. Non è una condizione indispensabile, si può andare avanti anche senza, ma è una buona abitudine.
Concludendo, quanto riportato rappresenta una considerazione personale in merito al tema marketing e comunicazione, che mi sono fatta durante le diverse esperienze. Valutando i pro ed i contro, in modo oggettivo.
Per questo mi domando e vi domando se vi siete mai imbattuti in situazioni spinose. Come avete affrontato la situazione: scegliendo altri lidi, più aperti oppure l’evangelizzazione? Parliamone nei commenti qui sotto!
[photo credits: photl.com]