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La questione dei capitali evasi e nascosti nelle casse delle banche svizzere non è cosa nuova.
Secondo stime effettuate sia da parte del Tesoro, sia dall’Agenzia delle Entrate, ci sarebbero ben 150 miliardi di euro “italiani” nascosti nelle banche elvetiche e lo Stato potrebbe prendersene circa 50....
Tuttavia sino a ieri, il Governo Monti non sembrava affatto interessato all’eventuale accordo che avrebbe potuto concludere con il governo elvetico (sulla scia di quelli già siglati da Inghilterra e Germania) e che avrebbe fruttato un considerevole incasso all’Erario di svariati miliardi sotto forma di “tassa” pagata all’Italia dagli evasori stessi.
Il motivo per il quale l’Italia sembrava restia a formulare la trattativa, lo aveva enunciato il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Piero Giarda, che, durante il question time alla Camera delle settimane scorse, precisava che gli accordi firmati dall’autorità elvetiche con Germania e Regno Unito non rientrano nella tipologia delle convenzioni sul risparmio, “ma sono basati su di una sanatoria o condono per il periodo pregresso mediante l’applicazione di una imposta una tantum ai valori mobiliari non tassati nei paesi di residenza dei contribuenti e collocati in Svizzera”. In definitiva, non sarebbe altro che uno scudo fiscale, inoltre, il testo sembrava pieno di punti più o meno visibili, che lo rendevano molto conveniente per la Svizzera e le sue banche. Ma, da ieri, la posizione sembrerebbe cambiata: il premier Mario Monti sarebbe pronto a trattare con la Svizzera per tassare i capitali nascosti a Lugano e Ginevra. In una conferenza stampa di ieri, Monti ha infatti annunciato: “Considereremo ex novo l’intera materia”. Ciò che ha avviato l’inversione di marcia è stato principalmente il via libera della Commissione europea agli accordi bilaterali di Gran Bretagna, Germania e Austria con Berna. Infatti, ora, si può discutere con la Svizzera senza inciampare in trappoloni poco convenienti, anzi la trattativa è già iniziata. E una delle prime condizioni delle trattative l’ha fissata proprio Mario Monti, ed è: “ il rispetto dei trattati sulla tassazione dei lavoratori frontalieri che il Canton Ticino ha sospeso unilateralmente”.
La Commissione europea aveva già fatto alcuni conti e aveva calcolato che la metà dei capitali depositati in Svizzera, circa 3.300 miliardi, sarebbe di origine straniera. Più precisamente: 120-150 italiani, 180 miliardi tedeschi, 70 inglesi. Gran Bretagna e Germania già verso la metà del 2011, vista la necessità di fare cassa, formalizzarono proprio un accordo bilaterale con la Svizzera. Poi all’elenco si aggiunse anche l’Austria.
Caduto dunque il veto di Bruxelles, evasori e banchieri, si affrettano a studiare bene cosa li attenderà.
Ma vediamo bene da cosa si compongono gli accordi: una prima parte che è una sanatoria, e una seconda che è una tassa annuale sui redditi prodotti dalle attività detenute in Svizzera.
Quindi, dal 1 gennaio 2013, un evasore tedesco o inglese che detiene un conto in Svizzera potrà optare su tre scelte:
- Chiudere il conto e trasferire i capitali in un altro paradiso fiscale, ma le autorità svizzere faranno di tutto per evitarlo.
- Dichiarare per iscritto alla banca di voler uscire allo scoperto , la banca poi informa il governo svizzero che informa il Paese di appartenenza del correntista che poi si rifarà facendogli pagare sanzioni, penali e tasse non pagate per tutti gli anni passati
- Effettuare un pagamento anonimo della tassa. La banca verifica la nazionalità del beneficiario delle attività che detiene (anche se si tratta di un trust o di altri tipi di schermi giuridici), poi preleva dal conto la penale prevista dalle formule contenute negli accordi bilaterali, tra il 21 e il 41% per i tedeschi, tra il 19 e il 34% per gli inglesi, tra il 15 e il 38% per gli austriaci, e versa la somma al governo di Berna che, a sua volta, la passerà allo Stato interessato.
L’accordo dunque consentirà, dopo la “regolarizzazione”, allo straniero che ha il conto a Lugano, due strade: o uscire allo scoperto o, se vuole mantenere l’anonimato, pagare un’aliquota sui rendimenti ottenuti dalle attività, abbastanza salata, ovvero del 26,375% per i tedeschi, tra il 27 e il 48% per gli inglesi , 25% per gli austriaci.
La privacy dei clienti delle banche svizzere rimarrà comunque tutelata, come fino ad oggi lo è stata, perché l’accordo rispetta questo impegno. Infatti solo i pagamenti delle tasse saranno trasmessi alle autorità fiscali, non i nomi dei clienti, rassicura il governo di Berna. Ora anche l’Italia è pronta a trattare, e, dato il particolare momento di congiuntura economica, tutti i partiti sono d’accordo, con un unico fine: portare nelle casse italiane fino a 50 miliardi. source
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