The high flying life of Evel Knievel: showman, daredevil and legend
Se me lo consentite, ancora un post monografico... O dovrei dire motografico? Giudicate voi, ma non perdetelo.
Robert Craig Knievel era nato il 10 Ottobre, 1938, a Butte, nel Montana. Il soprannome di Evel sarebbe venuto molto più tardi e, come molte cose di Knievel, oggetto di numerose e contrastanti leggende. Abbandonata la scuola superiore, Knievel faceva il ladruncolo e un truffatore. Ma era un tipo piuttosto affascinante e persuase la cheerleader Linda Bork della Butte “bene”a sposarlo. Nel 1960, subito prima delle Olimpiadi invernali di Squaw Valley, riuscì a convincere la nazionale Ceca di hockey su ghiaccio, campione del mondo, a giocare una partita amichevole contro i Bombers, una squadra di dilettanti di Butte. La partita finì male per tutti: i Bombers persero miseramente e i cechi furono subito eliminati alle Olimpiadi, la maggior parte dei fornitori non fu pagata… con la sola eccezione di Knievel, che se la diede a gambe con gli incassi. Nel 1962, Knievel era un agente assicurativo di successo. In quegli anni in cui controlli computerizzati non esistevano, un uomo poteva rifarsi una vita rispettabile. Ma la rispettabilità lo annoiava.
All'inizio del 1966, nel tentativo di affermarsi a Los Angeles come pilota motociclistico, Knievel decise di giocare le sue carte come stunt rider, prenotando tre spettacoli dal titolo "Evel Knievel and the Motorcycle Daredevils" (a cui presto aggiunse "Hollywood", per rinforzare la dose). Nel primo show riuscì a saltare due camion in fila. Nel secondo si ruppe quattro costole. Ma si rese conto che quella era la strada giusta per il successo. Più tardi avrebbe detto: “There are a lot of myths about my injuries. They say I have broken every bone in my body. Not true. I have broken 35 bones.”
Quando il 31 dicembre 1967 organizzò il salto delle fontane al Caesars Palace di Las Vegas, che all’epoca aveva appena aperto, Knievel non era ancora nessuno. Inondò l’hotel di false telefonate di fan interessati e poi minacciò di citare in giudizio il casinò per l’uso non autorizzato del suo nome. Il Caesars accettò di pagare 4.500 dollari a Knievel per farlo esibire alla vigilia di capodanno e in altre due occasioni. Il regista John Derek era lì con sua moglie, l'attrice Linda Evans, e riprese lo show per un suo documentario. Il salto fu un disastro, ma l’incidente rese Knievel famoso. La cronaca della sequenza da parte dell’inesperta Linda Evans andò in onda su Wide World of Sports della ABC realizzando un grande successo (più tardi otto dei dieci più seguiti episodi di Wide World of Sports sarebbero risultati interpretati da Knievel). Negli anni successivi, Knievel avrebbe continuato a perfezionare le sue performance, saltando automobili e bus ben 75 volte, e fallendo quasi tante volte quanto quelle in cui avrebbe avuto successo. Quasi ogni volta Knievel proclamava che si sarebbe trattato di un tentativo di record mondiale di qualche tipo (tanto nessuno teneva un registro di queste cose: chi mai avrebbe controllato?).
Nel suo libro, Leigh Montville ha fatto delle ricerche sulla fisica dei salti e sui limiti delle moto degli anni '60. Knievel sembra saltasse sempre d’istinto pensando poco al calcolo delle traiettorie ed alla velocità. Usava le muscle bike dell’epoca: Triumph 650, Laverda e Harley Davidson 750 e basava il successo dei suoi salti sulla potenza pura. Solo più tardi avrebbe capito che moto più leggere avrebbero funzionato meglio.
La fama non però non portò la ricchezza a Knievel finché due cose non gli cambiarono la vita: un documentario di George Hamilton sul suo personaggio e l'Ideal Toy Company, che inventò un bambolotto a sua immagine corredato dal suo bravo stunt-set. Il film ebbe mediocre successo nell'estate del 1971, ma gli onorari di Knievel poterono salire alle stelle. Il giocattolo invece fu un successo assoluto. Tra il Natale 1973 e la sua uscita di produzione nel dicembre 1977, furono venduti oltre cento milioni di dollari di giocattoli e pare che Knievel ci potè guadagnare circa dieci milioni di dollari.
A Knievel piaceva la bella vita. Comprò Lamborghini, Ferrari e una Stutz da quasi 130.000 dollari. Volava in jet privati e si concedeva crociere in yacht. Spendeva i soldi più in fretta di quanto li guadagnasse. Incontrò Elvis Presley, apparse in televisione nel popolare Johnny Carson Show e pranzò con Richard Burton e Salvador Dali. Knievel si rendeva conto che la sua fama era un capitale, e si inventò un nuovo genere di celebrità: vendeva il suo marchio: il suo coraggio e la faccia di bronzo. Secondo alcuni, fu lui il primo protagonista del genere reality show.
Fin dagli inizi, per promuovere la sua immagine, Knievel diceva che avrebbe saltato sul Grand Canyon. Poi si stabilì in Idaho, e il suo obiettivo diventò lo Snake River Canyon. Annunciata una data, la faceva dipingere sul suo TIR di attrezzature, e poi la modificava di volta in volta, man mano che il progetto slittava. Per farlo, aveva in mente di guidare una specie di missile, lo “skycicle”. Ma il suo progetto originario era stato elaborato da un creatore di missili giocattolo. Poi Knievel convinse Robert Truax, un ex ingegnere missilistico della US Navy, a realizzare il progetto.
Il salto fu un fallimento. L’8 settembre del 1974, lo Skycycle superò effettivamente il canyon, ma nella discesa il vento spinse il paracadute indietro e Knievel fini nel fiume, dove fu fortunosamente salvato. Allo show assistettero 15.000 persone, e 500 mila spettatori pagarono per vedere il salto sulla TV via cavo. L’immagine di Knievel ne uscì incrinata: la maggior parte del suo pubblico era di bambini, poco interessati alla sfida e poco impressionati dal rischio, ma affascinati quasi esclusivamente dal risultato. E il risultato non arrivò.
Successivamente, le performance di Knievel divennero più rare (con l’ecceziome di un suo famoso salto a Wembley nel 1975). Non così le sue apparizioni televisive, che ebbero una battuta d’arresto solo quando Shelly Saltman, un promotore sportivo che aveva seguito Knievel nei giorni del salto del canyon, scrisse un libro poco lusinghiero su di lui: Evel Knievel on Tour. Nel settembre del 1977, durante un talk show su Fox television, Knievel picchiò Saltman con una mazza da baseball di metallo. La scena è rimasta negli annali quasi di più di quanto non lo siano rimasti i suoi salti. Il libro avrebbe dipinto lo showman come un ubriaco, antisemita, truffatore, e maltrattatore della moglie. Ma all’Inazuma Cafè questo gossip poco motociclistico interessa decisamente meno... In ogni caso, il pestaggio costò a Knievel tre mesi di carcere e fece scendere il sipario sulla sua vita pubblica. Negli anni successivi Knievel andò in bancarotta, tentò di dedicarsi all’arte, diventò un Cristiano fervente.
E' morto in Florida, di malattia polmonare, il 30 novembre 2007. Sulla sua lapide ci sono parole che descrivono la sua fede in Cristo, ritrovata negli ultimi anni di vita. A quanto pare, sul retro della lapide, c’è un’iscrizione che cita la sua scomparsa allo Snake River Canyon: l’8 settembre 1974. Forse è l’epitaffio più vero.
“Struggling down the slope / There's not much hope / I begin to try to ride the scree / but the rocks are tumbling all around me. / If I want John alive. / I've got to ditch my fear take a dive / While I've still got my drive to survive / Evel Knievel, you got nothing on me! / Here I go!” Trad: "Ruzzolando per il pendio / Non ho molte speranze / Cerco di guidare per il ghiaione / Ma i sassi mi ruzzolano intorno / Voglio John vivo / Devo sconfiggere la mia paura, finché ce la faccio / Evel Knievel, non sai niente di me! / Arrivo! ". Da Riding the scree - The Lamb lies down on Broadway - Genesis - 1974)
Fonti: Evil Knieviel official website (citazioni e foto), The Holliwood reporter (base article), The speedboys blog (Photo only)