[Eventi] Paramore in Milan

Creato il 28 giugno 2013 da Queenseptienna @queenseptienna

Ebbene, non c’è niente da fare: il titolo in inglese faceva più figo. Era il concerto che tutti i fan dei Paramore stavano aspettando con ansia crescente, contando i secondi (era la prima data italiana in assoluto, è stata attesa per anni)… e finalmente è arrivato. Devo ammettere che come non-fan della band l’ho trovata un’esperienza niente male. Parecchio interessante.
Cominciamo com’è giusto che si faccia: dall’inizio.
Il tempo è stato anche troppo benevolo; anzi, perfetto. Caldo ma non troppo, ha alleviato in minima parte la sofferenza delle tante persone pressurizzate come sardine in scatola a fare la fila, che è durata un po’ più del previsto (i cancelli si sono aperti con leggero ritardo, al che la gente ad ondate urlava). Scusate se manco di precisione con i tempi, confesso che avrei dovuto segnarmeli; in linea di massima posso affermare che il tutto si è svolto con una certa puntualità, o per essere più precisi, senza sforare fino allo sfinimento.
Dicevo, si sono aperte le porte (perché definire l’unico pertugio “cancello” è improprio), ma in pratica ci hanno filtrati poco a poco per una strettoia. Da lì un’altra fila da superare successivamente e queste code sistematiche si sono svolte con la solita serietà italiana, che ha toccato l’apice all’inizio del concerto: a gomitate, sputi in faccia e pugni. Magari così esagero, ma avete presente quando uno dice di una persona “fai prima a saltargli in testa che girargli attorno”?! Ecco, questo è quanto facevano specialmente ragazzi (se di una certa stazza ancor più contenti di farlo): più che di entusiasmo per il gruppo preferito, il saltare in diagonale addosso agli altri tipo wrestler, è indice d’inciviltà, perché, mettendo da parte   qualcuno che si è sentito male e quello purtroppo può capitare, ho visto proprio ragazze mettersi a piangere perché non erano in condizioni né di respirare, né di vedere (ma quello è il minimo), ricevendo spintoni e botte un po’ ovunque. Questa cosa ci tenevo a dirla, perché la musica non dovrebbe essere l’ennesimo motivo di lotta per il genere umano, ma qualcosa che lega gli esseri viventi e tutti avrebbero il diritto di non essere “aggrediti” e di godersi la performance. L’entusiasmo va bene, ma un conto è quello, un conto è creare una situazione spiacevole per gli altri di proposito.
Tornando a noi, c’è stata l’apertura da parte di un incantevole gruppo che vale la pena di conoscere e ascoltare, di cui poi vi parlerò, dopo di che, ecco arrivare i Paramore.
La scaletta è stata la seguente:

Interlude: Moving On
Misery Business
For a Pessimist, I’m Pretty Optimistic
Decode

Now Renegade Pressure Ain’t It Fun The Only Exception Let the Flames Begin Fast in My Car Ignorance Looking Up Whoa Anklebiters That’s What You Get Still into You Brick by Boring Brick I brani scelti sono particolarmente azzeccati ed hanno incontrato le aspettative generali.
Loro sono stati molto accomodanti: si sono mostrati fin dall’inizio carini e coccolosi con i fans, tanto che alcuni sono stati così fortunati da salire sul palco. Il gruppo complessivamente una buona presenza scenica, ma nel movimentare le folle spiccano specialmente Hayley (tra alzate d’asta, cambi di costume, discorsi per il pubblico, urla d’incitamento e continui spostamenti, occupando a pieno il palco) e Jeremy ( specialmente con le sue acrobazie). Il “panico”, che comunque è stato abbastanza continuativo per tutto il concerto, si è accentuato particolarmente durante  Let the Flames Begin e Decode. Come da tradizione millenaria  hanno finto d’interrompere il concerto alla penultima canzone e sono tornati con nuova carica con l’ultima… ovviamente i ragazzi chiedevano ancora un altro bis; le loro speranze sono state spezzate in volo dal tizio che ha presentato a tutti la prossima data, praticamente lasciando intendere un palese “per favore andatevene in pace”.
Un appunto interessante: i Paramore hanno gradito un sacco l’ “entusiasmo” italiano (per non dire pestaggio/massacro), tanto che c’è stato un ringraziamento speciale, con invito alla prossima data, che troverete QUI.
Devo ammettere che non essendo esattamente loro fan, bensì simpatizzante, mi è mancato un po’ il brivido, l’adrenalina, il magone che si può provare solo ad un live dell’artista che hai passato le giornate ad ascoltare; ma tutti quelli che li amano con fervore avevano veramente la luce negli occhi, avevano davvero sentito la magia. Una cosa molto importante che vorrei sottolineare e che ho apprezzato particolarmente: sono davvero molto, molto carini. Non è da tutte le band apprezzare, corteggiare i propri fan come fanno loro; credo che in questo siano un buon esempio per parecchi gruppi ed hanno la mia piena ammirazione. Si sente proprio che tra loro e la gente c’è feeling, uno scambio d’affetto che è qualcosa di incommensurabile, grande, non una stupida sudditanza. E’ qualcosa che ogni persona che raggiunge la fama dovrebbe ricordarsi d’instaurare con quelli che la ammirano, una lezione da portare nel cuore.

Ovvia parentesi sui Dutch Uncles

Questo gruppo abbastanza bizzarro, si è guadagnato un posticino nel mio cuore alla prima sillaba che ho sentito pronunciare al cantante; perciò merita. Non è per tutti, ma chi apprezza i generi particolari non resterà deluso certo dalla permanenza dell’effetto xilofono della tastiera, dalla voce del cantante (che nel live è qualcosa di meravigliosamente leggero, quasi intoccabile, uno spettro etereo) e dalle mosse storte dello stesso (più definibili quasi-attacchi epilettici), che sulle prime mi hanno riportata alla stortaggine di Dan Black, ma ad una più attenta analisi sono qualcosa di abbastanza diverso. La mia prima impressione è stata di ascoltare un mix tra qualcosa d’innovativo e qualcosa preso in prestito dal passato: in conclusione li ho trovati geniali e volevo dargli quel po’ di visibilità che posso, visto che in Italia non sono molto noti.
Nemmeno sapevo perché, ma senza conoscerli nemmeno, mi sono ritrovata ad urlare, anche perché gli scatti improvvisi quando non ti aspetti assolutamente di vedere qualcosa del genere, diciamocelo: fanno scena.
La Indie Rock band in questione è originaria di Marple e ha debuttato nel 2009 con l’album omonimo prodotto da Tapete Records.
I componenti sono: Duncan Wallis, voce solista e piano;  Daniel Spedding e Pete Broadhead alla chitarra; Robin Richards al basso ed Andy Proudfoot alla batteria.
Altri album sono Cadenza (Memphis Industries)  e Out of Touch, In the Wild (stessa produzione).
Ma ora bando alle ciance, potrei rifilarvi tante di quelle chiacchiere, che per quanto utili non rimpiazzerebbero mai l’anima del mondo: la musica. Pertanto udite con le vostre orecchie! Vi lascio alcuni dei loro pezzi. Ciao a tutti Scrittevoli!


Flexxin
Cadenza

 Fester
Face In
The Ink


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