Telefoni e website bloccati a causa dell'altissimo numero di prenotazioni dei biglietti, gente in fila per ore fuori dalla palladiana Burlington House (come con Leonardo alla National Gallery...). E non mancano scene isteriche da parte di rispettabili signore in twin set e gentiluomini in brogues che non sono riusciti ad assicurarsi un biglietto per oggi.
La fila per la mostra di David Hockey. 2012©Nebbiadilondra
All'interno la folla non è meno interessante. Che quando mi annoio alle mostre allora mi diverto ad ascoltare i commenti altrui. 'Nota la finezza della pennelata...' dice uno. 'Il parallelismo con Dubuffet è commovente...' dice un’altra. 'Il più grande artista vivente...' squiitisce un'altra ancora. E io guardo la pennellata, che più che fine mi sembra decisamente energetica (ma ci vuole, per maneggiare tanto colore tanto acceso....). Sarò lenta, ma per quanto mi sforzi di ricordare quel (poco) che ho imparato dalle lezioni di Storia dell'Arte Contemporanea tenute da un'incompetente amica/parente del Professor Barilli, davvero il parallelismo con Jean Dubuffet non ce lo vedo. Certo, devo ammettere che i quadri di Hockney hanno un certo fascino e sono certamente imponenti, se non altro per le dimensioni (misurano vari metri di lunghezza) e sono molto espressivi, ma proprio non mi smuovono nulla. Comprerei il poster se dovessi ravvivare una parete bianca, ma l'interesse finisce qui. Niente farfalle nello stomaco, niente pelle d'oca. Niente.David Hockney, Winter Timber. 2009
Ma rimango folgorata dalla mercanzia in vendita nel negozio e dal'esorbitan prezzo che l'umile fruitore deve pagare per comprare una tazza o una tovaglietta per la colazione (o borse di tela, custodie per computer e iPad e via discorrendo...) disegnata dal più grande artista vivente. Sto diventando blasfema. È tempo di uscire...David Hockney RA