Nato a Berlino nel 1922 e scomparso lo scorso anno a 88 anni, Lucian Freud (sì, è il nipote di Sigmund) ha undici anni quando quando la sua famiglia abbandona la Germania in seguito all’ascesa di Hitler per trasfersi in Gran Bretagna. È precocemente dotato il giovane Freud, e sviluppa presto la convinzione che scopo dell’arte sia la continua interrogazione della realtà.
E questo sforzo è evidente già dalle prime opere, quelle degli anni Quaranta e Cinquanta, dipinte con piccole pennellate precise e racchiuse da linee decise e caratterizzate da un’esattezza spietata, quasi crudele. Un’esattezza che riduce i soggetti a immobili creature senza tempo i cui occhi immensi sembrano scrutare nel profondo dell’anima...
E sebbene produca anche dipinti da cui la figura umana è assente, il ritratto rimane sempre il fulcro dell'arte di Freud e i soggetti prediletti sono le persone della sua vita: famigliari, amanti, amici, altri pittori, se stesso. Pare uno scrigno colmo di ricordi questa mostra, un album di fotografie lungo nove sezioni. Facce e corpi passati e presenti, nudi monumentali o meno, abbandonati su letti disfatti o contenuti a fatica da divani troppo piccoli. Una pittura densa e dettagliatissima. Il marchio di fabbrica di Freud.
Ria Naked, Portrait 2007
E nell'ultima sala, una vecchia conoscenza. Pittrice lei stessa, una bellezza quieta, un carattere riservato ma con un graffiante senso dell'umorismo, Ria aveva iniziato a lavorare al museo con il mio gruppo di 'novizi' per poi essere trasferita, dopo qualche anno, al dipartimento responsabile dell'allestimento delle mostre. E proprio al museo, mentre con altri colleghi montava un display dedicato a Freud e al suo amico Frank Auerbach, ha incontrato l’artista e su sua richiesta, ha accettato di posare per lui. E l’ha fatto senza interruzione per 16 lunghissimi mesi, sette giorni su sette, anche il giorno di Natale, tra l’incredulità, la meraviglia (e l’invidia) generale. Strane, incredibili cose, posssono succedere nella vita...